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feb 7, 2004 |
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redazione

Amo di pi la Sua Legge

Conversazione di un ebreo laico sulla propria identit
di Mario Zanchini
Treviso
15 febbraio 2002

Capitolo 1: premesse

Amare la Torah pi di D-o stesso il paradosso della religiosit e della cultura giudaica ed , al contempo, la ragione, forse la pi profonda, della sopravvivenza del mondo ebraico a tutte le avversit della storia. Scrive E. Lvinas: "Noi pensiamo che qui si riveli, al contrario, la fisionomia particolare dellebraismo: il rapporto tra Dio e luomo non comunanza di sentimenti damore per un Dio incarnato, ma relazione tra spiriti: intermediario un insegnamento, la Torah. E proprio una parola, non incarnata da Dio, che garantisce la presenza di un Dio vivente in mezzo a noi. La fiducia in un Dio che non si manifesta attraverso alcuna autorit terrestre non pu riposare che sullevidenza interiore e sul valore di un insegnamento. Tale fiducia, sia detto a onore dellebraismo, non affatto cieca. Da cui la frase di Yssl ben Yssl - punto culminante del monologo che riecheggia tutto il Talmud: " Io lo amo, ma amo di pi la sua Legge, e continuerei a osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui ". Bestemmia? Quanto meno protezione contro la follia di un contatto diretto col Sacro senza la mediazione della ragione. Ma soprattutto, fiducia che non riposa sul trionfo di unistituzione, evidenza interiore della morale contenuta nella Legge." (Emmanuel Lvinas, "Aimer la Thora plus que Dieu" da "Difficile libert. Essais sur le judasme", Albin Michel, Paris, 1963 e 1995.).

La centralit del Libro nel vissuto intimo e profondo di ogni ebreo, il senso del sacro che da Esso promana, il suo valore salvifico, costituiscono da sempre la radice profonda dellebraismo. Ma come possibile amare la Torah pi di D-o medesimo che ne lispiratore? La risposta da ricercarsi nellelemento centrale dellarchitettura religiosa ebraica: la ineffabilit di D-o che , secondo il testo biblico, parola creatrice: "Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu.Dio disse: "Sia il firmamentoDio disse: "Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo".

Il popolo del monoteismo attribuisce alla parola di D-o la creazione del mondo, ma si nega la possibilit di nominarlo, rappresentarlo, indagarlo e affida questo divieto a uno dei pi difficili e importanti Comandamenti: "Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo D-o, perch il Signore non lascer impunito chi pronuncia il suo nome invano."(Esodo, 20, 7).

Questo Comandamento, insieme con i due che lo precedono,- "Io sono il Signore, tuo D-o, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavit: non avrai altri di di fronte a me."

"Non ti farai idolo n immagine alcuna di ci che lass nel cielo n di ci che quaggi sulla terra, n di ci che nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perch io, il Signore, sono il tuo D-o, un D-o geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi." (Esodo, 20, 2-6).-, preclude la possibilit di qualunque indagine ontologica sulla natura di D-o, di qualunque teologia positiva che definendo D-o e i suoi attributi nellambito necessariamente angusto dellintellettualit umana, cadrebbe inevitabilmente nellidolatria, il pi grave di tutti i peccati, e, nuovamente, precipiterebbe Israele nella condizione di schiavit dalla quale D-o lo ha liberato.

Esodo, 32
"3Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li port ad Aronne. 4Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: "Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!".

7Allora il Signore disse a Mos: "Va', scendi, perch il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto, si pervertito. 8Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto".

19Quando si fu avvicinato all'accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l'ira di Mos: egli scagli dalle mani le tavole e le spezz ai piedi della montagna. 20Poi afferr il vitello che quelli avevano fatto, lo bruci nel fuoco, lo frantum fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell'acqua e la fece trangugiare agli Israeliti.

21Mos disse ad Aronne: "Che ti ha fatto questo popolo, perch tu l'abbia gravato di un peccato cos grande?".

. 26Mos si pose alla porta dell'accampamento e disse: "Chi sta con il Signore, venga da me!". Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. 27Grid loro: "Dice il Signore, il Dio d'Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell'accampamento da una porta all'altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente".

28I figli di Levi agirono secondo il comando di Mos e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo. 29Allora Mos disse: "Ricevete oggi l'investitura dal Signore; ciascuno di voi stato contro suo figlio e contro suo fratello, perch oggi Egli vi accordasse una benedizione".

31Mos ritorn dal Signore e disse: "Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. 32Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!".

"33Il Signore disse a Mos: "Io canceller dal mio libro colui che ha peccato contro di me."

35Il Signore percosse il popolo, perch aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne.

