4.4. Il riposo sabbatico e le festivita' religiose ebraiche. Il rispetto delle prescrizioni religiose come garanzia della liberta' di essere ebrei.

Come abbiamo gia' visto, il primo comma dell'art. 2 della legge 101/1989 garantisce nel modo piu' ampio il diritto di professare e praticare liberamente e in qualsiasi forma la religione ebraica, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto e i riti. Tale diritto non solo e' stato affermato, ma, come stiamo per vedere, ha avuto finalmente modo di tradursi in norme specifiche all'interno dell'intesa ebraica, che, per il loro riferimento agli aspetti piu' propriamente storico-religiosi dell'ebraismo, sono state definite dalla dottrina come norme di "identita' confessionale"1, proprio perche' poste a garanzia di quella "esplicazione concreta delle liberta' religiose individuali e collettive nella societa' italiana in relazione alle specifiche esigenze dell'ebraismo e del suo culto"2, e quindi volte, in ultimo, ad assicurare a tutti gli appartenenti alla confessione ebraica la piena valorizzazione delle proprie radici e della propria identita' storica, culturale e religiosa, come manifestazione finalmente riconosciuta della liberta' di essere ebrei3 "senza paura e senza discriminazioni, recepita come valore a prescindere dalla valutazione del merito"4.

Se - come e' stato sottolineato da parte ebraica5 -, l'istituto delle intese con lo Stato comporta la recezione, all'interno dell'ordinamento statale, della normativa giuridica di ogni singola confessione in materia di atti di culto con il solo limite dei riti contrari al buon costume, tale recezione assume, per l'ebraismo, una importanza ancora maggiore se si pone mente al fatto, piu' volte ribadito, che esso si presenta come un complesso di norme - un vero e proprio ordinamento giuridico6 -, cosi' che l'intesa ebraica appare, piu' che mai, come un incontro fra due ordinamenti. Su questa linea - continua la dottrina de qua -, se nella legge del 1930 il "diritto religioso" ebraico aveva finito per vedere limitata la propria rilevanza alla sola definizione di chi fosse da considerare ebreo ai fini dell'appartenenza alla comunita', e del pagamento del relativo contributo obbligatorio7, l'intesa viene invece a dare nuova rilevanza nell'ordinamento dello Stato alle norme di comportamento imposte dall'ordinamento religioso che, nella misura in cui non impongano comportamenti in contrasto con il limite del buon costume, "si traducono in effettivi e non comprimibili diritti di liberta'"8.

Un primo esempio, importantissimo, e' dato dalla norma dell'art. 4 della legge 101/1989, che, con una disposizione di assoluta novita', riconosce agli ebrei, su loro richiesta - seppure "nel quadro della flessibilita' dell'organizzazione del lavoro", e "salve le imprescindibili esigenze dei servizi essenziali previsti dall'ordinamento giuridico" (comma 2) -, il diritto di osservare il riposo sabbatico, esercitabile, secondo il primo comma, "da mezz'ora prima del tramonto del sole del venerdi' ad un'ora dopo il tramonto del sabato", mentre il terzo comma aggiunge che le autorita' competenti terranno conto delle esigenze del rispetto del riposo sabbatico nel fissare il diario di prove dei concorsi, e che, per quanto riguarda gli esami scolastici, sara' consentito ai candidati della confessione ebraica che ne facciano richiesta di sostenere in altro giorno le prove d'esame fissate di sabato. Sempre nell'ambito scolastico, il quarto comma aggiunge che si considereranno giustificate le assenze degli alunni ebrei nel giorno di sabato "su richiesta dei genitori o dell'alunno se maggiorenne".

Inoltre, proprio in considerazione della peculiarita' della tradizione religiosa ebraica, il successivo e non meno importante art. 5 viene a riconoscere l'applicabilita' delle disposizioni sul riposo sabbatico ad una serie di festivita' mobili appositamente elencate9 - la piu' rilevante delle quali e' certamente la Pasqua ebraica (Pesach) -, il cui calendario, previa comunicazione da parte dell'Unione delle comunita' ebraiche, e' fissato ogni anno con decreto del Ministero dell'Interno, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale10.

