Il viaggio in Polonia 1996Dal 5 al 12 aprile, durante le vacanze di Pesah, sono andato a fare uno dei viaggi piu' difficili e importanti della mia vita: sono andato in Polonia a fare un seminario sulla Shoa' con tutti i bogrim della Hashomer Hazair italiana. Durante il seminario ci siamo incontrati con vari gruppi della H.H.: austriaci, ed europei in genere. Il gruppo degli austriaci ha fatto tutto il viaggio con noi e gli altri sono andati per conto loro. Premetto che e' stato un viaggio molto duro, insomma da non fare prima dei 17 anni. Siamo partiti dalla Malpensa a mezzogiorno con il volo per Varsavia, dove siamo arrivati in due ore e dove ci siamo uniti al gruppo di Roma. Ci accompagnavano gli Shlichim di Milano e di Roma: Dudi e Glilia Dunkner, Jeuda e Edna Livne. Dall’aereoporto siamo saliti sul pullman per Cracovia (lo stesso pullman ci accompagnera' per tutto il viaggio), dove siamo arrivati dopo 5 ore; ci siamo sistemati in un hotel 3 stelle che sembrava un 5 stelle. Dopo aver cenato (Kasher le Pesah) abbiamo conosciuto gli austriaci e il loro Shaliah Avi Hai... Finite le presentazioni (in inglese!!!!!!), abbiamo fatto lezione con due signori ex deportati ad Auschwitz 2 Birkenau: Shlomo Venezia e Luigi Fagi di Roma, che ci hanno raccontato l’inizio delle loro tristi vicende. Quando si sono accorti che eravamo distrutti dal viaggio e sconvolti dalle loro storie impressionanti siamo andati a letto : ma questo era soltanto l’inizio di un lungo viaggio. Il giorno successivo siamo partiti per visitare Auschwitz 1 e Auschwitz 2 Birkenau: arrivati ad Auschwitz 1 non abbiamo avuto un’accoglienza felice: eravamo ancora sul pullman quando un gruppo di nazi ci saluta con il saluto nazista, (so che hanno trasmesso al telegiornale, qui in Italia, questa manifestazione) ma posso assicurare che piu' del saluto nazista non ci e' stato fatto: entrambi i gruppi facevano le proprie cerimonie, noi il Mifcad (appello di commemorazione, cerimonia schomristica), mentre loro hanno messo un mazzo di fiori davanti al muro della morte. Questo fatto mi ha meravigliato molto... Entrando in Auschwitz 1 i due ex deportati ci hanno spiegato tantissime cose. Le baracche erano intatte come 50 anni fa, intonse, alcune sono state adibite a museo con fotografie, documenti e oggetti, altre sono rimaste esattamente come allora con ancora le camerate e i letti: veramente duro, mi sembrava di stare nel campo come prigioniero non come visitatore. Premetto che nonostante le foto e le descrizioni che vi daro' non riuscirete mai a capire come mi sentivo. Abbiamo visto i capelli dei deportati accumulati per produrre golf e vari tessuti, abbiamo visto stivali fatti con la pelle dei Sefarim, ossa, barattoli del Cyclonb (veleno micidiale per le camere a gas), oggetti personali sequestrati dai tedeschi: Loro raccoglievano tutto e lo mandavano in germania, per farne altri usi. I prigionieri dopo giorni e giorni di viaggio stipati in vagoni merci senza cibo ne' la possibilita' di fare i propri bisogni (che venivano depositati nel centro del vagone), venivano selezionati: chi poteva lavorare rimaneva vivo per un determinato periodo, fino a che non moriva di fame o di freddo, o gassato, o fucilato, o impiccato, o sbranato dai cani; chi non superava la selezione veniva direttamente gassato . Quando sono entrato nelle camere a gas avevo il cuore in gola, Shlomo ci descriveva nei dettagli il funzionamento; poi siamo passati ai forni e anche li' e' stata una tragedia.... Dopo aver visitato tutto: blocchi, forni, e camere a gas, potete immaginarvi i miei compagni ed io... Pianti, facce distrutte, ecc... Successivamente siamo risaliti sul pullman per dirigerci ad Auschwitz 2 Birkenau dove appunto erano stati deportati Shlomo e Luigi. Scesi dal pullman, sconvolti, io mi sono catapultato fuori con la macchina fotografica e colpito dalla voglia di non