Esodo, 33
5Il Signore disse a Mos: "Riferisci agli Israeliti: Voi siete un popolo di dura cervice; se per un momento io venissi in mezzo a te, io ti sterminerei. Ora togliti i tuoi ornamenti e poi sapr che cosa dovr farti".

6Gli Israeliti si spogliarono dei loro ornamenti dal monte Oreb in poi.

20 [Il Signore] Soggiunse: "Ma tu non potrai vedere il mio volto, perch nessun uomo pu vedermi e restare vivo".

Evidente dunque la condanna radicale dellidolatria:

Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto. -
che produce lo scontro fratricida, appena mitigato dalla piet di Mos:
- Che ti ha fatto questo popolo, perch tu l'abbia gravato di un peccato cos grande?-
Altrettanto evidente limpossibilit di conoscere il volto e lidentit di D-o:
- "Ma tu non potrai vedere il mio volto, perch nessun uomo pu vedermi e restare vivo".

Un D-o, dunque, quello dIsraele che verbo, parola:

6Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
7Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.

8Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
9perch egli parla e tutto fatto,
comanda e tutto esiste.

(Salmo 33, 6-9)

parola che non si incarna, ma che diventa Libro, legge, insegnamento, memoria per un popolo dalla "dura cervice".

Capitolo 2: lidentit ebraica

Non mia intenzione tentare di definire lidentit di un popolo in diaspora da 2000 anni, presente in ogni angolo del pianeta, che parla tutte le lingue dopo aver, spesso, dimenticato la propria, integrato o assimilato con tutti i popoli della terra, che ha perfino abbracciato religioni diverse da quella dorigine. Si possono tuttavia stabilire alcuni criteri, scrive E. Saracini: " Chi sono gli ebrei? gli ebrei vanno tenuti ben distinti dagli israeliani; sarebbe erroneo identificare gli ebrei con i seguaci della religione ebraica, giacch relativamente pochi ebrei lo sono e non tutti coloro che lo sono vengono ritenuti ebrei dai non ebrei; sarebbe ancora pi erroneo definire "semiti" gli ebrei, dal momento che non tutti gli ebrei sono semiti, e viceversa; " (E. Saracini, Breve storia degli Ebrei e dellantisemitismo - Mondadori 1977). Ma si tratta essenzialmente di criteri negativi: pi facile dire che cosa gli Ebrei non sono, piuttosto che il contrario. In questo senso, forse, il problema del popolo dIsraele non esiste pi di quanto esista quello di altri popoli estirpati dai loro territori in tempi remoti e sopravvissuti in piccole comunit integrate o tollerate o assimilate in seno ad altre etnie, non importa se etruschi, maya o semplicemente italiani emigrati in altri paesi da qualche generazione. Sono stati i razzisti fascisti e nazisti a voler stabilire dei criteri pseudo-scientifici per lindividuazione certa degli ebrei finalizzata alla loro eliminazione sociale, politica, fisica: 3. Il concetto di razza concetto puramente biologico. Esso quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Per alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non solo perch essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perch la costituzione razziale di questi popoli diversa.

9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si mai assimilata in Italia perch essa costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

(dal "Manifesto degli scienziati razzisti", pubblicato sul "Giornale d'Italia" il 14 luglio 1938)

Ebrei di cittadinanza italiana

Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l'appartenenza o meno alla razza ebraica, stabilisce quanto segue: a) di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei; b) considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da madre di nazionalit straniera; c) considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un matrimonio misto, professa la religione ebraica; d) non considerato di razza ebraica colui che nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all'infuori della ebraica, alla data del 1 ottobre XVI.

(da: "Dichiarazione sulla razza", approvata da Gran consiglio del fascismo il 6 ottobre 1938, e pubblicata sul "Foglio d'ordine" del Partito nazionale fascista, il 26 ottobre 1938.).

Allo scopo delleliminazione di cui si diceva il criterio pi chiaro lo espresse, con esemplare concisione, il feldmaresciallo Hermann Gring:

" Chi ebreo lo decido io".

Per altro verso anche il Sionismo revanchista, spinto dalla discriminazione antisemita, ha voluto stabilire i criteri identificativi di un intero popolo.

A. Einstein, invece, su un modulo per lespatrio alla voce "razza" scrisse semplicemente: umana.

Il problema che io vorrei trattare invece quello dellidentit propria del singolo uomo che si senta ebreo oppure no: un problema che riguarda la propria coscienza, ma che non esiste e non ha soluzione se non in relazione agli altri: " Per ottenere una verit qualunque sul mio conto, bisogna che la ricavi tramite l'altro. L'altro indispensabile alla mia esistenza, cos come alla conoscenza che io ho di me. In queste condizioni, la scoperta della mia intimit mi rivela, nello stesso tempo, l'altro come una libert posta di fronte a me, la quale pensa e vuole soltanto per me o contro di me. Cos scopriamo un mondo che chiameremo intersoggettivit; cos luomo decide ci che egli e ci che sono gli altri."