Con riferimento al testo della bozza d'intesa del 1982, la dottrina piu' sensibile ai problemi della coscienza religiosamente orientata11 aveva avuto modo di stigmatizzare la norma12 sul riposo sabbatico per la troppo riduttiva disciplina che allora veniva a proporre dell'istituto, non solo con la limitazione dello stesso a determinate istituzioni e situazioni - cioe' scuole, forze armate, pubbliche votazioni, esami e concorsi pubblici -, ma anche perche', per quanto riguarda le prestazioni lavorative, non contemplava i dipendenti che fossero legati da un rapporto di impiego privato tra i beneficiari del diritto in parola - con una palese discriminazione rispetto ai dipendenti dello Stato o degli altri enti pubblici -, inducendo cosi' a sospettare che, nell'ambito dell'impiego privato, fosse prevalsa la preoccupazione di possibili discriminazioni di tipo economico tra lavoratore ebreo e non ebreo, "che invece dovrebbero trovare occasione dalla intesa per essere vigorosamente combattute"13. Forse proprio in forza di quest'auspicio, la discriminazione e' scomparsa nel testo poi giunto all'approvazione definitiva, ora secondo comma dell'art. 4 della legge 101/1989, che identifica i soggetti attivi del diritto in parola nei "dipendenti dallo Stato, da enti pubblici o da privati o che esercitano attivita' autonoma o commerciale, i militari e coloro che siano assegnati al servizio civile sostitutivo", anche se pare evidente che, rispetto alle imprese ed agli enti gestiti da privati, lo Stato non potra' certo garantire l'attuazione pratica del diritto in questione, dovendo invece limitarsi unicamente a dare disposizioni affinche' esso non sia ostacolato14.

E' scomparsa, per contro, l'assicurazione, che era invece propria della bozza del 1982, secondo cui "sara' evitato di tenere pubbliche votazioni [...] di sabato e nelle festivita' religiose ebraiche", non certo, riteniamo, a causa di un improvviso revirement dei compilatori, ma, piu' probabilmente, perche' si e' ritenuta sufficiente, allo scopo, la norma di principio contenuta nel primo comma dell'art. 4 della legge 101/1989 ("La Repubblica italiana riconosce agli ebrei il diritto di osservare il riposo sabbatico..."), che enuncia il diritto nel modo piu' generale15, lasciando ai commi successivi il compito di dettare norme specifiche per i soli casi in cui l'osservanza del sabato avrebbe potuto, piu' facilmente, provocare situazioni di conflitto16; inoltre se, come si e' detto supra, in accordo alla dottrina ebraica, tramite il combinato disposto degli artt. 4 e 5 l'ordinamento religioso ebraico viene ad essere recepito in quello dello Stato, e' chiaro che il contenuto del diritto al riposo sabbatico per gli ebrei dovra' essere desunto dai dettami della religione ebraica stessa17, secondo cui anche quelle attivita' che non sono da ricondurre nell'alveo delle attivita' lavorative stricto sensu - come, appunto, il partecipare ad una votazione -, contrastano con quelle prescrizioni relative al sabato che occupano un posto di particolare importanza nell'ebraismo, imponendo l'astensione del fedele tanto da ogni attivita' mondana, cosi' come dallo scrivere, dall'utilizzare mezzi di trasporto, e addirittura, secondo un'antica prescrizione biblica18 ora attualizzata, dall'uso dell'elettricita'19.

Date queste premesse, ha suscitato non poche perplessita', pur concludendosi positivamente, l'episoD-o verificatosi in occasione delle elezioni politiche del 1994 - che in un primo tempo vennero fissate nella sola giornata del 27 marzo, in coincidenza con la Pasqua ebraica (Pesach) -, in cui, per la prima volta, fu concretamente messo sul banco di prova il carattere pluralistico della odierna societa' italiana, proponendo all'attenzione generale la questione, non solo giuridica, del rispetto dei diritti della minoranza ebraica in Italia.

La vicenda e' ben nota, per cui, con brevi cenni, bastera' ricordare, per quanto interessa in questa sede, la lettura troppo restrittiva che fu inizialmente data circa la portata del combinato disposto degli artt. 4 e 5 della legge 101/1989 - oltre alla dimostrazione della mancata conoscenza specifica della particolare valenza religiosa del sabato ebraico20 -, in conseguenza della quale, secondo la tesi sostenuta dall'allora Presidente del Consiglio dei Ministri on. Carlo Azeglio Ciampi, il riposo sabbatico sarebbe stato un "concetto connesso solo a una prestazione di lavoro o d'analoga natura"21, per cui la fissazione della data delle consultazioni elettorali nel giorno del 27 marzo, in concomitanza con la Pesach, non avrebbe integrato gli estremi di una violazione dell'intesa ebraica22.

