Rav Laras

Sono in anticipo sui tempi per quanto riguarda questa esposizione. Come aveva gia' anticipato Rav Bahbout, la conversazione di questo pomeriggio si concentra un po' sul rapporto che esiste fra i Bene Noach da una parte e gli ebrei. Bene Noach diciamo in termini molto generale possiamo considerare come tutti quelli che non appartengono ad Israele e il riferimento dei Bene Noach e' a quell'insieme di quelle leggi, di Mizvot che furono dati ai discendenti di Noe'; dopo il mabul e che sono, secondo la Torah orale, un numero di sette e sono deducibili dal sefer bereshit nel secondo capitolo. Nella ghemera' di sanedrin sono elencate queste Mizvot che fanno capo ai noachidi, cioe' ai discendenti di Noe'.

Sono sei precetti negativi e un precetto positivo. Il precetto positivo riguarda la giustizia. Cosa vuol dire la giustizia? Vuol dire istituire un ordine sociale giusto e il divieto i commettere degli errori nel giudicare. Quindi questo precetto positivo preliminari per i Bene Noach e' un precetto che si preoccupa di istituire una societa' fondata sulla giustizia. Nessuna societa' che non sia fondata sui criteri della giustizia ha probabilita' di sussistere. Poi, come abbiamo detto, abbiamo sei precetti negativi. Una riguarda il divieto del bestemmia, e cioe' di bestemmiare Hashem.

I divieti dell'idolatria, che significa il divieto di adorare idoli e astri - corpi celesti. Ovviamente, il divieto di idolatria presuppone l'accettazione della fede in un D-o unico, trascendente e personale. Un altro precetto dei noachidi e' il divieto dei rapporti sessuali illeciti che vuole dire adulterio, vuol dire incesto, vuol dire sodomia, vuol dire rapporti sessuali con animali. E poi c'e' il divieto di omicidio, e cioe', l'omicidio in tutte le sue espressioni e anche il suicidio. Un altro precetto negativo e' quello del furto, cioe' appropriarsi di cose altrui e molto probabilmente anche di rapire, il rapimento delle persone.

Finalmente, l'ultimo precetto negativo dei Bene Noach e' quello di ***, e cioe' lo smembramento di animali vivi e quindi il divieto di cibarsi di animali. Vivi. Ora, questo e', secondo la tradizione anche se ci sono delle discussioni sull'estensione di questi sette ambiti giuridici a proposito delle derivazione che ciascun ambito comprende. Ad esempio, secondo un certo conto che viene fatto il precetto affermativo di stabilire un certo ordine di giustizia comprende diciannove microcomandamenti o sotto comandamenti che sono preordinati alla messa in pratica a questa esigenza di giustizia.

E cosi' il furto comprenderebbe in realta' sedici espressioni di divieto. Lo smembramento di animali vivi ne comprenderebbero due, l'idolatria dieci, la bestemmia .(omissis) con un rapporto da uno a dieci. Ora, questo puo' essere una curiosita', un modo per dire che molte delle prescrizioni, delle prescrizioni delle cosiddetto bene noach con le loro derivazioni sono comprese all'interno della Torah, anche se in alcuni ambiti la disciplina e' diversa, le conseguenze sono diverse e cosi' via.

Prima di passare al discorso piu' attuale, leggevo tempo fa una corrispondenza del secolo fra Bene Mozeg di Livorno - voi sapete che lui si era occupato molto di questo problema dei Bene Noach - con un suo ammiratore francese Emipaliere??? Che lo interrogava sui contenuti dell'ebraismo perche'; lui era innamorato dell'ebraismo e voleva conoscere di piu'. E via via che la corrispondenza si sviluppava, a un certo punto Emipaliere gli fa capire che vorrebbe convertire all'ebraismo. E Bene Mozeg gli risponde che non e' assolutamente il caso che lui pensi alla conversione perche';, se lui fa proprio il contenuto della normativa dei Bene Noach, e' assolutamente a posto, perche'; la normativa noachidi costituisce l'etica universale e quindi, chi non e' ebreo ha sicuramente un contatto molto intenso con l'idea di D-o e con D-o stesso.

E allora Emipaliere non e' molto soddisfatto di questa risposta e gli dice, ma in fondo chi e' oggi che non fa proprio questo patrimonio universale? Tutti applicano questa normativa dei Bene Noach. E allora, Bene Mozeg gli risponde con le parole del Rambam nel trattato dei re, e cioe' a dire che non si tratto tanto per essere considerato un noachide accettare a fare cio' che prescrive la normativa dei noachidi ma di eseguire, di fare la normativa noachide perche'; questa e' la volonta' di Hashem. Cioe', non farlo perche'; e' conveniente o scontato ma perche'; D-o ha comandato ai Bene Noach di eseguire questa normativa.