(Jean-Paul Sartre, "L'esistenzialismo un umanismo" 1946).

Ecco che cosa scrive Primo Levi del filosofo austriaco Hans Mayer alias Jean Amry,

deportato ad Auschwitz e morto suicida nel 1978:

" a lui, di essere ebreo non importa, ma per i nazisti le sue opinioni e tendenze non hanno alcun peso; la sola cosa che conti il sangue, ed il suo impuro quanto basta per farne un nemico del Germanesimo.

Lui, ebreo non si considera: non conosce l'ebraico n la cultura ebraica, non d ascolto al verbo sionista, religiosamente un agnostico. Neppure si sente in grado di costruirsi un'identit che non ha: sarebbe una falsificazione, una mascherata. Chi non nato entro la tradizione ebraica non un ebreo, e difficilmente pu diventarlo: per definizione, una tradizione viene ereditata; un prodotto dei secoli, non si fabbrica a posteriori. Eppure, per vivere occorre unidentit, ossia una dignit. Per lui i due concetti coincidono, chi perde l'una perde anche l'altra, muore spiritualmente: privo di difese, quindi esposto anche alla morte fisica. Ora, a lui, ed ai molti ebrei tedeschi che come lui avevano creduto nella cultura tedesca, l'identit tedesca viene denegata: dalla propaganda nazista, sulle immonde pagine dello Sturmer di Streicher, l'ebreo viene descritto come un parassita peloso, grasso, dalle gambe storte, dal naso a becco, dalle orecchie a sventola, buono solo a danneggiare gli altri. Tedesco non , per assioma; anzi, basta la sua presenza a contaminare i bagni pubblici e perfino le panchine dei parchi.

Da questa degradazione, Entwrdigung, impossibile difendersi. Il mondo intero vi assiste impassibile; gli ebrei tedeschi stessi, quasi tutti, soggiacciono alla prepotenza dello Stato e si sentono obiettivamente degradati. Il solo modo per sottrarvisi paradossale e contraddittorio: accettare il proprio destino, in questo caso l'ebraismo, ed in pari tempo ribellarsi contro la scelta imposta. Per il giovane Hans, ebreo di ritorno, essere ebreo simultaneamente impossibile ed obbligatorio; la sua spaccatura, che lo seguir fino alla morte e la provocher, incomincia di qui."

(da: Primo Levi, "I sommersi e i salvati", Einaudi 1986 pagg. 102-103)

"Ebreo di ritorno", questa definizione sembra dar ragione a J.P. Sartre che scrive:

"Lebreo un uomo che gli altri uomini considerano ebreo: ecco la verit semplice da cui bisogna partire. In questo senso il democratico ha ragione contro lantisemita: lantisemita che fa lebreo."

(da: J. P. Sartre, "Lantisemitismo riflessioni sulla questione ebraica - Mondadori 1990)

Tuttavia lanalisi sartriana non sufficiente a spiegare la persistenza o il riemergere dellidentit ebraica perch presuppone che, in mancanza di discriminazioni antisemite, lassimilazione degli ebrei agli altri popoli sarebbe cosa fatta. Ci potrebbe essere vero per lappunto per il popolo disraele, ma molto meno per il singolo individuo. Sartre inoltre sottovaluta limportanza della religione e della cultura ebraica, cio della Torah.

Ecco la dichiarazione di Nello Rosselli al convegno giovanile ebraico tenutosi a Livorno nel novembre 1924, quando ancora erano lontani i timori delle discriminazioni:

"".... Io sono un ebreo che non va al tempio il sabato, che non conosce lebraico, che non osserva alcuna pratica di culto. Eppure io tengo al mio ebraismo e voglio tutelarlo da ogni deviazione, che pu anche essere amplificazione, come attenuazione... ". " ...Ma voi direte: allora, in che ti senti ebreo? Cos questo ebraismo al quale tieni cos gelosamente?...".