In realta', e' stato osservato che con il porre gli ebrei osservanti dinanzi all'alternativa di rinunciare al diritto costituzionale di voto, ovvero contravvenire al precetto della loro religione che impone l'osservanza del sabato, si sarebbero violati non solo la legge 101/1989, ma finanche l'art. 19 della Costituzione, il cui dettato e' chiaro nel prescrivere che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria religione, "liberi cioe' da impedimenti materiali ma anche da oneri e conseguenze pregiudizievoli non giustificati, come la perdita del diritto di voto"23. Inoltre, non va dimenticato che si sarebbe integrato anche un caso di discriminazione per motivi religiosi, secondo quanto abbiamo gia' visto con riguardo al dettato della legge 654/1975 e successive modificazioni e integrazioni, se e' vero che, come dispone l'art. 22 della Dichiarazione dell'Assemblea generale dell'ONU n. 36/55 del 25 novembre 1981 - richiamata nel preambolo all'intesa del 1987 -, la discriminazione consiste in ogni "distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla religione o la credenza che [abbiano] lo scopo o l'effetto di annullare o pregiudicare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, su un piede di parita', di diritti umani e liberta' fondamentali nella vita politica, economica, sociale, culturale o in qualunque altro campo della vita pubblica".

La protrazione del periodo utile per votare a tutto il giorno del lunedi' seguente, dimostra come tali argomenti siano stati infine recepiti dall'apparato statuale, anche se in extremis ed in via di accomodamento politico, cosi' che il nostro Paese, alfine, ha potuto dimostrare per la prima volta nel concreto la propria natura di Stato moderno e di diritto, che rivolge una particolare attenzione alle minoranze - non solamente religiose -, proprio a causa delle maggiori difficolta' che queste possono incontrare nella vita sociale (e politica) della comunita' nazionale.

Indubbiamente, sulla vicenda non poco ha influito, come abbiamo appena visto, la mancata conoscenza della particolare valenza religiosa del sabato ebraico, a sua volta addebitabile alla difficolta' di capire ab intus, per chi non le viva in prima persona, le molteplici sfumature culturali e religiose dell'essere ebrei; del resto, va ricordato come la maggioranza della dottrina stessa si sia limitata a prendere in considerazione e ad analizzare unicamente la norma che riconosce le esigenze religiose di rispetto del sabato a fronte del normale funzionamento delle attivita' civili o statali in materia di riposo dal lavoro stricto sensu, indubbiamente quella piu' ricca di immediati riflessi - e problemi - "pratici", ritenendola, tra tutte le norme emanate sulla base di intese, "quella probabilmente di piu' difficile realizzazione pratica"24, anche se nell'ambito di "un coraggioso esempio di intervento legislativo diretto a privilegiare, pur con i necessari contemperamenti, le ragioni della coscienza individuale su quelle della produttivita' e dell'organizzazione economica del lavoro"25.

Non si puo' negare che la normativa sull'astensione dal lavoro di sabato comporti non pochi aspetti problematici, in quanto, come e' stato notato26, si e' dovuta risolvere la non facile questione di riuscire a conciliare il riconoscimento delle astensioni dall'attivita' lavorativa con le esigenze di organizzazione del lavoro nell'ambito delle strutture delle imprese e delle istituzioni italiane che, com'e' noto, sono organizzate sulla base di altra giornata festiva. Tuttavia, anche alla luce di quanto si e' venuto sin qui dicendo, non possiamo condividere la valutazione negativa che e' stata data, da parte di alcuni stuD-osi, della disposizione di cui al secondo comma dell'art. 4 della legge 101/1989, per mezzo di un'interpretazione che, come altri ha avuto modo di notare27, e' palesemente riduttiva rispetto al contenuto della norma: infatti, e' stato affermato che "una giusta tutela della liberta' religiosa del lavoratore sembrerebbe assicurata dal riconoscere allo stesso il diritto a godere di speciali permessi per assistere ad atti di culto che dovessero svolgersi esclusivamente in coincidenza con l'orario lavorativo e in giorni diversi dal "riposo settimanale" previsto dalla legge o dal contratto collettivo"28. Evidentemente, questa pur autorevole dottrina non ha tenuto conto, ancora una volta, che il diritto all'osservanza del riposo sabbatico e' "qualcosa di piu' e di maggiormente rilevante"29, per cui gli ebrei, in virtu' della legge 101/1989, vengono ad essere titolari di una situazione soggettiva che non puo' essere identificata nel mero diritto a frequentare i riti che si svolgono il sabato, ma piuttosto, come abbiamo visto poc'anzi, in quello, di contenuto molto piu' ampio, di astenersi da qualunque prestazione lavorativa in tale giorno30.