scordare mai ho scattato due foto dell’entrata principale di Auschwitz 2 Birkenau: quell’entrata per me era terribile perche' avevo ancora davanti agli occhi il treno merci pieno di donne che schindler aveva smarrito, quell’entrata era quella del film Schindler’s lists. Abbiamo visitato vari luoghi, tra cui il museo del ghetto di Varsavia in onore di emanuel ringelblum, dove abbiamo trovato migliaia di documenti interessanti e fotografie di vari episodi, tra cui la foto che potete vedere qui in basso. Abbiamo visto la lapide in onore di mordehai anilewicz, eroe appartenente alla Hashomer Hatzair. Girando per il ghetto abbiamo visto il luogo dove smistavano gli ebrei per le deportazioni, subito a fianco, c’e' tuttora una scuola frequentata da ragazzi polacchi di circa 16 anni: passando sotto le loro finestre alcuni miei compagni dicono di avere sentito un grido verso di noi che diceva Juden Raus, io personalmente non lo ho sentito ma, se cosi' fosse, sarebbe una cosa scandalosa. In Polonia c’e' ancora un forte antisemitismo, i polacchi affermano che Varsavia non sarebbe stata rasa al suolo se non ci fossero stati gli ebrei: oggi a Varsavia ci sono solo 400 ebrei. Dopo qualche altro giro, il Mifcad e il Hazak Ve Matz, siamo rientrati in albergo. L’ultima sera era diversa, dopo avere fatto lezione con Shlomo e Luigi e avere raccontato le nostre impressioni sul viaggio, abbiamo fatto un mega incontro con altri ragazzi ebrei d’Europa: inglesi, francesi, belgi, bulgari, tedeschi, oltre agli austriaci che erano gia' con noi, insomma ci siamo divertiti, abbiamo fatto canti e balli ebraici tutti insieme. Ritornando alle impressioni sul viaggio, le parole piu' importanti e belle che sono state pronunciate, sono state dette da una ragazza Goia' di Milano, che era venuta con noi: in questo viaggio ho compreso cosa significa la Shoa', so cosa e' stato, e non lo dimentichero' mai, io ho pianto, e mi sono sentita una di voi, mi sono sentita ebrea per una settimana. Lo diceva mentre piangeva. Queste sono parole che tutti i Goim dovrebbero dire, tutti, nessuno escluso, tutti devono sapere e ricordare per sempre. La mattina dopo alle 6 siamo partiti per l’aereoporto ed alle 8 ci siamo imbarcati. Arrivati a Milano io ho salutato tutti i miei amici: pianti, abbracci, saluti, ecc.. Arrivato a Genova ho ricominciato il mio solito tran-tran, ma mi accorgo di essere cambiato tanto dopo questo viaggio: ora posso dire di saperne un po' di piu', sulla Shoa', e vi assicuro di trasmettere agli altri tutto quello che so. Sempre e comunque, non dimentichero' mai. Prima di partire per questo interessante ed istruttivo viaggio qualcuno mi ha detto: Paolo cosa vai a fare laggiu' in Polonia? Sei sicuro di essere abbastanza preparato a cio' che vedrai? Entrati ad Auschwitz 2 Birkenau siamo saliti sulla torretta principale: da li' vedevamo tutto il campo, immenso, non si riusciva a vedere la fine, era sconfinato. Scesi dalla torretta, ci siamo diretti verso le baracche maschili tutte di legno, al contrario di quelle delle donne e di Auschwitz 1 che erano in muratura; entrammo in una baracca, rimasta tale e quale come allora: c’erano i letti con ancora sopra una specie di sacco di paglia, sporco, grigio, c’erano ancora tutte le scritte sui muri, la stufa per il riscaldamento. Siamo poi andati in un’altra baracca dove c’erano i gabinetti: buchi con un fosso sotto ,tutti attaccati fra loro in una specie di panca di cemento: si puo' ben capire che non rimaneva nemmeno un briciolo di intimita', che le malattie dilagavano e che puzza ne saltava fuori.... Mentre Shlomo e Luigi raccontavano la loro vita in quelle baracche, ci avviammo verso altre baracche dalla parte femminile e poi verso le camere a gas e i crematori. Ricordo bene uno dei tanti episodi che ci racconto' Shlomo nelle baracche, (raccontero' le loro storie complete piu' avanti, qui mi