" Mi dico ebreo, tengo al mio ebraismo perch indistruttibile in me la coscienza monoteistica, che forse nessunaltra religione ha espresso con tanta nettezza, perch ho vivissimo il senso della mia responsabilit personale e quindi della mia ingiudicabilit da altri che dalla mia coscienza e da Dio; perch mi ripugna ogni pur larvata forma didolatria; perch considero con ebraica severit il compito della nostra vita terrena e con ebraica serenit il mistero doltre tomba; perch amo tutti gli uomini [...] e ho quindi quella concezione sociale che mi pare discenda dalle nostre migliori tradizioni; perch ho quel senso religioso della famiglia che, a chi ci guarda dal di fuori, appare veramente come una fondamentale e granitica caratteristica della societ ebraica... ""

(da: Eugenio Saracini"Breve storia degli ebrei e dellantisemitismo" Mondadori ed. 1990)

Si tratta di unesplicita dichiarazione di anti-assimilazionismo e di profonda fede laica nei valori della cultura ebraica, una orgogliosa rivendicazione di appartenenza che, indipendentemente da ogni ortodossia religiosa, da ogni connotazione socialmente riconoscibile, da ogni dogma, esprime una intima, consapevole, libera e tuttavia irrinunciabile scelta vocazionale: un atto di fede e non semplicemente un credo. Un credo nasce dal complesso dogmatico-dottrinale di una religione che si istituzionalizza: un atto pubblico, pu seguire la fede, non precederla. Una fede, al contrario, profondamente inscritta nel DNA culturale di un individuo, un criterio intimo di orientamento nel mondo, una categoria dello spirito.

Lo scrittore ebreo-lituano Zvi Kolitz, in un piccolo libro paradigmatico dellidentit ebraica, fa dire al protagonista Yossl Rakover:

""Sono fiero del mio essere ebreo. Perch essere ebreo un'arte. Perch essere ebreo difficile

Sono felice di appartenere al pi infelice di tutti i popoli della terra, la cui Legge rappresenta il grado pi alto e pi bello di tutti gli statuti e le morali. Adesso questa nostra Legge resa ancor pi santa ed eterna dal fatto d'essere cos violata e profanata dai nemici di Dio

..Credo nel Dio d'Israele, anche se ha fatto di tutto perch non credessi in lui. Credo nelle sue leggi, anche se non posso giustificare i suoi atti. Il mio rapporto con lui non pi quello di uno schiavo verso il suo padrone, ma di un discepolo verso il suo maestro. Chino la testa dinanzi alla sua grandezza, ma non bacer la verga con cui mi percuote. Io lo amo, ma amo di pi la sua Legge, e continuerei a osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui. Dio significa religione, ma la sua Legge rappresenta un modello di vita, e quanto pi moriamo in nome di quel modello di vita, tanto pi esso diventa immortale.""

(Zvi Kolitz Yossl Rakover si rivolge a Dio Adelphi 1997)

Capitolo 3: laicismo, sordit di D-o.

Ho parlato di fede laica e ho citato le parole di Y. Rakover circa il suo amore per la Legge indipendentemente dalla fiducia in D-o. Ma che cosa si deve intendere per "laicismo"? Secondo N. Abbagnano: "Con questo termine si intende il principio dellautonomia delle attivit umane, cio lesigenza che tali attivit si svolgano secondo regole proprie, che non siano ad esse imposte dallesterno, per fini o interessi diversi da quelli cui esse si ispirano. Questo principio universale e pu essere legittimamente invocato in nome di qualsiasi attivit umana legittima: intendendosi per attivit "legittima" ogni attivit che non ostacoli, distrugga o renda impossibile le altre. Pertanto esso non pu essere inteso solamente come la rivendicazione dellautonomia dello Stato di fronte alla Chiesa o per meglio dire al clero; giacch servito anche, come la sua storia dimostra, alla difesa dellattivit religiosa contro quella politica e serve anche oggi in molti paesi a questo scopo; come serve a quello di sottrarre la scienza o in generale la sfera del sapere alle influenze estranee e deformanti delle ideologie politiche, dei pregiudizi di classe o di razza, ecc

Riconosciuto nella sua struttura concettuale e storica, il principio del L. non mostra alcun carattere di antagonismo con alcuna forma di religiosit, neppure col cattolicesimo."

(dal "Dizionario di Filosofia" di Nicola Abbagnano, ed. UTET 1971).

Chiameremo dunque laicismo il principio e laicit lo stato dindipendenza di cui s parlato.

Singolarmente le affermazioni dellebreo laico Rosselli, del credente Yossl Rakover, del non ebreo e ateo dichiarato J.P. Sartre convergono sulla autonomia della legge morale rispetto al credo religioso, cio sulla sua laicit: " Ma lumanismo ha un altro senso ed , in sostanza, questo: luomo costantemente fuori di se stesso; solo proiettandosi e perdendosi fuori di s egli fa esistere luomo e, daltra parte, solo perseguendo fini trascendenti, egli pu esistere; luomo, essendo questo superamento e non cogliendo gli oggetti che in relazione a questo superamento, al cuore, al centro di questo superamento. Non c altro universo che un universo umano, luniverso della soggettivit umana

Umanismo, perch noi ricordiamo alluomo che non c altro legislatore fuori di lui e che proprio nellabbandono egli decider di se stesso; e perch noi mostriamo che, non nel rivolgersi verso se stesso, ma sempre cercando fuori di s uno scopo, - che quella liberazione, quellattuazione particolare, - luomo si realizzer precisamente come umano...