La dottrina ha manifestato perplessita' anche in ordine alla disposizione del quarto comma dell'art. 4 - che, come abbiamo gia' visto, consente una normale "non frequenza" scolastica degli alunni ebrei nel giorno di sabato -, giudicando inaccettabile non solo l'introduzione del principio della cosiddetta "settimana corta" limitatamente ad una categoria di alunni, ma soprattutto la conseguente "lesione dell'interesse pubblico alla piena e corretta formazione degli alunni, mediante la partecipazione degli stessi al "lavoro scolastico" progettato dalla legge nei contenuti e nei ritmi"31, mentre altri - commentando l'intesa degli avventisti che presenta, sul punto, esigenze analoghe a quella degli ebrei -, ha precisato che il diritto al riposo sabbatico degli alunni va necessariamente esercitato nell'ambito della vigente legislazione statale, giungendo cosi' ad argomentare che le loro assenze vadano giustificate "nel quadro complessivo di assenze consentite, per ogni anno scolastico, dall'ordinamento della scuola"32, accogliendo una ermeneutica della norma che, se non e' cosi' evidente dal tenore letterale della stessa33, potrebbe, nella nostra opinione, trovare una aggancio dall'applicazione analogica, in ambito scolastico, dell'inciso del secondo comma dell'art. 4, secondo cui il diritto al riposo sabbatico va esercitato "nel quadro della flessibilita' dell'organizzazione del lavoro".

Sempre in tema di riposo sabbatico, ancora due precisazioni vanno fatte in riferimento alla disposizione che, nel terzo comma dello stesso articolo, dispone l'obbligo, per le autorita' competenti, di tenere conto dell'esigenza del riposo sabbatico nel fissare il diario delle prove nei concorsi. Per prima cosa, riteniamo di concordare con quella parte della dottrina che ha ritenuto le capacita' espansive della norma, tali da renderla suscettibile di essere applicata non solo nell'ambito dei concorsi pubblici, ma anche in quelli privati: e' noto, infatti, che la contrattazione collettiva, specie quella degli enti pubblici economici, prevede spesso lo svolgimento di selezioni per l'accesso al lavoro, da effettuarsi mediante l'espletamento di concorsi privati34.

In secondo luogo, va rilevato come, dal fatto che i concorsi sono pubblici e i candidati non sono tenuti ad indicare la loro appartenenza confessionale, la dottrina maggioritaria abbia tratto la conclusione secondo cui ogni concorso pubblico non dovra' prevedere prove nei giorni di sabato e, nei mesi invernali, di venerdi' pomeriggio, con la conseguenza che di questa norma beneficeranno anche i fedeli avventisti, nella cui intesa non e' contemplata, e cosi' pure gli appartenenti agli altri gruppi confessionali che celebrano il sabato: infatti, secondo la dottrina in parola, opinando diversamente, e accogliendo un'interpretazione restrittiva della disposizione, nel senso di non prevedere prove concorsuali soltanto se tra i candidati ci fossero cittadini appartenenti alla fede ebraica, "si consentirebbe un'indagine religiosa in netto contrasto con la liberta' religiosa garantita dalla Costituzione"35.

Nella nostra opinione, in questo caso la violazione della Costituzione non sarebbe cosi' evidente come ha sostenuto la citata dottrina, dal momento che, con una forzatura, si e' cercato di dare per dimostrato proprio l'id demonstrandum, che, cioe', l'art. 19 della Costituzione tuteli anche il diritto del cittadino a non rivelare mai, in nessuna occasione - quando anche lo impongano esigenze di razionalizzazione dei pubblici servizi -, il proprio convincimento religioso; nell'affermare cio', siamo confortati dal pensiero della dottrina piu' sensibile, che ha sostenuto, in opposizione all'orientamento dominante, che tacciabili di illegittimita' costituzionale dovrebbero essere, semmai, le norme che eventualmente venissero a sanzionare una esplicita dichiarazione di credenza religiosa36.

Con le disposizioni sulla osservanza del riposo sabbatico, l'intesa ebraica e' venuta ad attribuire nuova efficacia, nell'ordinamento dello Stato, al diritto ebraico in tema di festivita' religiose, mediante la recezione diretta di esso nel diritto italiano, tramite il combinato disposto degli artt. 4 e 5 della legge di approvazione37.

Sempre nell'ambito delle norme che - con la migliore dottrina -, abbiamo definito di "identita' confessionale", si colloca la disposizione di cui al primo comma del successivo art. 6, che costituisce un altro caso in cui il diritto religioso ebraico viene direttamente recepito nell'ordinamento statale: infatti, vi si dispone il diritto, per gli ebrei che ne facciano richiesta, di prestare a capo coperto il giuramento previsto dalle leggi dello Stato.

