Le radici dell'antisemitismo modernoPer le elite colte dell'Europa premoderna - clero cristiano, teologi e filosofi occupate come tutte le elite di questo tipo a scoprire un senso nella casualita' e una logica nella spontaneita' dell'esperienza vitale, gli ebrei rappresentavano un'eccentricita', un'entita' che sfidava la trasparenza cognitiva e l'armonia morale dell'universo. Essi non appartenevano ne ai pagani non ancora convertiti, ne agli ereticicaduti in disgrazia, cioe' a nessuno dei due gruppi che segnavano le frontiere gelosamente difese, e difendibili, della cristianita'. Gli ebrei si collocavano inopportunamente, per cosi' dire, a cavallo della barricata, compromettendo con cio' la sua invalicabilita'. Essi erano contemporaneamente i padri venerabili della cristianita' e i suoi odiosi, esecrabili detrattori. Il loro rifiuto degli insegnamenti cristiani non poteva essere accantonato come manifestazione di ignoranza pagana senza mettere seriamente in pericolo la verita' del cristianesimo. Ne poteva essere facilmente etichettato come l'errore - in via di principio - rettificabile di una pecorella smarrita. Gli ebrei non erano semplicemente dei miscredenti prima o dopo la conversione, ma individui che in piena coscienza rifiutavano di accettare la verita' quando veniva loro offerta l'opportunita' di riconoscerla. La loro esistenza costituiva una continua sfida alla certezza della rivelazione cristiana. Una sfida che poteva essere respinta, o perlomeno resa meno pericolosa, solo spiegando l'ostinazione ebraica come malvagia premeditazione, intenzione nociva e corruzione morale. Ci sia consentito di aggiungere a tutto cio' un fattore che apparira' continuamente nel nostro discorso come uno dei principali e piu' distintivi aspetti dell'antisemitismo: l'ebraismo era, se cosi' si puo' dire, contiguo al cristianesimo e confluente con esso. Per questa ragione esso si presentava diverso da ogni altra componente perturbatrice o non assimilata del mondo cristiano. A differenza di tutte le altre eresie, esso non costituiva ne un problema locale ne un episodio con un inizio chiaramente definito e di conseguenza, si poteva sperare, con una fine. Esso rappresentava invece una presenza universalmente concomitante con quella del cristianesimo, un vero e proprio alter ego della Chiesa cristiana. La coesistenza del cristianesimo e degli ebrei non costituiva percio' una forma di conflitto e di inimicizia. O meglio, lo era certamente, ma era anche qualcosa di piu'. Il cristianesimo non poteva riprodursi, e sicuramente non era in grado di riprodurre il proprio dominio ecumenico, senza salvaguardare e rafforzare le basi dell'estraniazione ebraica: la visione di se stesso come eredita' e superamento di Israele. L'identita' cristiana coincideva, di fatto, con l'estraniazione ebraica. Essa era scaturita da un rifiuto da parte degli ebrei. E traeva continua vitalita' dal rifiuto degli ebrei. Il cristianesimo poteva teorizzare la propria esistenza soltanto come costante opposizione agli ebrei. Il perdurare dell'ostinazione ebraica dimostrava che la missione cristiana non era ancora compiuta. L'ammissione dell'errore da parte degli ebrei, la loro resa alla verita' cristiana e una futura conversione di massa rappresentavano per il cristianesimo il modello del trionfo finale. Ancora una volta il cristianesimo affidava agli ebrei, nella loroveste di alter ego, una vera e propria missione escatologica. Essa sottolineava la presenza e l'importanza degli ebrei, attribuiva loro un fascino potente e sinistro che altrimenti non avrebbero certamente avuto. La presenza degli ebrei all'interno della cristianita', sul suo territorio e nella sua storia, non era dunque ne marginale ne contingente. La loro specificita' non era simile a quella di altre minoranze, bensi un aspetto dell'identita' cristiana. L'atteggiamento cristiano di fronte agli ebrei, pertanto, andava oltre la generalizzazione delle pratiche di esclusione; esso era qualcosa di piu' che un tentativo di