Lesistenzialismo non ateismo nel senso che si esaurisca nel dimostrare che Dio non esiste; ma preferisce affermare: anche se Dio esistesse, nulla cambierebbe; ecco il nostro pensiero. Non che noi crediamo che Dio esista; ma noi pensiamo che il problema non sia quello della sua esistenza; bisogna che luomo ritrovi se stesso e si persuada che nulla pu salvarlo da se stesso, fosse pure una prova valida dellesistenza di Dio."

(da: Jean-Paul Sartre, "L'esistenzialismo un umanismo" 1946).

Lebreo non credente S. Freud esprime cos la sua convinzione circa la necessit di una morale laica:

"La civilt ha poco da temere dagli uomini colti e da chi si dedica al lavoro intellettuale. In essi, per quanto riguarda il comportamento civile, la sostituzione dei motivi religiosi con motivi diversi, laici, pu avvenire senza strepito; essi stessi sono inoltre in gran parte portatori di civilt. Le cose stanno altrimenti per quanto riguarda la gran massa degli incolti, degli oppressi, che hanno tutti i motivi di essere nemici della civilt. Tutto va bene finch non si accorgono che non si crede pi in Dio. Ma se ne accorgeranno, immancabilmente, anche se questo mio scritto non sar pubblicato. E sono pronti ad accettare i risultati del pensiero scientifico senza che si sia in essi prodotto il mutamento che il pensiero scientifico induce nelluomo. Non sussiste allora il pericolo che lavversione di queste masse per la civilt converga sul punto debole da esse individuato in colei che li domina con la coercizione? Se non lecito ammazzare il prossimo solo perch il buon Dio lo ha vietato e ci punir severamente in questa o nellaltra vita, e se scopriamo peraltro che il buon Dio non esiste e non abbiamo da temere alcun castigo, non v dubbio che a questo punto lammazziamo senza esitazione e possiamo venir trattenuti dal farlo soltanto da una forza terrena. Dunque, o tenere rigidamente a freno queste masse pericolose, precluderne con attenzione estrema laccesso a qualsiasi occasione di risveglio intellettuale, oppure revisione radicale del nesso civilt-religione."

(da: S. Freud, "Il disagio della civilt e altri saggi", Torino, Boringhieri, 1971)

Ben oltre lo stato di incredulit, nellabbandono che la fede nella Legge si manifesta, pur nellamara consapevolezza che lo sguardo di D-o volto altrove:

"Tu dici che ora non si tratta di colpa e punizione, ma che hai nascosto il Tuo volto, abbandonando gli uomini ai loro istinti? Ti voglio chiedere, Dio, e questa domanda brucia dentro di me come un fuoco divorante: Che cosa ancora, s, che cosa ancora deve accadere perch Tu mostri nuovamente il Tuo volto al mondo?

Ti voglio dire in modo chiaro e aperto che ora pi che in qualsiasi tratto precedente del nostro infinito cammino di tormenti, noi torturati, disonorati, soffocati, noi sepolti vivi e bruciati vivi, noi oltraggiati, scherniti, derisi, noi massacrati a milioni, abbiamo il diritto di sapere: Dove si trovano i confini della Tua pazienza?

E qualcosa ancora Ti voglio dire: Non tendere troppo la corda, perch, non sia mai, potrebbe spezzarsi. La prova cui Tu ci hai sottoposti cos ardua, cos insostenibilmente ardua, che Tu devi, Tu hai l'obbligo di perdonare quanti nel Tuo popolo si sono allontanati da Te nella loro disgrazia e nella loro indignazione.

Perdona quelli che si sono allontanati da Te nella loro disgrazia, ma anche quanti nel Tuo popolo si sono allontanati da Te nella loro fortuna. Hai trasformato la nostra esistenza in una lotta cos orribile e infinita che i vigliacchi tra noi hanno per forza cercato di evitarla, di fuggirla ovunque potessero. Non li punire per questo: i vigliacchi non si puniscono, i vigliacchi si compatiscono. E di loro pi che di noi abbi misericordia, Dio.

Perdona quelli che hanno bestemmiato il Tuo nome, che sono andati a servire altri di, che sono diventati indifferenti verso di Te. Tu li hai percossi a tal punto che non credono pi che Tu sia il loro padre, che ci sia comunque un padre per loro."