Sulla disposizione non vi e' molto da dire, se non che, tra le norme tese a valorizzare il significato profondo della coscienza religiosamente orientata, a testimonianza di un affinamento e, dunque, di un piu' elevato grado di tutela della liberta' religiosa nell'attuale ordinamento38, essa e' posta ad agevolare la professione di fede degli ebrei39, la cui tradizione religiosa impone che tutti gli atti di culto o che, comunque, abbiano un qualche riferimento alla divinita', siano fatti a capo coperto - in segno di umilta' e di rispetto per l'onnipresenza divina -, servendosi della kippa', piccolo copricapo circolare40.

Anche se, con le modifiche apportate negli anni all'art. 251 cod. proc. civ. da parte della Corte costituzionale41, e l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, la questione del giuramento ha perso molta della sua importanza - l'attuale normativa, infatti, non solo non prevede piu' che il giuramento sia prestato a capo scoperto, ma non parla piu' nemmeno di giuramento stricto sensu, limitandosi a prevedere una dichiarazione da rendersi con una formula da cui e' stato espunto ogni riferimento alla divinita' -, rimangono comunque altri casi di giuramento obbligatorio - ad esempio, quello per accedere a cariche pubbliche, o quello degli impiegati dello Stato - in cui la disposizione de qua si pone a migliore tutela della liberta' religiosa intesa in senso ebraico; inoltre, nel suo farsi espressione di un'esigenza religiosa fortemente sentita dalla collettivita' ebraica, la norma costituisce indubbiamente una testimonianza dell'impegno pattizio assunto dallo Stato in ordine al mantenimento di questa garanzia anche in una futura, diversa regolamentazione della materia42.

Il secondo comma dell'art. 6 contiene un'altra norma di spicco, anch'essa connessa con il rispetto della specifica identita' religiosa ebraica, laddove precisa che la macellazione secondo il rito ebraico continua ad essere regolata dal D.M. 11 giugno 198043, "in conformita' alla legge e alla tradizione ebraiche".

E' da dire che la legge e la tradizione ebraiche impongono che anche la macellazione degli animali destinati alla tavola debba essere compiuta in osservanza di alcune norme di natura religiosa, in ossequio non solo alla disposizione biblica che vieta di cibarsi di animali morti per soffocamento, ma anche alla proibizione assoluta di cibarsi di sangue - che viene considerato la sede della vita -, per cui la macellazione degli animali andra' eseguita in modo che questi versino tutto il loro sangue44.

Proprio in virtu' di queste esigenze, gia' prima dell'intesa ebraica il D.M. del 1980 aveva autorizzato la macellazione senza preventivo stordimento, eseguita con un coltello cosi' affilato da recidere, con un unico taglio, allo stesso tempo l'esofago, la trachea ed i grossi vasi sanguigni del collo dell'animale, in modo da assicurarne il completo dissanguamento con la minima sofferenza possibile. La norma del secondo comma dell'art. 6 della legge 101/1989, oltre a "legificare" le disposizioni del D.M. citato45, anche in questo caso e' venuta ad attribuire nuova efficacia al diritto religioso ebraico, che viene questa volta richiamato con una disposizione di rinvio alla legge e alla tradizione ebraiche.

Rimane da dire, in questa sede, di un'altra norma della legge 101/1989 che, grazie al rinvio alla legge e alla tradizione ebraiche, ancora una volta viene ad assicurare ad ogni ebreo il diritto alla propria diversita': si tratta della norma di cui all'art. 16, che disciplina in modo affatto speciale la sepoltura degli appartenenti alla confessione ebraica46.

Anche in questo caso, per comprendere appieno la ratio ispiratrice della specifica disciplina, occorre porre mente alla particolare tradizione religiosa ebraica che, oltre ad imporre il metodo dell'inumazione - sono vietate, infatti, sia la cremazione dei corpi che la loro sistemazione in loculi sopraelevati -, prescrive la perpetuita' della sepoltura, ad evitare qualsiasi forma di culto per i morti e per le reliquie47.

Per assicurare la soddisfazione di questa esigenza specialissima, come si esprime il terzo comma, "in conformita' della legge e della tradizione ebraiche", i primi due commi dell'art. 16 prevedono la realizzazione di cimiteri delle comunita' su un'area adeguata data in concessione dal sindaco, o la creazione di reparti speciali ebraici all'interno dei cimiteri comunali, dietro richiesta della comunita' interessata48.

Se, come e' stato acutamente osservato49, in molte citta' sono da sempre esistiti appositi reparti cimiteriali riservati agli appartenenti alle confessioni religiose diverse dalla cattolica - i cosiddetti "reparti acattolici" -, cio' e' stato molto spesso visto come una sorta di discriminazione post mortem; nel caso degli ebrei, invece, ci troviamo, come gia' detto, in presenza di un doveroso atto di ossequio, e di rispetto, per le convinzioni religiose dei cittadini di fede ebraica.

