Riccardo Pacifici

Vita e ordinamento interno della comunita' di Genova

In un mio studio premesso a una pubblicazione sul tempio di Genova (il nuovo tempio di Genova, con illustrazioni e notizie storiche, Genova, 1939) ho tratteggiato sommariamente il quadro della vita interna di questa comunita' nel secolo XVIII. Vorrei qui completare le linee di quel quadro storico e soffermarmi ancora sulla vita e l'organizzazione della comunita' genovese nel secolo XVIII, attingendo sempre alla stessa fonte storica, cioe' ai verbali relativi agli' atti della comunita' nel periodo accennato.

Uno dei registri contenenti questi verbali (i registri sono redatti in italiano (nota del 1999: essi sono quasi certamente andati distrutti nel periodo bellico), salvo alcune deliberazioni piu' importanti per la quale e' conservata anche la redazione ebraica ) si apre con un interessante preambolo in ebraico che giudico opportuno riprodurre perche' dimostra chiaramente quale era il programma dei reggitori della comunita': quello di dare ad essa uno stabile ordinamento interno ed una disciplina organica da tutti accettata e da tutti seguita in unita' di intenti.

Eccolo nella sua traduzione italiana quale si conserva nello stesso registro:

Con l'aiuto del cielo e con buona fortuna sia questo libro per le costituzioni et ordinanze che hanno destinato, decretato et accetato li ebrei per loro e per la sua discendenza e tutti quelli che s'agregheranno in questa universita', non dovendosi preterire, da farsi et osservarsi da ogni abitante e domiciliato in questa nostra universita' e stabilito in questa serenissima dominante di Genova che D-o la conservi, che tutti noi con unanime et solo sentimento, con buon animo e tutto buon cuore, abbiamo destinato, col precetto del nostro patriarca Abramo che abbiamo concluso tra di noi, da sostenersi con unione e acciocche' ognuno sia congiunto col suo compagno come fratello, senza potersi dividere e cosi' verra' confermata la benedizione del patriarca Abramo, posera' sopra di noi, il moltiplicarsi, giorni et anni di vita, salute e prosperita', per secoli e con questo merito del mantenimento della pace e unione, D-o bene. Concedera' ogni bene amen.

V'e' una frase di questo testo che contiene, a mio avviso, una chiara allusione ad un provvedimento che dovette essere di notevole importanza per la comunita' nella seconda meta' del secolo XVIII; la frase e' quella che suona: iskimu bi-vrith avraham asher hirshuhu venehe'm la-amod ba-perez.

L'aver sottolineato e contrassegnato la parola avraham non e' senza scopo; d'altra parte le parole seguenti: asher hirshuhu venehe'm non si spiegano se non con un riferimento a qualche fatto preciso che era a conoscenza dei capi della comunita' e della comunita' stessa. Il fatto, cui avevo accennato di sfuggita nel mio articolo sopra citato e' il seguente:

La comunita' di Genova che aveva attraversato verso la meta' del 1700 un periodo di gravi dissensioni interne, decise nel 1769 (anno con cui si inizia il registro al quale appartiene il testo ebraico sopra citato) di nominare come deputato assoluto ed indipendente il signor Abraham Rodriguez Miranda di Livorno, affinche' riorganizzasse la vita amministrativa della comunita' e ne segnasse i nuovi indirizzi; e' probabilmente a questo Abraham che si riferisce la frase del testo ebraico sopra citato e che dimostra quale fosse l'importanza del compito affidato a questo personaggio in un tempo particolarmente difficile per la comunita'.

Che l'opera del Miranda fosse stata particolarmente apprezzata, se ne ha la riprova da una deliberazione di qualche anno piu' tardi (1774), a termini della quale, tenuto conto dei servigi resi alla comunita' dallo stesso Miranda, si stabilisce di far recitare in onore di lui uno speciale mi she-bera'ch nei giorni festivi prima della lettura del Sefer. Uno degli atti compiuti dal Miranda, onde por fine a tutte le dispute che potevano insorgere tra i membri della comunita', fu quello di dare alle fiamme i registri della contabilita', in merito alla quale, sembra, regnavano gravi dissensi in seno alla comunita' medesima.

