Riccardo Pacifici

Giuseppe: personaggio tipo della storia ebraica

La storia di Giuseppe iniziatasi con la parasha' precedente, continua in questa. Noi abbiamo gia' dato uno sguardo d'insieme a questa storia che non e' la storia di un uomo, ma in scorcio, quella della famiglia israelitica cui egli appartiene: noi abbiamo gia' fatto le nostre considerazioni analizzando il carattere dei vari personaggi e delle loro azioni, lumeggiando il significato di queste azioni e delle conseguenze che esse comportano in una visione piu' ampia del racconto biblico. Avviciniamoci ora al personaggio principale, consideriamo un po' da vicino il carattere, la natura di questo biblico Giuseppe, che nonostante la lontananza dei millenni, sentiamo cosi' vivo e reale.

C'e' qualcosa in questa figura che ne fa un tipo diverso dalle solite figure dei patriarchi ebrei, c'e' qualcosa che differenzia profondamente Giuseppe dai suoi avi e dai suoi fratelli e lo colloca su un piano di vita che e' molto vicino al nostro. E' una constatazione che ognuno di noi puo' fare: quando leggiamo la bibbia e pensiamo ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe, noi ci rappresentiamo, si, queste figure, ma le inquadriamo necessariamente in un ambiente, in un sistema di vita che e' diverso e lontano, molto diverso e molto lontano dal nostro. Quando pensiamo a Giuseppe non e piu' cosi': Giuseppe e' un personaggio piu' vivo, direi piu' moderno sia pure attraverso le drammatiche vicende della sua esistenza, o forse proprio a causa di queste vicende.

Dicemmo nella precedente lezione che la sua storia si potrebbe definire un romanzo, ma anche tutta la storia d'Israele e' un grande romanzo che in molti particolari ha dell'inverosimile; ora e' l'analogia tra la vita piena e varia di questo antico ebreo e quella non meno varia del popolo cui appartiene, che ci rende Giuseppe cosi' attraente, cosi' vicino alla nostra anima ebraica. Si potrebbe dire: Giuseppe e' il primo ebreo moderno, il primo ebreo che conosce il distacco, l'allontanamento dalla casa e dalla patria, che soffre per l'odio e l'inimicizia altrui, per l'ingratitudine del mondo; il primo ebreo che conosce la miseria e la prigionia, ma che, come infinite volte e' accaduto nella storia ebraica, conosce altresi' gli improvvisi e repentini mutamenti della sorte; il primo ebreo che, grazie alla sua saggezza e alla sua dirittura, ascende ai piu' alti gradini della scala sociale.

Dopo Giuseppe, quanti ministri, quanti consiglieri ebrei hanno messo la loro intelligenza, la loro sapienza, la loro diplomazia al servizio di importanti governi! e' proprio cosi'! Giuseppe esperimenta per primo quale sia l'intervento di dio nella sua storia, come piu' tardi Israele esperimentera' questo stesso intervento nella sua piu' vasta storia. Quante cadute, infatti, e quante ascese, quanti insospettati pericoli, ma quante insperate salvezze! ma c'e' di piu' in questo primo tipo di ebreo che viene a contatto col mondo, che conosce altri ambienti, altre civilta'; c'e' di piu', perche' c'e' qui, oltre la storia esterna, oltre gli avvicendamenti del mondo esteriore, il fatto della coscienza interna. Qui' in Giuseppe c'e' integra e pura la coscienza ebraica!

Un uomo che attraverso tutte le vicissitudini, tutte le amarezze, tutte le disillusioni, si mantiene sempre fedele a se stesso; un giovane, un uomo, che anche nel fondo della prigione, ricorda sempre il suo dio, il dio dei suoi padri, che lo sente vicino nella prigione e a lui si appella perche' lo illumini nella interpretazione di un sogno, un uomo, che quando avra' salito i gradini di un trono, mantiene anche dinanzi a un grande monarca lo stesso atteggiamento fermo e dignitoso e si richiama ancora alla protezione di quel dio che aveva invocato nella prigione e nelle piu' oscure ore della sua vita, un uomo si' fatto e un uomo di coscienza integra e di fede intemerata. Giuseppe e' il primo ebreo che si e sentito libero dalla schiavitu', il primo ebreo che si e' trovato a contatto con le seduzioni, le minacce, gli allettamenti dell'ambiente esterno ed e' rimasto fermo ed incrollabile, e' il primo ebreo che e rimasto fedele al suo passato e al suo dio nella prospera come nell'avversa sorte, e' l'ebreo che dice chiaro dinanzi al mondo: Idd-o io temo (Gen. XLII, 18).

Oh, come ci sembra vicino questo personaggio alla schiera di quegli ebrei che in tutti i tempi, in tutte le terre, difesero a testa alta il proprio ideale, la propria tradizione e il proprio dio anche a costo dei piu' grandi sacrifici! noi sentiamo che se Giuseppe, anziche' salire ai grandi onori cui la divina volonta' lo aveva riservato, avesse dovuto affrontare per la sua fede prove ancor piu' aspre e piu' dure, se avesse dovuto fare olocausto della vita, egli avrebbe accettato con fermezza anche questo supremo sacrificio e avrebbe suggellato con dignita' la sua nobile esistenza. Al di la' del tempo e dello spazio, Giuseppe e' fratello in spirito di tutti quei magnanimi figli della gente ebraica che con l'ingegno e con le opere, col sacrificio e con la fede resero grande e nobile il nome di Israele nel mondo. Come loro, anche Giuseppe, e' un figlio fedele al suo popolo e al suo dio che con l'esempio trasmette ai nipoti questa sua fedelta' all'idea. Molto puo', dunque, insegnare anche a noi la figura e la storia di Giuseppe; essa ci e' ancora vicina e ci addita quale sia la via del nostro dovere.

Riccardo Pacifici
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