Sia nel caso dei cimiteri delle comunita', che in quello dei reparti speciali ebraici nell'ambito dei cimiteri comunali, la perpetuita' delle sepolture viene assicurata, giusta il disposto del quarto comma dell'art. 16, con il rinnovo automatico perpetuo alla scadenza di ogni novantanove anni - fermi restando gli oneri di legge a carico dei familiari del defunto o, in mancanza, della comunita' competente o dell'Unione - delle concessioni temporanee di cui all'art. 91 del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, che ne fissa appunto la durata con il riferimento a tale decorso di tempo.

La dottrina ecclesiasticistica piu' autorevole ha osservato che, nella sostanza, con cio' si viene a derogare alla normativa del citato D.P.R., il cui art. 91, come abbiamo appena visto, sottopone le concessioni ad un preciso termine di durata50. Nella nostra opinione, tuttavia, non si puo' parlare di una deroga in senso proprio, sol che si pensi che, come risulta anche dal successivo art. 93 dello stesso D.P.R., tutte le concessioni sono comunque rinnovabili51. Piuttosto, siamo propensi a credere che la particolarita' della norma dell'intesa ebraica vada, semmai, ravvisata nel fatto che la rinnovabilita' di cui all'art. 93 del D.P.R. del 1975 e' stata stabilita, con riferimento ad una generalita' di cittadini, ex ante ed in via del tutto automatica.

Mentre l'ultimo comma dell'art. 16 garantisce che nei cimiteri delle comunita' sara' assicurata "l'osservanza delle prescrizioni rituali ebraiche" operando, anche qui, come una sorta di norma di "rinvio formale" al diritto religioso ebraico, secondo la disposizione del quinto comma, anche nel caso dei reparti speciali ebraici all'interno dei cimiteri comunali, l'inumazione dovra' avere luogo secondo le norme del regolamento emanato dalla competente comunita' ebraica, che vengono cosi' a prevalere sulle norme regolamentari di polizia mortuaria dettate dall'autorita' comunale per la generalita' de cittadini52.

Note:

