L'applicazione delle leggi razziali in ItaliaAd imitazione delle leggi razziali naziste, anche nell'Italia fascista furono decretati, nel 1938, una serie di provvedimenti che limitavano gravemente i diritti della dignita' della minoranza ebraica, che contava a quell'epoca circa 45 mila persone. Della politica razziale ed antisemita del fascismo si possono individuare due momenti salienti:
Il primo atto pubblico fu il manifesto della razza, pubblicato il 14 luglio del 1938; il punto 9 stabiliva che gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Segui' la prima legge antisemita che espulse tutti gli ebrei (sia alunni che insegnanti) dalle scuole di ogni ordine e grado (r.d.l. 5 settembre 1938 n.1390). Con la carta della razza, in data 6 ottobre 1938, in sintesi si stabilisce che:
Alla data del 1 ottobre XVI (1938) con la legislazione, si arriva alla proibizione dei matrimoni misti, vengono espulsi gli ebrei dalle forze armate, dalle industrie, dai commerci,dalle professioni, dagli enti pubblici. Si pone un limite alle proprieta' immobiliari, si diminuisce la capacita' nel campo testamentario, in materia di patria potesta', di adozione, di tutela, di affiliazione. Viene vietato qualsiasi tipo di lavoro e addirittura, il 6 maggio del 1942 viene decisa la precettazione civile a scopo di lavoro. La burocrazia molto precisa e puntuale, infatti, aggiornando i dati del censimento, verifica, discrimina, allontana dalla vita attiva gli ebrei, che vengono completamente emarginati e trattati senza alcun ritegno e rispetto per la stessa vita umana. Il manifesto programmatico della R.S.I. del 17 novembre 1943 al punto 7 stabilisce: gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalita' nemica. |