manca lo spazio): Una sera nella mia baracca, mi pare fosse capodanno, il capo-blocco era abbastanza nervoso, si divertiva come ogni sera a picchiare la gente, ma quella sera era peggio, chiese a un uomo di aprirgli la porta della sua micro stanza all’interno della baracca; questo poveraccio prese una scossa terribile: evidentemente il capo-blocco aveva collegato una resistenza elettrica alla maniglia di metallo; siccome si era divertito molto decise di riprovare, questa volta tocco' a me, mi avvicinai e lui mi urlo' di aprirgli la porta, se non lo avessi fatto mi avrebbe ammazzato, allora io gli aprii la porta, ma non mi successe niente: avevo delle scarpe isolanti, fortunatamente; il capo-blocco si infurio', nel frattempo arrivo' il capo-lager che si accorse ancora che le nostre luci erano accese: entro', apri' per caso la porta del capo-blocco e si prese lui la scossa; il capo-lager si infurio' con il capo-blocco, e da quella sera abbiamo cambiato capo-blocco e di quell’altro non se n’e' saputo piu' niente. Questa vicenda e' una delle tantissime che ci hanno raccontato questi nostri due accompagnatori d’eccezione. Arrivati ai forni e alle camere a gas, ormai soltanto rovine, purtroppo( i tedeschi nel 1944-45 ne ordinarono lo smantellamento , agli stessi prigionieri, poiche' si sentivano accerchiati dagli alleati e non volevano lasciare tracce delle loro carneficine), abbiamo ascoltato esterefatti il racconto del lavoro che Shlomo e Luigi svolgevano proprio li'. Lavoravano nel Sonder Kommando (era quel gruppo di prigionieri che, essendo in grado di lavorare, si occupava di sgombrare le camere a gas dai cadaveri, di togliere denti d’oro, capelli, insomma tutto il recuperabile dai cadaveri, trasportarli al crematorio e bruciarli, infine di raccoglierne le ceneri, riciclare i vestiti, ecc.,il tutto diretti dai Kapo'). Insomma, questo era il lavoro dei vivi, che durava fino a che anche loro ,dopo i nuovi arrivi, venivano riselezionati ed eventualmente gassati: era un ricircolo continuo. Coloro che non facevano parte del Sonder Kommando erano impegnati a sopravvivere, a svolgere altre attivita' in altri Kommando o a fare il Kapo'. Dopo avere finito il Mifcad e avere visitato qui e la' il campo siamo tornati in albergo. Dopo cena abbiamo cantato canzoni molto belle, ovviamente tristi, vista l’atmosfera, ma belle. Quindi, come al solito, abbiamo fatto lezione con Shlomo e Luigi, commentato la giornata, e ascoltato la prosecuzione delle loro storie. Infine dopo avere imparato altri canti, siamo andati a letto. Il giorno seguente visitammo cracovia, il ghetto, il campo di concentramento di cracovia del quale pero' non e' rimasto niente, la presunta fabbrica di Schindler. In giornata, se ben ricordo, siamo ripartiti per Pulawy. Il giorno seguente siamo andati a visitare il campo di Maidanek, che e' forse quello che ci ha impressionato maggiormente , perche' e' totalmente rimasto intatto: i tedeschi non sono riusciti a distruggere nulla. Sui muri delle camere a gas abbiamo visto anche le macchie blu del micidiale Zyklon-b, che usciva dalle docce liberando acido prussico che uccideva in 15 minuti con terribile sofferenza, delirio, spasmi muscolari, asfissia. Quando sono entrato nelle camere a gas era semibuio, solo una piccola lampada illuminava quell’enorme stanzone dal soffitto molto basso che incombeva su di noi:tutti piangevamo e ci sentivamo topi in gabbia. Successivamente siamo passati alle baracche dove ci sono ancora i letti e i vestiti sporchi e rovinati di allora. Nelle baracche adibite a magazzino abbiamo persino visto uno scheletro messo in mostra, oggetti personali di ogni tipo, denti d’oro, capelli, scarpe, milioni di scarpe su scarpe: i tedeschi riciclavano tutto. Ho visto tappeti fatti con dei Talledim. Successivamente ci siamo diretti ai forni crematori, questi erano immensi, forni con ancora