sistematizzare quella vaga e diffusa esperienza di identita' distinta che emana dalle forme della separazione tra le caste e ispira i sistemi di questo tipo. L'atteggiamento cristiano verso gli ebrei non era un riflesso dei comuni rapporti e attriti tra vicini, ma derivava da una diversa logica: quella legata all'autoriproduzione della Chiesa e del suo dominio ecumenico. Di qui, la relativa autonomia della «questione ebraica» dall'esperienza sociale, economica e culturale delle popolazioni ospitanti. E da cio' deriva anche la relativa facilita' con cui tale questione poteva essere isolata dal contesto della vita di tutti i giorni e svincolata dal vaglio dell'esperienza quotidiana. Per i loro ospiti cristiani, gli ebrei erano nello stesso tempo interlocutori concreti di un rapporto quotidiano ed esemplari di una categoria definita indipendentemente da tale rapporto. Quest'ultima caratteristica degli ebrei non era ne indispensabile ne inevitabile dal punto di vista della prima. E fu precisamente per tale ragione che essa pote' esserne separata con relativa facilita' e utilizzata nella motivazione di azioni solo lontanamente connesse, ammesso che lo fossero, alle pratiche della quotidianita'. Nell'atteggiamento della Chiesa di fronte agli ebrei l'antisemitismo acquisi' una forma che gli consentiva di esistere quasi a prescindere dalla reale condizione degli ebrei nella societa'. Ma cio' che piu' colpisce in assoluto e' la sua presenza inpersone che non avevano mai visto un ebreo, e in paesi dove gli ebrei erano assenti da secoli» Questa forma di antisemitismo si dimostro' capace di sopravvivere molto oltre il declino del dominio spirituale della Chiesa e il venir meno della sua presa sull'immagine popolare del mondo. L'era moderna eredito' gli ebrei come soggetti gia' nettamente distinti dagli uomini e dalle donne che abitavano nelle citta' e nei villaggi. Avendo ricoperto con successo il ruolo di alter ego della Chiesa, gli ebrei erano pronti a rivestire un ruolo analogo per le nuove, {secolari}, istituzioni di integrazione sociale. Il piu' macroscopico e pregnante aspetto del concetto di {ebreo} costruito dalle pratiche della Chiesa cristiana era la sua inerente illogicita'. Tale concetto metteva insieme elementi disomogenei che non potevano essere riconciliati l'uno con l' altro. L'incoerenza della loro fusione caratterizzava l' entita' mitica ritenuta capace di comporre questi elementi in una forza potente e demoniaca, una forza nello stesso tempo intensamente affascinante e repulsiva, ma soprattutto minacciosa. Il concetto di {ebreo} fu il campo di battaglia su cui venne combattuta l'interminabile lotta della Chiesa per la propria identita', cioe' per la netta demarcazione dei propri confini temporali e spaziali. Quello di "ebreo" era un concetto sovraccarico dal punto di vista semantico, nel quale confluivano e si mescolavano significati che avrebbero dovuto restare separati; per questa ragione esso era un bersaglio naturale di tutte le forze impegnate a tracciare confini e a mantenerli impermeabili. Il concetto di {ebreo} era un'immagine costruita compromettendo e sfidando l' ordine delle cose, vera e propria sintesi e incarnazione di tale sfida. (dei reciproci rapporti tra l'universale attivita' culturale della demarcazione dei confini e l'altrettanto universale produzione di vischiosita'). Costruito concettualmente in tal modo, l'{ebreo} ha svolto una funzione di primaria importanza: ha reso visibili le terrificanti conseguenze derivanti dalla violazione dei confini, dal rifiuto di rimanere nel gregge, da ogni condotta non ispirata a una lealta' incondizionata e a una scelta senza ambiguita'; egli e' stato il prototipo e il modello principe di ogni anticonformismo, eterodossia, anomalia, aberrazione. Come dimostrazione dell'irrazionalita' - minacciosa e inusitata della devianza, egli screditava a priori l'alternativa all'ordine definito, illustrato e tradotto in pratica dalla Chiesa. Per questa ragione egli era la piu' affidabile