La vita in Eretz Israel, nonostante tutto e tutti.
Tutta Israele ha accompagnato, seguendola in televisione, nel suo ultimo viaggio, la salma del sergente Nikolai Rapoport, ultima vittima degli assassini di hezbollah, caduta nel sud del Libano.
Nikolai, 23 anni, era immigrato nel nostro paese da soli 3 anni con il padre e solo in un secondo tempo era stato raggiunto dalla sorella, arrivata da pochi mesi. La morte di questo ragazzo ha sconvolto l'intera nazione perche' la tv ha portato ognuno di noi all'interno della casa dove lui abitava, un tugurio di 8 metri per 8 nella parte sud di Tel Aviv. La famiglia Rapoport viveva in condizioni pietose e nessuno lo sapeva, neppure tra gli stessi suoi commilitoni.
Dopo la sua morte, come detto, tutti sono rimasti scossi e, subito, sono scoppiate polemiche a non finire ma, poi, la verita' e' venuta a galla e si e rivelata diversa dalle apparenze. Il padre aveva scelto di vivere cosi' perche' sognava, al contrario di Nikolai, di poter un giorno tornare a vivere nella vecchia patria. Per arrivare a poter realizzare il suo sogno, egli spediva alla moglie, rimasta a Kasnodar, tutto cio' che guadagnava o che riceveva dalla Sochnut (ufficio per l'immigrazione).
Amato e rispettato da tutti, il sergente Nikolai Rapoport era considerato un soldato modello. Come detto, era di Kasnodar, nel Kazakistan da dove proveniva la madre, una cosacca cattolica.
Dopo la morte, a richiesta della famiglia, il suo corpo e' stato riportato e sepolto nella citta' natale e per questa ragione e' stato accompagnato da tutti noi spiritualmente, tramite la televisione.
Un aereo speciale ha trasferito il corpo del militare da Tel Aviv a Mosca dove il feretro ha fatto tappa nell'ambasciata israeliana ove tre anni prima Nikolai si era recato per ottenere il visto di espatrio. La bara, ricoperta dalla bandiera con la stella di David, e' arrivata, poi, nella citta' di origine, seguita dai familiari, riuniti nel dolore e cosi' lontana dalla terra per la quale il ragazzo aveva immolato, con amore, la vita.
A richiesta dei familiari la cassa che conteneva le spoglie e' stata riaperta e, secondo l'usanza del posto, al suo interno, sono stati messi i vestiti di Nikolai ed un completo nuovo. Una parente cosacca ha aggiunto una pagina contenente delle preghiere ed una piccola croce.
L'incontro con la mamma, come e' facile immaginare, e' stato straziante. Il mese prossimo il sergente Nikolai l'avrebbe comunque riabbracciata dopo tre anni, perche' gli era stata concessa una licenza speciale.
Il funerale ha attraversato le strade della citta' avvolto nella nostra bandiera ed accompagnato da una piccola banda musicale con i passanti che si soffermavano a guardare un cosi' insolito corteo.
Al cimitero, pieno di croci, davanti a quella tomba aperta, e' stato molto difficile per tutti separarsi da Nikolai. La mamma, abbracciando la bara, ha detto: perche' mai sono io quella che deve seppellirti, perche' mai ti ho permesso di andare? l'unica colpevole per la tua morte sono io, e tu sei morto per i padri dei tuoi padri!. Ed il padre di rimando: no, per i tuoi padri cosacchi!. Ma la madre ha ancora aggiunto: no, per i padri dei tuoi padri. Lo stato d'Israele era rappresentato dal tenente colonnello Zvika Blumenstick, addetto militare a Mosca, che ha parlato a nome dell'esercito ed ha pregato la famiglia di tornare a vivere in Israele, amata patria di Nikolai, per la quale aveva donato la propria vita.
Quando la bandiera che spiccava tra le croci e' stata piegata e consegnata alla madre e' sembrato a tutti che vi sia stato un lungo momento di esitazione prima che lei la prendesse. Personalmente ho avuto una fitta al cuore ma non ho abbassato lo sguardo dal video. I fiori con i nastri bianchi ed azzurri del comando militare del sud e del comando militare del nord, uniti a quelli dei compagni del Ghivati, si sono mescolati alle corone intrecciate con i rami di abete, di amici e parenti. Inoltre, da oggi, il centro sociale e culturale ebraico di Kasnodar portera' il nome di Nikolai Rapoport, eroe locale caduto in difesa della sua nuova patria.