parte di cenere dentro; subito a fianco al crematorio c’era una sala con un tavolaccio di cemento su cui facevano esperimenti chirurgici e farmacologici su persone vive, soprattutto la Bayer sperimentava nuovi prodotti chimici, altamente nocivi. A 100 metri dal crematorio si trova il mausoleo, che e' gigantesco ed all’interno ci stanno tonnellate di ceneri prodotte solo a Maidanek. In quel momento tutti piangevamo. Quando siamo andati, subito dopo, a fare il Mifcad ancora tutti piangevamo e quindi con le voci tremolanti non siamo riusciti a fare un Hazzak Ve Matz forte. Tutti sconvolti, ma questo ormai era mormale, tornammo al pullman e tornammo in albergo. La sera, come al solito, Shlomo e Luigi hanno continuato i loro racconti; vorrei narrarvene un pezzetto: come ho gia' detto Maidanek era un campo di sterminio dove si eseguivano esperimenti farmacologici, Shlomo e Luigi furono vittime di questi esperimenti pur non essendo internati li' ma nel campo di Auschwitz 2 Birkenau: Un giorno invece di andare come al solito al Sonder Kommando ci portarono al Revier (piccola infermeria) dove ci fecero sdraiare su un bancale di cemento e da li' ricordo solo una siringa che mi penetro' nel braccio, dopo niente: buio, completamente buio, solo buio; ricordo che mi sono svegliato con 40 di febbre e mi sentivo a pezzi, vidi che svuotavano il Revier da cadaveri dai bancali come me, ma io ero vivo e mi diedero un giorno di convalescenza nella baracca, anzi, mi guadagnai doppia razione di pane, vidi Luigi anche lui in convalescenza; probabilmente avevano sperimentato un nuovo farmaco su di noi e volevano vedere la reazione, ma la reazione era che il 90 % delle cavie umane erano morte, e noi pur con la temperatura altissima, vivi , ringrazio D-o che sono ancora qui. Questo episodio che ci hanno raccontato quella sera ci ha fatto capire veramente cosa erano gli esperimenti su cavie umane. Il giorno seguente andammo a visitare una cittadina, uno Schteitel di nome Kiltz che, prima della guerra, era popolato soltanto da ebrei Hassidici: era un paesino bellissimo, c’era il Bet-Haknesset che ora e' un cinema, il Mikve' e la casa del rabbino. Dopo la deportazione degli abitanti, le case del paese furono abitate da cittadini polacchi. Dopo la guerra alcuni ex deportati ritornarono a Kiltz, cercando di riprender possesso delle loro case, ma i polacchi li ammazzarono tutti, nessuno escluso. Successivamente abbiamo visitato la fossa comune di Kiltz dove appunto stavano i corpi degli ebrei uccisi. In seguito ripartimmo per l’hotel, ci preparammo per la lezione ecc. Il giorno dopo siamo partiti per Varsavia. Durante la solita chiacchierata serale con Shlomo e Luigi abbiamo sentito come Hitler, trovandosi accerchiato dagli alleati, abbia ordinato lo smantellamento dei forni e delle camere a gas. Loro, insieme ad altri, furono trasferiti prima a Mauthausen e successivamente in un altro campo del quale non ricordo il nome, raccontavano di avere fatto settimane di cammino sulla neve quasi nudi al freddo, minacciati di morte dalle SS, dormivano all’aperto sotto le intemperie. Arrivati al campo di concentramento hanno subito una ulteriore selezione che dovevano assolutamente superare altrimenti sarebbero stati uccisi. Shlomo e Luigi: Al momento della selezione avevamo due sterline d’oro che eravamo riusciti a nascondere a Mauthausen, non volevamo che cadessero in mano ai tedeschi perche' le potevamo barattare per una razione in piu di pane con altri prigionieri; allora, non ci pensammo due volte, le ingoiammo cosi' 2 giorni dopo facemmo entrambi le uova d’oro e le barattammo con il pane. Questo episodio lo ho chiamato la storia delle uova d’oro. Il giorno dopo ci recammo a visitare il campo di sterminio di Treblinka, un campo di sterminio nato verso la fine quando lo scopo di Hitler era solo ed esclusivamente di ammazzare piu' gente in minor