Oltre a cio' egli provvide a interessare altre comunita', fra cui quelle di Amsterdam e di Londra, affinche' concorressero mediante contributi e sovvenzioni a rialzare le sorti precarie del piccolo nucleo ebraico genovese.

Ma sopra tutto appare chiaro che il Miranda riusci' ad instaurare un periodo di vita piu' serena e piu' ordinata nella comunita'; cio' e' infatti confermato dalle parole con cui si apre una deliberazione dei massari (capi della comunita', regolarmente eletti in seno alla medesima e la cui nomina era sanzionata dalle autorita' della repubblica) dell'anno 1769: con il santo nome di dio pare che sia principiato a entrare e impossessarsi la pace in questa santa Kehilla' da tanto tempo gia' persa. Quest'opera di pacificazione e di coesione interna a cui attese il Miranda, sembra convalidata da un provvedimento emanato dai protettori degli ebrei in data 23 novembre 1770 e secondo il quale potevano essere allontanati dalla congrega e dalla sinagoga quegli elementi che con la loro condotta recassero pregiudizio al regolare andamento della vita in seno alla collettivita' ebraica.

Nello spirito di questo provvedimento fu deciso, qualche anno piu' tardi, di allontanare dall'ufficio di cancelliere e da qualsiasi altro incarico un tale David Buzi Accohen che col suo comportamento si era alienato gli spiriti di gran parte della comunita'. Questi infatti aveva tenuto un atteggiamento di resistenza passiva allorquando, nel settembre 1773, era stata ratificata dai protettori la nomina a massari di Giuseppe rosa e Moise' Foa'; come cancelliere della congrega, il David Buzi Accohen avrebbe dovuto fare le regolari consegne dei registri, carte e valori nelle mani dei predetti massari; egli invece, aiutato probabilmente da elementi ostili ai nuovi eletti, tento' di differire a tempo indeterminato l'operazione delle consegne, sicche'' fu necessario l'intervento del sotto cancelliere della ser.ma e di un aiutante della piazza accompagnato da sei granatieri, perche' l'ordine di consegna venisse eseguito.

Questo fatto, che dovette suscitare grave rumore in seno al gruppo ebraico, porto' al temporaneo arresto del principale colpevole e alla sua successiva totale esclusione da ogni carica e ufficio presso la comunita'.

L'intervento delle autorita' civili nell'episodio di sopra e' un indizio di come queste appoggiassero e tutelassero l'opera ed il prestigio dei massari, specialmente quando si trattava di favorire il regolare svolgimento dell'attivita' interna della comunita'. Cosi' nel gennaio 1774 fu emanato un decreto dei protettori della nazione ebrea col quale, mentre si confermavano in carica i massari, si dava loro ampia facolta' di esigere le tasse dovute dai singoli, e si obbligavano i morosi e renitenti al pagamento, salvo minacce di pignoramento dei beni; con lo stesso decreto i massari erano autorizzati ad esigere il regolare rendiconto finanziario da coloro che erano incaricati delle riscossioni e dell'amministrazione delle entrate della comunita'. Il provvedimento cui ho accennato e ricordato qualche anno piu' tardi come un importante strumento che aveva instaurato un'era di salda e sicura amministrazione e di piu' sano governo per la comunita'.

Che questa fosse infatti essenzialmente preoccupata del regolare andamento finanziario, e' dimostrato dalle numerosissime pagine dei verbali che si riferiscono appunto a questioni e pratiche di indole amministrativa. Del resto le preoccupazioni dei dirigenti la comunita', in questo campo, si giustificano facilmente quando si pensi che proprio in questo torno di tempo il numero complessivo dei componenti la nazione ebraica non raggiungeva neppure i cento individui, mentre relativamente gravi dovevano essere le spese occorrenti al regolare funzionamento della vita religiosa. Sara' interessante, a titolo di curiosita', riportare qui un prospetto delle spese necessarie alla comunita' nell'anno 1774.