  1. Cosi', infatti, G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", cit., p. 212. Cfr. anche R. Botta, L'intesa con gli israeliti, cit., p. 115, e N. Colaianni, Confessioni religiose e intese, cit., p. 153.Torna
  2. Cosi', testualmente, si esprimeva il Consiglio dell'Unione delle comunita' israelitiche nella mozione del 17 luglio 1977 (la si veda in F. Dentamaro, La politica dei culti acattolici, Firenze, 1979, cc. 212 ss.), all'atto della presentazione alla commissione governativa della prima bozza d'intesa.Torna
  3. Cfr. G. Fubini, L'intesa, cit., p. 29.Torna
  4. G. Sacerdoti, Liberta' religiosa e rapporti con le confessioni, cit., p. 130.Torna
  5. Cfr. G. Fubini, L'intesa, cit., p. 32.Torna
  6. Su questo punto, amplius, supra, § 1.2.Torna
  7. Cfr. ancora G. Fubini, L'intesa , cit., p. 32.Torna
  8. Cosi' G. Fubini, L'intesa ebraica, cit., p. 702.Torna
  9. Le festivita' mobili ebraiche, elencate dall'art. 5, L. 101/1989, ammontano a complessivi quindici giorni nell'anno solare, e sono nell'ordine di elencazione della disposizione: Capodanno (Rosh Hashana'), primo e secondo giorno; Vigilia e digiuno di espiazione (Kippur); Festa delle Capanne (Succoth), primo, secondo, settimo e ottavo giorno; Festa della Legge (Simhat Tora'); Pasqua (Pesach), vigilia, primo e secondo giorno, settimo e ottavo giorno; Pentecoste (Shavuoth), primo e secondo giorno; Digiuno del 9 di Av.Torna
  10. V., ora, anche l'art. 23 dell'intesa con i buddhisti, e l'art. 7 di quella con i testimoni di Geova, che assicurano anche agli appartenenti a queste due confessioni il rispetto delle rispettive festivita'.Torna
  11. Cfr. R. Bertolino, Ebraismo italiano e l'intesa con lo Stato, cit., p. 583.Torna
  12. Si tratta dell'art. 3 della bozza d'intesa del 1982.Torna
  13. Cosi' R. Bertolino, Ebraismo italiano e l'intesa con lo Stato, cit., p. 584.Torna
  14. Cfr. A. Bomprezzi, Osservazioni sul riposo sabbatico nelle intese con gli ebrei in Italia ed in Spagna, in Aa. Vv., Principio pattizio e realta' religiose minoritarie, cit., p. 366.Torna
  15. In questo senso, si e' espresso anche V. Onida, Governo generoso con i promotori dei referendum. Risolto il "caso" degli ebrei, in Il Sole 24 Ore, n. 19 del 21 gennaio 1994, p. 6. Conforme, M. A. Cattaneo, L'errore dello Stato laico. La democrazia liberale si fonda sul rispetto delle minoranze, in Il Sole 24 Ore, n. 17 del 18 gennaio 1994, p. 6. e' interessante, inoltre, notare come anche la giurisprudenza stia cominciando ad abbracciare la tesi sostenuta nel testo: di particolare interesse e' una ordinanza (Trib. Milano, ord. 7 aprile 1993, in QDPE, 1993/3, p. 818) che ha ritenuto il diritto di osservanza del riposo sabbatico degli ebrei come un legittimo impedimento, idoneo a giustificare la mancata comparizione della parte in tribunale, e, quindi, il rinvio dell'udienza.Torna
  16. Cfr. G. Sacerdoti, Elezioni e festivita' ebraiche, in Corr. giur., 1994/3, p. 374.Torna
  17. Cfr. ancora G. Sacerdoti, Elezioni e festivita' ebraiche, cit., p. 374.Torna
  18. Infatti, secondo Esodo, 35,3: "Non accenderete il fuoco in giorno di sabato, in nessuna delle vostre dimore". Cfr. G. Tamani, l'ebraismo nell'eta' tardo antica, cit., pp. 148 s.Torna
  19. Cfr., in proposito, P. Stefani, Gli ebrei, cit., pp. 46 s., il quale specifica che, se l'aspetto piu' noto del sabato ebraico e' di presentarsi come una giornata di riposo - in questo non discostandosi dal sabato dei fedeli avventisti -, non e' tuttavia facile cogliere, ab extra, gli ulteriori significati, anche profondi, legati a questo giorno di festa. Certamente una caratteristica fondamentale e' quella della presenza dei divieti, che si comprendono solo guardandoli come l'altra faccia del precetto, che prescrive di "fare" il sabato. Secondo la bibbia, tre sono le giustificazioni del dovere di osservare il sabato, di cui la prima si rifa' alla creazione, in quanto D-o, dopo aver creato cielo e terra, il settimo giorno si riposo'. Il sabato, inoltre, puo' essere considerato come un segno dell'eterno legame che si e' stabilito tra D-o ed il popolo di Israele (in Esodo, 31,13: "In tutto dovrete osservare i miei sabati, perche' il sabato e' un segno tra me e voi, per le vostre generazioni, perche' si sappia che io sono il Signore che vi santifica"), mentre, secondo la terza giustificazione, il sabato avrebbe la funzione di ricordare agli ebrei il loro esodo dall'Egitto.Torna
  20. Cfr. G. Sacerdoti, Elezioni e festivita' ebraiche, cit., p. 374.Torna
  21. Cosi' ebbe modo di esprimersi l'on. Ciampi nella lettera del 16 gennaio 1994 alla Presidente dell'Unione delle comunita' ebraiche italiane, prof. Tullia Zevi (in QDPE, 1994/2, p. 514), in risposta ad una sua precedente comunicazione del 14 gennaio (in QDPE, 1994/2, p. 513).Torna