Dopo il funerale, parenti ed amici hanno partecipato ad una cena di addio al caduto, secondo il rito cattolico russo ed in tale occasione si e' parlato di lui e gli si e' dato l'ultimo saluto. dopo cena, i rappresentanti israeliani, arrivati per il funerale, sono ripartiti e la famiglia, ora, dovra' cimentarsi da sola con il proprio dolore, lontana da Israele che, forse, o sicuramente, al contrario di Nikolai, non ha mai considerato come la sua casa ed alla quale rimarra', comunque, per sempre legata, anche se soltanto per il ricordo del figliolo e per l'assegno mensile di pensione che, adesso, ricevera' dallo stato ebraico.
La vita degli israeliani e' continuata pił o meno regolarmente all'ombra della nuova guerra minacciata dagli Stati Uniti contro l'Iraq di Saddam Hussein. Tutti dicono di stare tranquilli pero', nei giorni scorsi sono state aperte, a Tel Aviv, oltre 15 stazioni per la distribuzione od il cambio delle maschere antigas e le file dei cittadini in attesa si sono allungate a dismisura.
Tarek Aziz ha continuato a dichiarare che l'Iraq, in caso di conflitto, avrebbe attaccato solo coloro che, eventualmente, avessero attaccato il suo paese, ma il popolo iracheno bruciava le bandiere israeliane insieme a quelle americane.
Noi abbiamo dovuto continuare a vivere normalmente perche', ci dicevano, le possibilita' di venire attaccati erano minime, ma si e' continuato a parlare di un possibile attacco chimico e biologico.
Adesso parliamo al passato ma nei giorni passati siamo stati sull'orlo di un nuovo conflitto e Saddam Hussein non e' tipo che accetti ordini. E' lui che deve sottomettere gli altri perche' e' cresciuto con questi propositi e, se, sfortunatamente per noi si fosse visto in pericolo non sarebbe certo rimasto con le mani tra le mani e penso proprio che avrebbe fatto come Sansone con i filistei.
Stampa, radio e televisione non hanno parlato d'altro e cosi', tanto per stare tranquilli, molti hanno cominciato a fare spese extra: cibi in scatola, acqua minerale e tutte quelle cosette che avevamo preparato nel 1991: nastri adesivi, rotoli di plastica per potere sterilizzare la camera nella quale rifugiarsi in caso di attacco.
Dopo la guerra del Golfo si e' tanto parlato su quanto fossero effettivamente utili le camere sterili o le maschere antigas in caso di attacco chimici o biologico. Si erano, allora, tutti detti scettici al riguardo e la discussione e' tornata di moda nei giorni passati e, cosi', ognuno ha ripreso a preparare ogni cosa. Le case di farmaceutici hanno lavorato 24 ore su 24 per preparare le pillole che sarebbero potute servire e che sarebbero state distribuite ai cittadini dai soldati, in caso di attacco.
I piu' facoltosi avevano gia' preparato i passaporti e le valigie per farsi coraggiosamente un bel viaggio all'estero. Loro non scappano, per carita', sarebbero solo andati in vacanza! altri, come nel 1991, avrebbero affollato gli alberghi di Eilat o di Gerusalemme o del Mar Morto, posti certamente piu' sicuri di Tel Aviv e di Haifa.
Dopo la guerra dei Sei Giorni molti giovani hanno lasciato Israele per l'America, ed allora si diceva: l'ultimo che esce, spenga la luce!.
Chi ha paura, e' giusto che vada via. Io resto al mio posto con mio marito, le mie figlie e la mia vecchia cagnetta che dal tempo degli attacchi missilistici, si nasconde sotto il letto ogni volta che sente sbattere una porta. Resto perche' sono una persona fiduciosa e mistica, che crede sinceramente che il suo posto sia in Israele. Vivo qui per mia scelta, questa e' la terra alla quale ho legato con amore il mio destino. Succeda quel che succeda, la mia vita e' qui e nessuno, mai, potra' convincermi a lasciare la mia casa, perche' se cosi' fosse verrei contro ai miei principi e, sicuramente, ai doveri che ogni cittadino ha verso il proprio paese.
Miriam Ascoli Aknin
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