Nota delle spese certe e indubbitate che necessitano per tutto l'anno, le quali in forza e vigore delle deliberazioni non possano versarsi se prima non si sara' trovato l'assegnamento sicuro:


Pigione annuale per la presente scola

Lire

110

Per il campo di sotterro

''

17

Per la locanda dei poveri

''

48

Per il sohet, ossia preparatore della carne

''

400

Per il servo e bidello, comprese le masot

''

145

Per i soldati di tutto l'anno

''

55

Per l'olio, cera

''

160

Totale

Lire

935



Inoltre vi sono da considerarsi il continuo passaggio dei poveri passeggeri e le spese incerte per i quali articoli sono considerati l'offerte cotidiane.

Da questo quadro delle spese complessive, e' possibile formarci una idea degli aspetti e delle condizioni della vita ebraica nella piccola comunita'. Esaminando le varie voci sopra elencate, risulta anzi tutto (e questo e' piu' volte confermato dagli atti dei verbali) che non esisteva ancora un Bet Akkaneset appartenente alla comunita' come tale; le funzioni religiose si svolgevano nel locale situato presso le mura della Malapaga e per il quale si corrispondeva un canone di fitto annuo; la stessa sede, che piu' tardi sara' acquistata dalla comunita', serviva anche per le ordinarie riunioni della congrega.

Quanto al cimitero, mi riservo di parlarne piu' avanti a proposito di un'importante iscrizione ad esso relativa. Della locanda dei poveri qui menzionata, si hanno dei riferimenti a proposito delle trattative intercorse per l'acquisto di un locale che dovesse essere adibito ad ospizio per i poveri bisognosi; il locale che era stato scelto nei pressi del tempio e ove si sarebbe dovuto costruire il mikve' e il forno per la fabbricazione delle mazzot, fu poi scartato perche' inadatto e ceduto in affitto a Samuele Nataff e Ottavio Rabbeni, due membri della congrega che si impegnarono ad installarvi a loro spese il mikve' suddetto.

La preparazione delle carni rituali, come una delle piu' importanti norme della vita ebraica, interessava da vicino i dirigenti la comunita' i quali, come ci attestano i registri, provvedevano a stipulare speciali contratti con i fornitori e si preoccupavano che il pubblico fosse soddisfatto sia delle carni macellate, sia dei prezzi delle medesime. Una speciale tassa o gabella sulla carne e' stabilita con una decisione dell'anno 1712, tassa che e' imposta a tutti gli ebrei dimoranti della citta' ai quali resta vietato l'acquisto della carne se non in presenza del shohet stesso che deve fare riconoscere il siman rituale e controllare il pagamento della tassa stabilita.

Non risulta dallo specchietto delle spese l'esistenza di una scuola o talmud Torah per l'insegnamento dell'ebraico ai ragazzi; essa pero' certamente funzionava in forma embrionale e di cio' si ha conferma dalle frequenti allusioni ad un fondo talmud Torah per il quale era nominato uno speciale gabbai o tesoriere e inoltre perche' spesso si fa menzione dell'insegnamento dell'ebraico da impartirsi ai bambini e che viene tenuto in un primo tempo dal shohet e hazan, piu' tardi dal rabbino. Del rabbino si parla nei verbali dell'anno 1782 e si ricorda il nome del rabbino beniamino Foa' che partecipa alle riunioni della congrega che si unisce ai massari nell'emettere ordini e decreti.

Dall'esame di questi modesti aspetti della vita della comunita', risulta che essa andava lentamente organizzandosi; cosi', verso l'ultimo quarto del secolo XVIII, si addivenne alla stipulazione di un regolamento interno per la comunita', regolamento che era stato previsto e deciso dagli stessi capitoli concessi dalla repubblica fin dal 1711, ma che finora non era stato portato a compimento. In una petizione presentata dai massari ai ser.mi collegi e per essi ai protettori della nazione ebrea in data 30 gennaio 1774, si chiede l'approvazione di uno schema di regolamento e ci si riferisce appunto al paragrafo 30 dei privilegi concessi dalla repubblica, secondo i quali devano gli ebrei formar li capitoli per il buon governo ed assicurarne l'osservanza; si comproveranno dai ser.mi collegi quali ordineranno che possino li massari farli eseguire salva sempre l'autorita' agli eccel.mi protettori anche per l'osservanza del contenuto delli presenti capitoli.