(Zvi Kolitz Yossl Rakover si rivolge a Dio Adelphi 1997)

E come non dubitare dellesistenza di un padre di fronte a secoli di persecuzioni, violenze, pogrom e infine di fronte allorrore sconfinato della shoa: un abisso di atrocit premeditate, organizzate fin nei dettagli pi macabri, perpetrate nellindifferenza generale che ha inghiottito le vite di almeno 6.000.000 di ebrei, del 90% dei bambini ebrei che allepoca vivevano.

Scrive ancora E. Lvinas:

"Che cosa significa questa sofferenza degli innocenti? Non testimonia forse di un mondo senza Dio, di una terra dove luomo soltanto la misura del Bene e del Male? La reazione pi semplice, la pi comune sarebbe una scelta di ateismo. E sarebbe anche la pi giusta per tutti coloro ai quali un Dio un po elementare ha finora distribuito premi, inflitto sanzioni o perdonato errori e che, nella sua bont, ha trattato gli uomini da eterni bambini. Ma che demone ottuso, che strano mago avete dunque insediato nel vostro cielo voi che, oggi, lo definite deserto? E perch sotto un cielo vuoto cercate ancora un mondo sensato e buono?

Che Dio c, Yossl figlio di Yossl lo prova con una forza nuova, sotto un cielo vuoto. Perch se lui esiste nella sua assoluta solitudine per sentire sulle proprie spalle tutte le responsabilit di Dio. Sulla strada che porta al Dio unico c una stazione senza Dio. Il vero monoteismo ha il dovere di rispondere alle legittime esigenze dellateismo. Un Dio per adulti si manifesta per lappunto attraverso il vuoto del cielo infantile."

(Emmanuel Lvinas, "Aimer la Thora plus que Dieu" da "Difficile libert. Essais sur le judasme", Albin Michel, Paris, 1963 e 1995.).

Lebreo Cristo sperimenta labbandono nel momento ultimo della sua maturit di uomo: "

45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. 46Verso le tre, Ges grid a gran voce: "El, El, lem sabactni?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato?". (Vangelo secondo Matteo, 27, 45-46).

Tuttavia se il silenzio di D-o, la sua sordit hanno spinto molti ebrei allincredulit, limite estremo dellineffabilit, non hanno cancellato dallanimo ebraico le tracce dei Suoi insegnamenti, la presenza profonda della Torah.

Ancora Lvinas:

"La vera umanit delluomo e la sua virile dolcezza entrano nel mondo con le parole severe di un Dio esigente; lo spirituale non si concede come una sostanza sensibile, ma attraverso lassenza; Dio si concreta non mediante lincarnazione, ma mediante la Legge"

"Amare la Torah ancor pi che Dio per lappunto accedere a un Dio personale contro il quale ci si pu rivoltare, per il quale, cio, si pu morire."

Il Libro per generazioni salmodiato, studiato, letto, raccontato, copiato, ascoltato, interpretato, criticato, vissuto si cos profondamente radicato nella cultura ebraica da diventare la prima categoria mentale di ogni ebreo, il suo DNA spirituale. Ma la trasmissione di questa specie di gene culturale non avviene, come pensavano i razzisti fascisti, attraverso il sangue, il veicolo di questo patrimonio dellanima non ha natura biologica, ma affettiva: la madre ebrea che mormora al figlio le prime storie del Libro, che insegna al figlio che ci vollero quarantanni al popolo dIsraele per uscire dal deserto, lei che gli insegna i Comandamenti, che gli parla del diluvio. E lei che gli trasmette il senso della sacralit della famiglia, della memoria, della responsabilit personale, il senso della giustizia e della incancellabilit del peccato. Non importa se sia colta o no, se conosca bene o male la Torah, se possiede, anche in piccola parte, cultura ebraica la trasmetter al figlio. I razzisti si preoccupavano del padre ebreo, ma, come tutti gli sciocchi, sottovalutavano le donne.