Infatti, Rambam, quando parla del destino dell'anima individuale, riferendosi ai pii delle nazioni (ebraico?) Cioe' che non appartengono ad Israele e che hanno parte nel mondo a venire si riferisce all'esecuzione dei precettista noachide pero' con la precisazione che debbono farlo con il sentimento di eseguire la volonta' di Hashem, altrimenti non e'; un Hassid *** Haolam ma *** cioe' uno dei sapienti, dei filosofi delle altre nazioni ma non e' un Hassid *** Haolam. Ecco, questa premessa molto generale che vice versa richiederebbe dei approfondimenti. Ritengo che sia indispensabile per entrare nell'attualita', cioe' l'attualita' del rapporto fra i mondo cristiano e il mondo ebraico.

Voi sapete che da diverso tempo e' in atto un incontro fra rappresentante del mondo cattolico specialmente e il mondo ebraico. Chi e' che ha istituito questo incontro istituzionalizzato, questo confronto? Sicuramente la chiesa. Pero' direi che l'idea e' nata nell'ambito dell'ebraismo. E' nata cinquant'anni fa all'indomani dalla fine della guerra nella mente di un professore ...., francese che aveva perduto tutta la famiglia nei campi di concentramento. Lui era professore di storia, un laico, una persona che non si era posto particolare problemi di identita', di problema religiosi, ma che si era fatto, dopo la Shoa', un convincimento.

Che la Shoa' ha potuto avvenire perche'; nel mondo cristiano erano presenti tanti, troppi pregiudizi anti-ebraici e quindi il nazismo e tutti quel dottrina infame di morte con il popolo ebraico si era potuto affermare perche'; c'era un substrato umano ricettivo, disposto a accettare. E quindi, aveva deciso di votare la sua vita a cercare a combattere nell'ambito del popolo cristiano, questo pregiudizio di stereotipi, mettendo sotto accusa anche buona parte della teologia cristiana. Sappiamo che ha avuto una rispondenza piuttosto calda di gerarchia molto alta del cattolicesimo: il cardinale *** e anche il Papa Giovanni XXIII.

Ecco, quindi, da allora, e' nato ufficialmente questo dialogo, questo incontro. In realta', piu' che un dialogo, io, e non soltanto io, lo considero un monologo, oppure un dialogo all'interno del popolo cristiano perche'; e' il popolo cristiano che deve rivedere molte posizioni, fare un esame di coscienza, vedere quante parti di responsabilita' e' stata di parte del popolo cristiano nelle persecuzioni di cinquant'anni fa e anche nelle persecuzioni precedenti.

In realta', quindi, dovrebbe essere un monologo ma e' un dialogo nel senso che alcuni rappresentati dell'ebraismo vengono chiamati per riflettere e, da parte cristiana si dice, avere un rapporto esplicativo e anche di testimonianza in modo da fare capire a quella parte del popolo cristiano che ci sta, cioe' che e' disposto a fare questa riflessione, di metterla in condizione di conoscere alcuni contenuti autentici e, al di la' di quelli che sono i contenuti dell'ebraismo, a fine di sdrammatizzare questo stato d'animo tradizionalmente ostile del cattolicesmo anche di sdrammatizzare il rapporto sul piano personale.

In realta' si cerca di fa vedere che in fondo gli ebrei non sono le bestie strane, che gli ebrei sono persone che hanno un patrimonio religioso molto degno e molto ricco e quindi tutto questo puo' aiutare a migliorare il rapporto che il popolo cristiano ha con il problema ebraico. Dicevo prima che il discorso sul dialogo e' un discorso abbastanza recente ma in realta' noi abbiamo esempi storici molto piu' lontani nel tempo di dialogo. Penso alle dispute teologiche del medioevo anche se quelli evidentemente non erano dialoghi. Erano dialoghi apparenti in cui la parte ebraica non era in posizione paritaria, soprattutto in posizione libera di discutere, di argomentare e accettare o non l'invito. Leggevo di recente un lungo resoconto di Ramban nella disputa di Barcellona alla presenza del re, alla presenza di un rinnegato che sosteneva che il messia era venuto nella figura di Gesu' e quindi gli ebrei erano nell'errore, ecc.

E rileggendo quel lungo resoconto ci si rende conto dell'atmosfera molto pesante che gravava su quei incontri perche'; c'era la paura che, controargomentando, si potesse essere tacciati addirittura di impieta' e quindi di finire male. Quindi, l'esperienza storica di dialogo con l'ebraismo e' di questo tipo e non e' un'esperienza che ricorda o che deve ricordare nello spirito i dialoghi che oggi viene istituito. Una domanda in questo riguardo che ci si pone e' questa: che interesse pio' avere l'ebraismo di partecipare a questo confronto, a questo incontro, a questo dialogo? Interesse puo' essere quello a cui accennavo prima e cioe' che se questo puo' servire a sdrammatizzare e alleggerire questo stato di tensione e di prevenzione da parte di buona parte del popolo cristiano nel confronto degli ebrei questo e' sicuramente un bene.