I regolamenti approvati stabiliscono anzitutto le modalita' per le elezioni dei massari che dovevano avere luogo prima dell inizio del nuovo anno ebraico. Gli eletti che rifiutassero di accettare la carica erano sottoposti ad una sanzione pecuniaria che doveva esser pure corrisposta, in proporzione diversa, da coloro che si esimessero dalle altre cariche, come quella di tesoriere generale, gabbai di zedaka', gabbai di talmud Torah, ecc.

I membri della congrega non potevano essere piu' di sette e da essa erano esclusi coloro che avessero commesso colpe o reati. Le sedute della congrega erano indette dai massari e da essi presiedute; dopo gli argomenti o proposizioni trattate, ciascun altro membro della congrega aveva diritto di avanzare proposte e di promuovere la discussione. Le decisioni erano prese a maggioranza di voti.

Le scritture e gli atti della congrega dovevano essere conservati dal cancelliere e non se ne poteva rilasciare copia se non col consenso dei massari.

Era stabilita la nomina di un camerlengo generale per tutte le entrate; questi non poteva fare spese se non con l'approvazione di almeno un massaro e doveva alla fine di ogni anno riferire alla congrega sulla gestione passata, facendola approvare. Alla fine di ogni mese il camerlengo doveva riscuotere tutti i debiti, offerte, pene pecuniarie, ecc.; per i renitenti o morosi si applicava il decreto secondo il quale i beni dovevano essere pignorati.

Non era consentito a chicchessia aprire un oratorio o riunirsi in una casa con minian, all'infuori della sinagoga; si facevano eccezioni per le cerimonie private, come matrimoni e orazioni in suffragio dei defunti.

Ogni ebreo che veniva a stabilirsi nella citta' era sottoposto a una tassa straordinaria per l'iscrizione alla comunita'; questa tassa era stabilita di volta in volta dalla congrega e doveva essere corrisposta prima della notifica del nuovo domiciliato al magistrato della consegna (addetto alle registrazioni anagrafiche). Per gli ebrei di passaggio, che pero' si trattenevano alcuni mesi nella citta', si doveva applicare, dopo un mese di permanenza, una tassa mensile fino alla concorrenza di lire sei al mese, oltre il 4 % sugli introiti di carattere commerciale.

Le tasse ordinarie erano fissate ogni triennio; esse non potevano essere variate che in casi eccezionali, su richiesta motivata da parte dell'interessato.

Coloro che col proprio atteggiamento avessero recato pregiudizio alla tranquillita' e all'ordine della comunita' o coloro che non avessero il dovuto rispetto verso i massari, potevano essere esclusi dalla comunita' fino a sei mesi e non potevano essere riammessi, se non facendo ammenda innanzi a tutto il kaal.

Quanto alle pubbliche tefillot, si sanciva che non dovevano essere alterati gli usi vigenti, secondo quanto era stato stabilito nel dicembre 1769; circa quest'interessante paragrafo relativo al minag locale, si ha modo di stabilire che esso doveva uniformarsi a quello seguito nella comunita' di Livorno. Questo principio era riaffermato spesso e applicato anche in tutte le altre questioni di carattere religioso.

Ho accennato sopra che mi sarei soffermato a parlare piu' estesamente del cimitero della comunita' nel 700. A questo proposito ci fornisce particolari notizie un'ampia iscrizione perfettamente conservata e che si trovava apposta nel vecchio tempio della Malapaga. L'iscrizione e' molto interessante anche dal lato stilistico, perche' abbonda di frasi e riferimenti a passi biblici e descrive minutamente l'ubicazione dell'antico cimitero della comunita', offrendo notevoli spunti per la ricostruzione topografica di esso e di tutta la zona nelle cui adiacenze veniva a trovarsi. Ecco il testo dell'iscrizione nella sua traduzione italiana:

A ricordanza per i figli d'Israele e per i Cohanim figli di Aaron, onde uno non abbia a contrarre impurita', in mezzo al suo popolo, nel luogo ove esisteva il cimitero in questa citta' di Genova (poi trasferito altrove) e cio' non sia causa di dolore e di rimorso.

