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ott 23, 2001 |
Aspetti di vita ebraica,  |
redazione

Kirk Douglas, un duro con la Torah nel cuore

C'e' la passione travolgente, l'incesto, l'assassinio, l'adulterio... Non ci manca nulla. La piu' grande sceneggiatura mai realizzata e' proprio questa.
Nella sua casa di Beverly Hills, stracolma d'oggetti d'arte ma non sfarzosa, Kirk Douglas accoglie cosi' i giornalisti che vanno a trovarlo in questi giorni alla vigilia dell'uscita del suo quinto e sesto libro. Sul tavolo tiene quella che chiama la sua sceneggiatura preferita: una Torah , una Bibbia ebraica, di cui ha scoperto i contenuti solo in tarda eta'. Con 82 film (e quasi altrettanti anni di vita) alle spalle, il giudizio di uno degli ultimi mostri sacri di Hollywood appare autorevole, ma e' recepito con un certo imbarazzo dalla societa' degli ebrei ortodossi cui Douglas sente ormai di appartenere.

Per capire qualcosa di se stesso, racconta, e' stato necessario percorrere una lunga strada a ritroso, alla riscoperta di radici troppo a lungo ignorate. Dando addio all'immagine di esperto e spesso spietato interprete d'innumerevoli western, Douglas si riscopre cosi' Issur Danielovitch, figlio di poveri immigrati analfabeti, sbarcati ad Ellis Island in mezzo a migliaia di altri ebrei russi affamati. La fuga da un'eredita' che doveva essere dimenticata al piu' presto, l'entrata al college per meriti sportivi con il nome di Isadore (Izzy) Demsky, hanno costituito il preludio di un'esistenza spavalda e ricca di successi.

Agilmente sorpassata la biblica misura media di vita dei 70 anni, Kirk attende impazientemente di raggiungere l'ottantatreesimo compleanno per assaporare una seconda volta quell'eta' magica delle 13 primavere che consentono a ogni adolescente ebreo di entrare nella societa' adulta.

Il pacemaker, le dure prove impostegli dal terribile incidente in elicottero da cui sei anni fa usci' vivo per miracolo, un infarto recente: niente di tutto cio' sembra poter oscurare la sua seconda adolescenza, ne' far vacillare i mille progetti che l'attore continua a mettere in cantiere.

L'editore Simon & Schuster sta per mandare in libreria i suoi ultimi libri, uno dedicato ai lettori adulti (molti critici hanno ammesso di preferirlo come autore, piuttosto che sullo schermo) e l'altro ai bambini. Riprendendo con ancor maggiore intensita' temi gia' accennati nelle sue opere precedenti, l'attore racconta la sua tardiva, ma minuziosa riscoperta dell'identita' religiosa e culturale. Saranno, grazie a un battage pubblicitario considerevole, protagonisti della rentre'e autunnale sugli scaffali delle librerie.

Non per questo Douglas ha intenzione di abbandonare il cinema, anche se promette che d'ora in poi la rivoltella restera' nel cassetto.

La sua prima collaborazione con il figlio maggiore michael e' gia' in cantiere. Un canto di David il nome del film, che riprende i versi introduttivi di molti salmi composti dal re biblico. La trama sara' profondamente autobiografica: un vecchio in caccia dell'identita' ebraica perduta a confronto con un figlio lanciato verso il successo e alienato dal lavoro.

Se il signore vorra', come dice prudentemente, in agenda c'e' un appuntamento alla casa bianca: il 23 dicembre, quando come ogni anno il presidente accendera', alla presenza delle massime autorita' ebraiche e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu il primo lume del candelabro a nove braccia in occasione della festa ebraica di Hanukah. E tanti altri gia' nei prossimi giorni. Per donare campi da gioco ai bambini dei quartieri poveri di Los Angeles e in Israele, programmi di assistenza ai malati di aids e ai senza tetto, una sezione dedicata ai malati del morbo di Alzheimer in un ospedale frequentato a vecchie glorie dello spettacolo, accessi in molti teatri per gli handicappati, senza dimenticare il progetto piu' ambizioso: un teatro da due milioni di dollari di fronte al muro occidentale nella citta' vecchia di Gerusalemme. Fra i sogni ancora da realizzare niente follie hollywoodiane, ma piuttosto i desideri spesso insoddisfatti della classe media ebraica statunitense: visitare ancora Israele, vedere l'alba dalla cima del monte Sinai, che oggi si trova in territorio egiziano.

Per la maggior parte della sua vita Douglas e' stato nella migliore delle ipotesi un ebreo scarsamente consapevole. Negli anni del college, confessa oggi, si vergognava delle proprie origini e tentava di passare per il figlio di un matrimonio misto. Il traumatico risveglio e' avvenuto nel 1991, quando il suo elicottero fu centrato da un aereo da turismo e nella sciagura morirono due giovani. L'incidente, racconta, gli provoco' la dolorosa compressione della spina dorsale e lo costrinse a interrogarsi sul significato della sua sopravvivenza. Ho cominciato a credere racconta nel suo ultimo libro di essere stato risparmiato solo per un motivo: non avevo ancora capito perche' sono ebreo, che cosa significa essere ebrei.

Un intenso corso di studi ebraici fra Los Angeles e Gerusalemme in compagnia di due giovani rabbini ortodossi, David Aaron di Isralight e Nachum Braverman di Esh Hatorah ha fatto il resto. Oggi Douglas va fiero della propria identita' e dedica molto tempo allo studio dei testi sacri, ma non per questo si considera soggetto a tutte le complesse leggi che regolano la vita di un ebreo ortodosso. Evidenzia volentieri, pero', ogni piccola conquista. Vado regolarmente in sinagoga assicura e ogni sabato accendo le tradizionali candele per accogliere il giorno festivo. Da molti anni non mi sogno di mangiare durante il giorno di Kippur.

Ann, la seconda moglie che gli sta a fianco da 43 anni, non e' ebrea. Nata in Germania e cresciuta in Belgio, porta a Beverly Hills un tocco di Europa. Vivere con Kirk sospira e' come godersi un bel giardino in prossimita' di un vulcano. I figli Joel, Peter ed Eric, come pure il primogenito Michael, non possono essere automaticamente riconosciuti dalla legge ebraica. Douglas non sembra preoccuparsene. A suo tempo aveva proibito loro di intraprendere la carriera cinematografica. Ormai - commenta ho capito che ognuno deve seguire la propria strada. Tutti e quattro sono impegnati sul set, come attori o produttori. Forse un giorno anche loro prenderanno in mano la piu' grande sceneggiatura di tutti i tempi.



Scalando la montagna. La mia ricerca di un significato (Climbing the mountain. My search for meaning) e Lo specchio spezzato (The broken mirror). Questi i titoli degli ultimi due libri di Kirk Douglas che l'editore Simon & Schuster sta facendo arrivare nelle librerie statunitensi prima del capodanno ebraico (quest'anno cade il 2 ottobre). Dopo i primi tentativi autobiografici (Il figlio di un venditore di stracci, Rizzoli 1989 e Un destino nella polvere, Sperling & Kupfer 1995) in cui l'attore rievoca fra l'altro la figura del padre, ebreo russo semianalfabeta in fuga dai Pogrom di Alessandro III, Douglas racconta oggi, con umilta' e senso dello spirito, la sua lunga ricerca spirituale verso l'identita' ebraica. Lo specchio spezzato e' invece il suo primo libro dedicato al pubblico infantile. Protagonista un ragazzo ebreo, orfano dopo l'olocausto, che nega la propria identita' ebraica e quindi la riscopre con fierezza.

Amos Vitale