tempo. In questo campo avveniva lo sterminio piu' veloce di tutti: era un grosso inganno per i prigionieri che arrivavano con il treno in un binario secondario isolato in mezzo ad un bosco, difronte ad una stazione che apparentemente sembrava normale: c’era tutto quello che c’e' in una stazione ferroviaria normale, la gente credeva di essere arrivata in una spece di Palestina europea, ma, appena scesi dal treno e varcati i portoni della finta stazione..., via subito nelle camere a gas, immediatamente morti: chi ti sparava a raffica, chi ti gassava, chi ti massacrava di botte, ma lo scopo era uccidere tutti e subito; in questo campo non c’erano blocchi ne' Sonder Kommando, ne' Reiver, ne' Kinder Lager, niente di niente, morivano tutti e basta. Di Treblinka sono rimaste solo le testimonianze di alcuni sopravissuti liberati dagli alleati, ma del campo non e' rimasto piu' niente, perche' i tedeschi hanno distrutto tutto prima dell’arrivo degli alleati; oggi vi solo un grande monumento circondato da tante lapidi con i nomi di tutti i paesi da dove venivano i prigionieri. Un cantante moderno israeliano ha scritto una canzone che descrive come era Treblinka, si intitola: Hqnylbrs hncth nakQuesta e' la stazione di TreblinkaCanzone molto dura che rende molto bene l’atmosfera di questo campo. Nel campo di Treblinka siamo riusciti, non ostante il cuore in gola, a urlare un Hazzak Ve Matz fortissimo, con tutta la nostra anima, con il cuore, perche' volevamo fare sentire ai morti di quel campo, ai vivi delle citta' vicine e a D-o la nostra rabbia, il nostro dolore; volevamo far sapere a tutti che noi, nonostante tutto, nonostante 5000 anni di storia e nonostante persecuzioni di ogni tipo, siamo ancora qui, che gli ebrei sono ancora sulla faccia della terra, grazie a D-o, che nessuno ci ha distrutto. Quello che mi ha colpito di piu' e' il rimbombo dell’urlo sovrumano in tutta la zona, penso che ci abbiano sentito veramente i cittadini circostanti: e' stato un tuono, subito dopo l’urlo abbiamo gridato ancora Am Israel Hai. Durante la visita a Treblinka soltanto una cosa mi ha fatto morire di rabbia: abbiamo visto, mentre facevamo il Mifcad e il Kaddisch, due polacchi andare per il campo in bicicletta con il cane al guinzaglio, come se fossero in un parco pubblico: mi sarebbe venuta voglia di sputargli in faccia, a quei maleducati. Alla sera, alla lezione con Shlomo e Luigi, questa volta finalmente la liberazione: insieme a tutti gli altri prigionieri, sono stati liberati dai russi. Da allora non abbiamo parlato con nessuno delle nostre tragedie, soltanto nel 1990 trovammo, insieme, il coraggio di parlarne e di ritornare nei campi. Il giorno successivo abbiamo visitato il ghetto di Varsavia, ripercorrendo i luoghi, ormai rimodernati, delle dure rivolte contro i tedeschi da parte dei vari movimenti giovanili, che organizzavano la lotta armata, e che hanno saputo tenere testa ai tedeschi per quasi un mese, movimenti come Hashomer Hazair, Bene' Akiva', e molti altri... Il ghetto e tutto cio' che lo concerneva dipendeva dal Judenrat (comunita' ebraica di Varsavia). Abbiamo visitato vari luoghi, tra cui il museo del ghetto di Varsavia in onore di Emanuel Ringelblum, dove abbiamo trovato migliaia di documenti interessanti e fotografie di vari episodi, tra cui la foto che potete vedere qui in basso. Abbiamo visto la lapide in onore di Mordehai Anilewicz, eroe appartenente alla Hashomer Hatzair. Girando per il ghetto abbiamo visto il luogo dove smistavano gli ebrei per le deportazioni, subito a fianco, c’e' tuttora una scuola frequentata da ragazzi polacchi di circa 16 anni: passando sotto le loro finestre alcuni miei compagni dicono di avere sentito un grido verso di noi che diceva Juden Raus, io personalmente non lo ho sentito ma, se cosi' fosse, sarebbe una cosa scandalosa. In Polonia c’e' ancora un forte antisemitismo, i