Ed eccoti indicata a dito la localita': uscendo fuori dalla citta' per la porta chiamata portello, ti trovi dinanzi a tre vie: da un lato e dall'altro il monte e in mezzo un'alta strada. Piegando a sinistra e salendo in direzione del monte, vedrai una piscina: proseguendo fino a un punto da dove si scorge la sommita', troverai in direzione di questa un ponte che e' eretto su due grandi porte aperte al di sotto di esso. Quindi la strada sbocca in una piu' ampia zona; alla destra di questa v'e' una salita, alla sinistra una discesa che e' appunto la discesa del cimitero che esisteva prima o che collimava con le muta della citta' che in quel punto girano formando la figura di una grande het.

Il terreno del cimitero si estende da un'estremita' all'altra rispetto alla lunghezza (della het) e per meta' dell'area rispetto alla larghezza (della het).

Questa e' la zona dalla quale ti terrai lontano. Percio', giunto all'altezza del ponte da questo lato (cioe' provenendo dall'interno della citta') tieni una sola direzione a destra nella salita, e non a sinistra; e salendo invece dalla parte delle mura, tieni la sinistra e non la destra, perche' santo tu sei.

Questa pietra sara' posta nel tempio per testimonianza, affinche' ogni Cohen sappia guardarsi e trattenga il suo piede dall'inciampare nell'impurita' e non si renda colpevole. Oggi per ordine delle autorita' della comunita', 12 adar 2° 5562 corrispondente al 16 marzo 1802.

Come risulta chiaramente dal contesto, l'iscrizione e' stata dettata con l'intento di avvertire i Cohanim a tenersi lontani dalla zona del cimitero e a non contrarre impurita' avvicinandosi alla sua area. Se si era sentito il bisogno di questo particolare richiamo, cio' dimostra che il cimitero cui allude l'iscrizione non doveva essere piu' facilmente riconoscibile, forse per nuove costruzioni venute ad aggiungersi in quella zona o forse perche' non era piu' nettamente circoscritto in limiti ben definiti.

Probabilmente gia' al tempo cui si riferisce l'iscrizione (1802), una parte delle sepolture che si trovavano nel cimitero dovevano essere state trasferite altrove, e di cio' si ha infatti conferma, perche' una nota apposta ai verbali in data 1° marzo 1830, risulta che in seguito a un sopralluogo fatto nella localita' del cimitero, poterono essere decifrate appena undici lapidi, tutte, appartenenti al 1700, mentre, per le altre, si ricorda che parte erano rotte, parte indecifrabili.

Quanto alla posizione del cimitero e' possibile ricostruirla con grande approssimazione seguendo il testo stesso dell'iscrizione e attenendoci a quella che e' l'odierna configurazione topografica della zona. Prendendo dunque come punto di partenza quella che e' oggi piazza portello (allora porta della citta') e proseguendo lungo il lato sinistro dell'allora collina, oggi salita di S. Girolamo, si ritrova ancora la piscina d'acqua cui allude l'iscrizione, e verso la fine della stessa salita, s'incontra pure il ponte eretto sulle due porte sottostanti; di qui il tratto e' breve per giungere all'odierna spianata di castelletto ove, al lato destro, anche oggi si puo' scorgere una salita (forse l'odierna via Accinelli) e al lato sinistro una discesa che portava all'area del campo cimiteriale, in perfetta contiguita' con le mura che allora ivi sorgevano.

Dell'identificazione topografica del cimitero ho potuto trovare un interessante conferma in un rapporto ai sindaci del comune redatto da tale Vincenzo ricci in data 22 giugno 1844, allo scopo di stabilire i titoli comprovanti il dominio del comune su tutti i fossi adiacenti alla cinta murale. Dice dunque, tra l'altro, il rapporto: basti accennare che da una esposizione della nazione ebrea residente in Genova in data 3 luglio 1704 risulta che fino da tempi remotissimi era stato permesso dai padri del comune di stabilire il cimitero degli ebrei fuori della porta del portello in fosso contiguo alle vecchie mura mediante un annuo canone.