Un rischio che e' insito ai danno dell'ebraismo nel dialogo e che e' avvertito molto intensamente da parte degli ebrei, soprattutto degli ebrei che sono contrari al dialogo e' che in realta', dietro questo invito si nascondo il desiderio segrete, e non tanto segreto di convertire gli ebrei, e questo sarebbe abbastanza comprensibile perche'; e' proprio strutturale alla dottrina cristiano, quello di portare verso la vera fede tutti quelli che sono fuori.

Devo dire per quelle poche esperienze che ho che quelle porzioni o quelli organismi che nell'ambito del mondo cristiano si occupano di dialogo sono persone in generale che non sono occupati da questa preoccupazione, da questo intento ma, vice versa in generale, da un'esigenza di poter superare una certa storia molto drammatica fra il popolo ebraico e il popolo cristiano. Naturalmente, se si partecipa al dialogo, bisogno partecipare con scienza e coscienza, cioe' sapere bene quelli che sono i limiti di dialogo, quelli che sono i rischi e i pericolo del dialogo e, soprattutto, sapere una cosa, sapere, che al dialogo non si va assolutamente per fare prevalere una o l'altra posizione dottrinale, perche'; ognuno resta della propria idea e della propria opinione e cosi' e' e cosi' re bene che sia.

Si va soltanto quando ci si va, quando ci sono le condizioni e quelle premesse, proprio per cercare di far penetrare nei cristiani o in quei cristiani che partecipano, far penetrare delle idee meno drammatiche, meno false, in maniera che con tempo questo possa portare un contributo alla lotta contro l'antisemitismo. Naturalmente, la delusione e' in ragione dell'aspettativa. Se uno va con l'idea di cambiare il mondo, di cambiare la mentalita' del mondo cristiano, e' chiaro che poi si trova deluso. Bisogno andare ma bisogna andare senza falsi illusioni, ma con la conoscenza e l'onesta' di dare un contributo alla verita' e in vista dell'abbattimento o dell'indebolimento dell'antisemitismo che e' presente nel mondo cristiano.

A questo proposito vorrei dirvi, anche se certamente lo sapete, che nel mondo cristiano coloro son sinceramente desiderosi del dialogo costituiscono una porzione molto modesta. Il grosso del mondo cristiano non e' affatto favorevole al dialogo. Voi sapete benissmo che quando c'e' stato la visita molti anni fa del Papa al Bet Haknesset di Roma, c'erano delle componenti oltranziste, che era un gruppo molto rappresentativo, molto significativo del mondo cattolico che distribuivano dei volantini in cui dicevano che il papa e' matto. Quindi, non ci facciamo illusioni perche'; l'atteggiamento dominante del mondo cristiano e cattolico nei confronti degli ebrei, e del problema ebraico e quello tradizionale. Coloro che accettano da parte ebraica di dare una mano al progresso del dialogo si preoccupano di questa componente che e' sempre molto presente.

Vorrei dire una parola su quello che e' un aspetto proprio di questi giorni del dialogo, la visita di cardinale Lustiger in Israele e delle dichiarazioni del ***, il rabbino capo di Israele che sono dichiarazioni abbastanza polemiche. In Israele, questa idea del dialogo e' considerato un idea abbastanza singolare, abbastanza strana e quindi si ritiene che costituisca piu' un pericolo che un'utilita' perche'; si vede il cristianesimo in quell'ottica di responsabile della persecuzione, del nemico degli ebrei e quindi occorre esaminare tutti i componenti e facendo distinzioni fra luogo e luogo, fra secolo e secolo e quindi la risposta e commento polemico di Rav Laur??? Tiene conto di questa filosofia che domina ed e' abbastanza diffusA all'interno della societa' ebraico e anche della societa' religiosa.

Dall'altra parte, voi sapete che proprio in questo cinquantenario della fine della guerra e delle Shoa' ritorna quel riferimento al silenzio del Papa Pio XII contro il nazismo o questo mancato pronunciamiento in difesa del popolo ebraico perseguito e quindi alla luce di questo pensiero di questo cinquantenario ritorno molto intenso va compreso questo commento molto polemico. Certo il discorso del dialogo e' un discorso molto complicato, che significa molto problematicita'. Conclude ribadendo che, se si ritiene di dare da parte ebraica un contributo a questo desiderio di miglioramento e di risanamento del pensiero cristiano nel confronto del popolo ebraico, occorre andare con molto chiarezza di idee, senza farsi illusioni, e molta fermezza nell'affermare quello che si deve affermare e escludere quello che si deve escludere.

Rav Laras

Torna all'indice