polacchi affermano che Varsavia non sarebbe stata rasa al suolo se non ci fossero stati gli ebrei: oggi a Varsavia ci sono solo 400 ebrei. Dopo qualche altro giro, il Mifcad e il Hazak Ve Matz, siamo rientrati in albergo. L’ultima sera era diversa, dopo avere fatto lezione con Shlomo e Luigi e avere raccontato le nostre impressioni sul viaggio, abbiamo fatto un mega incontro con altri ragazzi ebrei d’Europa: inglesi, francesi, belgi, bulgari, tedeschi, oltre agli austriaci che erano gia' con noi, insomma ci siamo divertiti, abbiamo fatto canti e balli ebraici tutti insieme. Ritornando alle impressioni sul viaggio, le parole piu' importanti e belle che sono state pronunciate, sono state dette da una ragazza Goia' di Milano, che era venuta con noi: in questo viaggio ho compreso cosa significa la Shoa', so cosa e' stato, e non lo dimentichero' mai, io ho pianto, e mi sono sentita una di voi, mi sono sentita ebrea per una settimana. Lo diceva mentre piangeva. Queste sono parole che tutti i Goim dovrebbero dire, tutti, nessuno escluso, tutti devono sapere e ricordare per sempre. La mattina dopo alle 6 siamo partiti per l’aereoporto ed alle 8 ci siamo imbarcati. Arrivati a Milano io ho salutato tutti i miei amici: pianti, abbracci, saluti, ecc.. Arrivato a Genova ho ricominciato il mio solito tran-tran, ma mi accorgo di essere cambiato tanto dopo questo viaggio: ora posso dire di saperne un po' di piu', sulla Shoa', e vi assicuro di trasmettere agli altri tutto quello che so. Sempre e comunque, non dimentichero' mai. Prima di partire per questo interessante ed istruttivo viaggio qualcuno mi ha detto: Paolo cosa vai a fare laggiu' in Polonia? Sei sicuro di essere abbastanza preparato a cio' che vedrai? Sei sicuro di voler sapere cosa e' stato fatto al popolo ebraico in quel periodo? Non credi sia meglio prima scoprire le cose buone della vita e poi, eventualmente, quelle balorde? Io, questo discorso, non lo ammetto, anzi lo detesto; chiunque dica una cosa del genere per me e' uno struzzo umano, che si crea un alibi di cartone, per nascondersi dalle verita' della storia umana; sopratutto fra gli ebrei, queste sono parole da non pronunciarsi mai!!! Bisogna insegnare a tutti i giovani cosa e' stata la Shoa', altrimenti, come tanti ragazzi della mia eta' che oggi non sanno niente,in futuro non si sapra' neanche piu' che ci sia stato uno sterminio di tali proporzioni non piu' di 50 anni fa; infatti, putroppo, ho avuto modo di conoscere persone che, pensando di non reggere a un viaggio del genere, non mandano neppure i figli a farlo: cio' causera' ignoranza tra le generazione future. Secondo me tutti, almeno una volta nella vita, devono farlo questo viaggio, altrimenti saranno convinti di sapere, ma in realta' non sapranno proprio niente. Prima di partire anche io credevo di conoscere la Shoa', ma ora mi accorgo che non sapevo niente. Durante l’ultimo Mifcad i miei compagni ed io abbiamo fatto un giuramento che secondo me tutti dovrebbero fare: ho fatto il voto di non dimenticare nulla, e di conservare nella memoria tutto il passato. Non dimenticare, nulla cancellare alcuna offesa; parlarne, discuterne alle generazionifuture. Non darsi pace fino a che una sola traccia dell’inumano crimine ne oscurera' la visione. Che per noi questo orrore non resti privo di odio, che oltre l’oblio non ritorni il tempo antico. Che non ci capiti di dire mentre ce ne andremo, che questa volta la lezione non rimane viva in noi. Credo con fede completa nella venuta del Mashiach. Sebbene egli possa ritardare, lo attendo ogni giorno, finche' verra'. Questo, per me, e' l’undicesimo comandamento. Spero un giorno di mandare i miei figli a fare questo viaggio, e spero che chiunque non l’abbia ancora fatto ci vada presto. Se qualcuno volesse farmi qualche domanda, io sono a sua disposizione. Shalom a tutti e Am Israel Hai!!! Paolo Sciunnach |