guardia di confine di tale ordine. Il concetto di {ebreo} recava in se un messaggio: l'alternativa all'ordine esistente qui ed ora non e' un altro ordine, ma il caos e la devastazione. Chi scrive ritiene che la creazione dell'incongruenza ebraica come sottoprodotto dell' affermazione e dell'autoriproduzione della Chiesa cristiana sia stata un'importante causa del posto di rilievo occupato dagli ebrei tra quei {demoni interni dell'Europa} che Norman Cohn ha cosi efficacemente descritto nel suo memorabile studio sulla caccia alle streghe in questo continente. La piu' significativa delle scoperte di Cohn (che ha trovato ampia conferma in numerosi altristudi sul problema) e' l'evidente mancanza di correlazione tra l'intensita' della paura delle streghe, e delle paure irrazionali nel loro complesso, e lo sviluppo della conoscenza scientifica e del livello generale di razionalita' quotidiana. Di fatto, l'affermazione della metodologia scientifica moderna e gli enormi sforzi verso la razionalizzazione della vita quotidiana coincisero, agli albori della storia moderna, con i piu' violenti e atroci episodi di caccia alle streghe mai verificatisi. L'irrazionalita' delle credenze sulla stregoneria e della persecuzione contro le streghe appare assai scarsamente collegata ai ritardi della Ragione. Essa era, al contrario, intimamente connessa all'intensita' delle ansie e delle tensioni provocate o generate dal collasso dell'antico regime e dall'avvento dell'ordine moderno. Le vecchie sicurezze scomparivano, mentre le nuove tardavano ad emergere e non sembravano in grado di raggiungere la solidita' delle precedenti. Distinzioni che erano state valide per secoli venivano ignorate, distanze rassicuranti si riducevano, estranei emergevano dai luoghi in cui fino ad allora erano rimasti confinati e si stabilivano nelle vicinanze, identita' sicure si sfaldavano e perdevano la loro certezza. Cio' che rimaneva dei vecchi confini aveva disperatamente bisogno di difesa e nuove demarcazioni dovevano essere tracciate attorno alle identita' di recente formazione; questa volta, per di piu', in condizioni di universale movimento e di cambiamento accelerato. La lotta contro la {vischiosita'}, nemico originario della nettezza e della sicurezza dei confini e delle identita', doveva essere un importante strumento per far fronte ad entrambi quei compiti. Tale lotta avrebbe raggiunto una ferocia senza precedenti, cosi come di dimensioni senza precedenti erano i compiti stessi. Il presente studio afferma che il coinvolgimento attivo o passivo, diretto o indiretto, nella forte preoccupazione dell'era moderna per la demarcazione e la difesa dei confini era destinato a rimanere il piu' distintivo e caratterizzante attributo del concetto di {ebreo}. Si suggerisce qui che tale concetto e' stato storicamente costruito per rappresentare tutte le {vischiosita'} del mondo occidentale. Esso e' stato collocato a cavallo di quasi tutte le barricate erette nel corso dei conflitti susseguenti, che lacerarono la societa' occidentale nelle sue varie dimensioni e fasi di sviluppo. Il fatto stesso di essere stato gettato di traverso a cosi tante barricate diverse, costruite su altrettanti fronti palesemente scollegati tra loro, carica la vischiosita' del concetto di «ebreo» di un'intensita' esorbitante, sconosciuta in altri casi. La sua mancanza di trasparenza era multidimensionale e proprio questa multidimensionalita' costituiva un'ulterioreincongruenza cognitiva, assente in tutte le altre (semplici perche' circoscritte, isolate e funzionalmente specializzate) categorie {vischiose} scaturite dai conflitti di confine. Per le ragioni discusse piu' sopra il fenomeno dell'antisemitismo non puo' essere concepito come manifestazione di una piu' ampia categoria di antagonismi mazionali, religiosi, culturali, economici: l'antisemitismo era interamente imputabile gli interessi di autodefinizione e autoaffermazione dei suoi portatori (in primo luogo la Chiesa cristiana). Paolo Mordechay Sciunnach |