Cos possibile essere non credenti o quantomeno aver sospeso ogni giudizio sullesistenza di D-o, vivere drammaticamente il Suo silenzio e tuttavia accettare i suoi insegnamenti e comandamenti, ma, si badi, non soltanto per il loro valore civile in funzione strettamente e utilitaristicamente politico, perch in quanto tali potrebbero comunque essere oggetto di revisione, ripensamento, manipolazione, ma proprio perch unica manifestazione del Padre, sua unica epifania e pertanto rivestiti di intangibile sacralit: Legge sacra che istituisce il consorzio umano e la cui violazione ripiomba lumanit nella barbarie (il nazismo). Il verbo non si fatto carne, rimasto verbo scritto dal dito di D-o sulle tavole dellalleanza e nelle pagine della Torah che essendo destinata agli uomini deve essere da tutti loro comprensibile mediante la ragione, sia pure attraverso limpegno e la fatica dello studio, la disciplina delle regole. A questo impegno nessun ebreo pu sottrarsi. Come un buon padre, anche dopo la morte, continua a vivere nei figli attraverso gli insegnamenti e le memorie che ha lasciato loro, cos D-o, anche se scomparso ai nostri occhi, vive nei nostri atti ispirati dal Suo insegnamento. D-o non parla pi agli uomini, ma ha lasciato loro la Sua parola: i Comandamenti, rivelati a tutto il popolo dIsraele e la Torah ispirata a Mos: (Esodo, 20, 18-22),

"18Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano.

19Allora dissero a Mos: "Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!".

20Mos disse al popolo: "Non abbiate timore: Dio venuto per mettervi alla prova e perch il suo timore vi sia sempre presente e non pecchiate".

21Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mos avanz verso la nube oscura, nella quale era Dio.

22Il Signore disse a Mos: "Dirai agli Israeliti: Avete visto che vi ho parlato dal cielo!"

Capitolo 4: centralit della Torah

Un giovane vorrebbe convertirsi allebraismo, ma vuole sapere prima da un rabbino come sia fatto lal di l degli ebrei. Il rabbino cerca di dissuaderlo, ma il giovane insiste, finch il rabbino accetta di accompagnarlo a vedere laldil ebraico. Dopo giorni e giorni di cammino attraverso territori sempre pi aridi e desolati, giungono presso un acquitrino squallido e maleodorante in mezzo al quale sorgono fatiscenti capanne a palafitta. Su ogni palafitta un ebreo macilento e cencioso, ma con unespressione beata dipinta sul volto, immerso nella lettura di un libro.

Il giovane, sgomento e sorpreso, chiede al rabbino:
E sicuro che questo sia il Paradiso ebraico?
Si risponde il rabbino,
Ma, un posto orribile!
Si, risponde il rabbino,
Ma, che cosa leggono con tanto interesse?
La Torah, risponde il rabbino.
Ma, non la leggevano anche prima?
Si, risponde il rabbino, ma adesso la capiscono.
E una storiella raccontata dall'attore Moni Ovadia che esprime bene, con lautoironia dellumorismo ebraico, la centralit della Torah nella vita di ogni ebreo, il sogno di ciascuno: capirla. Intorno a quel Libro si sviluppata, ed tuttora in corso, la pi imponente operazione di studio e di esegesi critica che sia mai stata realizzata. Ad essa concorrono ogni giorno da migliaia di anni, milioni di uomini cercando di trarre da ogni parola del testo sacro il senso pi autentico e vero. Le interpretazioni pi sagge e acute vengono raccolte nel Talmud, ma nel corpo vivo degli ebrei che la Torah si perpetua, nelle discussioni familiari, nel sommesso bisbigliare delle madri ai figli, nel rimprovero severo che interrompe le scaramucce tra fratelli: "non vorrete fare come Caino e Abele!".

Tutta la cultura ebraica, religiosa o laica, scientifica o umanistica, prende le mosse da quel Libro di cui si narra che preesistesse alla creazione del mondo:

" In principio, duemila anni prima del cielo e della terra, sette cose furono create: la Torah scritta con fuoco nero su fuoco bianco, che giace in grembo al Signore; il trono della Gloria, eretto su quel cielo che avrebbe poi sovrastato il capo delle hayyot; il Paradiso alla destra del Signore, lInferno alla Sua sinistra; il Santuario Celeste proprio innanzi a Dio, sul suo altare una gemma preziosa che reca inciso il nome del Messia, e una voce che grida: "Tornate, o figli delluomo" (Sal, 90, 3).

Quando Dio decise di creare il mondo si consigli con la Torah, che disse: "O Signore, un re senza esercito, senza cortigiani e senza servitori non pu certo dirsi re, poich non ha accanto a s chi gli renda lomaggio dovuto". Le sue parole piacquero molto a Dio, e in tal modo, col Suo divino esempio, Egli insegn a tutti i sovrani della terra a non intraprendere alcunch senza prima ascoltare i consiglieri.

Il consiglio della Torah fu dato con qualche esitazione. Essa dubitava del valore di un mondo terreno a causa dellempiet propria degli uomini, i quali avrebbero sicuramente trasgredito i suoi precetti.