Insorte lagnanze per parte delle monache turchine della sant.ma incarnazione e dei padri di san Francesco venne scelta altra adiacente localita'. Con istrumento del 22 aprile 1705 in atti del notaro Bernabo' venne da detto magistrato (si allude alla magistratura dei padri del comune che allora rappresentavano il municipio) concesso a Jacob Levi e Samuel Lusena come procuratori della nazione ebrea un terreno posto sotto il secondo baluardo di castelletto per l'annuo fitto di lire 30 da - servire da cimetero .

Da questo rapporto risulta, quindi, confermata l'ubicazione del cimitero nella zona di castelletto lungo il perimetro murale; questa posizione pero' avrebbe variato in localita' contigue, essendo stata dapprima in una zona assai prossima al convento delle monache turchine e piu' tardi sotto i bastioni di castelletto.

Come abbiamo rilevato sopra, il cimitero della zona di castelletto dovette servire alle inumazioni per tutto il secolo XVIII; infatti coi primi anni dell'800 ci e' confermata l'apertura del nuovo cimitero detto de la cava dalla localita' ove si trovava e che era situato in prospicienza del mare al termine di quella che e' oggi denominata via Corsica presso l'attuale lungomare Aurelio Saffi. In questo cimitero avvennero le tumulazioni fino a tutto l'anno 1886, quando, in seguito a deliberazioni del consiglio provinciale di sanita', si proibirono le inumazioni in quella zona perche' nuove costruzioni dovevano essere erette in quei paraggi. D'allora fu offerta alla comunita' la nuova area cimiteriale presso il grande cimitero di Staglieno ove piu' tardi vennero sistemate le salme esumate dal vecchio cimitero espropriato.

Prima di chiudere queste notizie storiche sulla vita della comunita' nel 700, vorrei accennare a un fatto che e' da considerarsi di notevole importanza negli annali della comunita' agli inizi dell'800; intendo riferirmi all'acquisto stabile del locale del tempio che, come abbiamo notato sopra, era stato affittato per tutto il secolo precedente. In una deliberazione dell'ottobre del 1828 si stabiliscono le modalita' per l'acquisto del tempio e si decide che alcuni tra i capi della comunita' si impegnino ad anticipare la somma necessaria, da reintegrarsi poi con offerte volontarie. In questa lodevole iniziativa emergono i nomi di tre personaggi: Abraham Vita Modena, Mose' Altaras e Graziadio Minerbi che, come ci attesta un'iscrizione ebraica in loro onore, furono l'anima di quella iniziativa ed ebbero il merito di condurla a felice compimento.

L'opera da loro svolta dovette essere certamente difficile, quando si pensi che da un elenco nominativo degli ebrei dimoranti a Genova alla data 18 febbraio 1823, risultano iscritti alla comunita' 112 individui. Tuttavia, nonostante l'esiguita' del numero, possiamo notare che, a partire dall'anno in cui fu presa la deliberazione anzidetta, i membri della comunita' si obbligano periodicamente a corrispondere una tassa volontaria per il riscatto del tempio e per alleviare gli oneri della comunita'. Questa continua a reggersi con le norme che abbiamo sopra esaminate; si nota pero', nei primi decenni del nuovo secolo, che un corpo di tre deputati o direttori viene a costituire come l'organo esecutivo della congrega e finisce poi per sostituirsi a questa. I tre deputati sono i rappresentanti della comunita', ne proteggono e ne tutelano gli interessi ed esercitano il loro ufficio per tre anni.

Quest'ordinamento e' confermato per tutta la prima meta' dell'800 e rimane in vigore fino a quando nel luglio 1857 fu emanata la nuova legge per le comunita' del regno di Sardegna nel cui quadro rientro' anche la comunita' di Genova che da allora si resse con gli statuti e regolamenti relativi alla legge anzidetta alla quale, come noto, si uniformarono parecchie comunita' di altre province italiane.

Riccardo Pacifici
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