  22. A rafforzare l'assunto, il Presidente del Consiglio affermo', inoltre, di essere convinto di agire comunque secundum legem, dal momento che l'art. 4, comma 2, L. 101/1989 ammetteva pur sempre la possibilita' di fare un'eccezione alla regola del riposo sabbatico per assicurare la continuita' dei "servizi essenziali". Si tratta, nella nostra opinione (e in quella di parte della dottrina: cfr., ad esempio, G. Sacerdoti, Elezioni e festivita' ebraiche, cit., p. 374), di un chiaro riferimento a servizi caratterizzati da particolare indifferibilita', essenzialita' ed urgenza, come ad esempio il lavoro degli ospedalieri o dei vigili del fuoco, ma non e' certo il caso delle elezioni, pur se politiche e conseguenti allo scioglimento delle Camere, come invece e' stato sostenuto da un'illustre stuD-oso - che pure negli scritti accademici precedenti si era fatto strenuo sostenitore dei diritti di liberta' -, il quale, investito di importanti responsabilita' politiche, in quell'occasione ebbe modo di sostenere che "indubbiamente le elezioni politiche generali sono un servizio pubblico essenziale" (Cosi' P. Barile, Nessuna legge eccezionale, in Il Sole 24 Ore, n. 18 del 20 gennaio 1994, p. 6).Torna
  23. Cosi', ancora G. Sacerdoti, Elezioni e festivita' ebraiche, cit., p. 374. Cfr. anche V. Onida, Governo generoso con i promotori dei referendum, cit., p. 6.Torna
  24. Cfr. G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", cit., p. 213.Torna
  25. Cosi' P. Moneta, voce Obiezione di coscienza. II) Profili pratici, in Enc. giur., XXI, Roma, 1990, p. 10.Torna
  26. Cfr. C. Cardia, Manuale di diritto ecclesiastico, cit., pp. 485 s.Torna
  27. Cfr. G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", cit., p. 213, in nota.Torna
  28. Cosi' R. Botta, L'intesa con gli israeliti, cit., p. 116.Torna
  29. V. Parlato, Le intese con le confessioni acattoliche, cit., p. 62.Torna
  30. Cfr. G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", cit., p. 213, il quale - trattando anche della legge 516/1988, il cui art. 17 ha riconosciuto il diritto al riposo sabbatico in favore dei fedeli avventisti -, precisa che, infatti, sia gli ebrei che gli avventisti potranno beneficiare del riposo sabbatico anche se, in ipotesi, non potessero o volessero recarsi alla sinagoga, o al tempio, per le relative celebrazioni.Torna
  31. Cosi', infatti, R. Botta, L'intesa con gli israeliti, cit., pp. 16 s.Torna
  32. F. Margiotta Broglio, Liberta' religiosa e sistema di rapporti tra Stato e Confessioni religiose. Le "Intese" del 1986 con le Assemblee pentecostali e con le Chiese avventiste, in Rivista di studi politici internazionali, 1987/4, p. 546.Torna
  33. Cfr., in questo senso, G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", cit., p. 213, in nota.Torna
  34. Cfr. A. Bomprezzi, Considerazioni sul riposo sabbatico, cit., p. 368.Torna
  35. Cosi', infatti, V. Parlato, Le intese con le confessioni acattoliche, cit., pp. 62 s.; nello stesso senso, cfr. A. Bomprezzi, Considerazioni sul riposo sabbatico, cit., p. 369.Torna
  36. Cfr., in questo senso, R. Bertolino, Ebraismo italiano e l'intesa con lo Stato, cit., p. 568. Cfr. anche, piu' ampiamente sul punto, Id., Diritto di scelta dell'insegnamento della religione cattolica, divieto di discriminazione e ora alternativa nel sistema scolastico italiano dopo gli accordi con le Chiese, in DE, 1988, I, p. 35.Torna
  37. Cfr. G. Fubini, L'intesa, cit., p. 32.Torna
  38. Cfr. R. Botta, Manuale di diritto ecclesiastico, cit., p. 276.Torna
  39. Cfr. F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, cit., p. 190.Torna
  40. Cfr. P. Stefani, Gli ebrei, cit., p. 44.Torna
  41. Corte cost., sent. 10 ottobre 1979, n. 117, in FI, 1979, I, cc. 2517 ss. (cfr. anche S. Lariccia, Coscienza e liberta', cit., p. 104), ora superata da Corte cost., sent. 5 maggio 1995, n. 149, in Giur. it., 1995, I, cc. 372 ss.Torna
  42. Cfr., in questo senso, V. Parlato, Le intese con le confessioni acattoliche, cit., pp. 67 s.Torna
  43. In G.U., 20 giugno 1980, n. 168.Torna
  44. Cfr. ancora P. Stefani, Gli ebrei, cit., p. 42.Torna
  45. Cfr. F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, cit., p. 190.Torna
  46. V. anche l'art. 8 dell'intesa con i buddhisti, che assicura agli appartenenti a questa confessione "il rispetto delle regole della propria tradizione per quanto riguarda il trattamento delle salme, in conformita' alle norme vigenti in materia".Torna
  47. Cfr. G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", cit., p. 212, e P. Stefani, Gli ebrei, cit., pp. 67 s.Torna
  48. V. anche l'art. 8 dell'intesa con i buddhisti, che, sul punto, tutela esigenze analoghe.Torna
  49. Cfr. ancora G. Long, Le confessioni religiose "diverse dalla cattolica", cit., p. 212.Torna
  50. Cfr., in questo senso, F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, cit., p. 351.Torna
  51. Cfr. V. Parlato, Le intese con le confessioni acattoliche, cit., p. 51.Torna
  52. Cfr. F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, cit., p. 351.Torna

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