Ma il Signore dissip i suoi dubbi e le disse che gi da tempo era stata creata la teuvah, il ravvedimento, e che i peccatori avrebbero avuto modo di emendarsi.
(Louis Ginzberg Le leggende degli Ebrei, la creazione del mondo, le prime cose a essere create Adelphi 1995)
(ibidem, il libro sacro)

"La costruzione dellarca richiese molta sapienza, poich in essa dovevano trovare posto tutti gli esseri che vivevano sulla terra, compresi gli spiriti: gli unici cui non si dovette pensare furono i pesci. No apprese le nozioni necessarie dal libro che langelo Raziel aveva dato ad Adamo, nel quale erano contenute tutte le scienze celesti e terrene."

"Sammael se ne and, ma Adamo, profondamente afflitto, si vest di sacco, si cosparse di cenere e digiun per giorni e giorni, finch Dio gli apparve e gli disse: "Figlio mio, non aver paura di Sammael. Io ti dar un rimedio che ti aiuter contro di lui, poich per Mio volere egli venuto da te". " Qual questo rimedio?" chiese Adamo. E Dio: "La Torah". "Che cosa la Torah?" domand Adamo. Allora Dio gli diede il libro dellangelo Raziel ed egli lo studi giorno e notte. Dopo qualche tempo gli angeli si recarono da Adamo, e, invidiosi della sapienza che aveva attinto dal libro, tentarono di portarlo alla perdizione con lastuzia, chiamandolo dio e prostrandosi a lui malgrado le sue rimostranze: "Non prostratevi a me, ma "magnificate il Signore con me, tutti insieme esaltiamo il Suo nome" (Sal, 34, 4)". Ma linvidia degli angeli era tale che essi gli rubarono il libro datogli da Dio e lo gettarono in mare. Adamo lo cerc invano dovunque, disperato di averlo perduto; poi digiun nuovamente per giorni e giorni finch Dio gli apparve e gli disse: " Non temere! Io ti render il libro". Egli chiam allora

Rahab, langelo del mare, e gli ordin di trarre il libro dal mare e renderlo ad Adamo. E cos fu fatto.

Alla morte di Adamo il libro sacro scomparve, ma pi tardi Enoc vide in sogno la caverna in cui era nascosto e da esso apprese la conoscenza della natura, della terra e dei cieli, divenendo cos dotto da superare Adamo in sapienza. Dopo aver imparato il libro a memoria, Enoc torn a nasconderlo.

Quando Dio decise di mandare sulla terra il diluvio, invi a No larcangelo Raffaele con questo messaggio: "Ecco, Io ti do il libro sacro affinch ti siano rivelati tutti i segreti e i misteri che contiene, e tu apprenda ad adempierne i precetti in santit, purit, modestia e umilt. Da esso imparerai come costruire unarca in legname resinoso, nella quale troverai riparo con i tuoi figli e tua moglie".

No prese il libro, e quando lo ebbe studiato lo spirito santo si pos su di lui ed egli seppe tutto ci che occorreva fare per costruire larca e radunare gli animali. Poi mise in uno scrigno doro il libro, che era fatto di zaffiri, e lo port con s nellarca dove lo consult durante tutto il viaggio per misurare il tempo e distinguere il giorno dalla notte. Prima di morire lo affid a Sem che a sua volta lo diede ad Abramo. Da Abramo il libro fu tramandato, attraverso Giacobbe, Levi, Mos e Giosu, fino a Salomone che apprese da esso tutta la sua sapienza, compresa larte di guarire i malati e di sottomettere i demoni."

Lorgoglio dellappartenenza al popolo della Legge risuona cos nelle parole di Yossl Rakover:

"Sono felice di appartenere al pi infelice di tutti i popoli della terra, la cui Legge rappresenta il grado pi alto e pi bello di tutti gli statuti e le morali. Adesso questa nostra Legge resa ancor pi santa ed eterna dal fatto d'essere cos violata e profanata dai nemici di Dio.

Penso che essere ebreo sia una virt innata. Si nasce ebrei cos come si nasce artisti. Non ci si pu liberare dall'essere ebrei. E' stata una qualit divina insita in noi ad aver fatto di noi un popolo eletto. Chi non lo comprende, non capir mai il significato pi alto del nostro martirologio. " Non vi cosa pi intatta di un cuore spezzato" ha detto una volta un grande rabbino. E non vi popolo pi eletto di uno sempre colpito. Anche se non credessi che un tempo Dio ci abbia destinati a diventare popolo eletto, crederei che ci abbiano resi eletti le nostre sciagure."

Capitolo 5: conclusioni

Lineffabilit di D-o, il divieto assoluto di ogni idolatria, lassenza di misteri e dogmi, la mancanza di una classe sacerdotale depositaria dellortodossia della fede ebraica, lassenza di ogni forma di apostolato o di proselitismo, la mancanza della nozione di "miracolo" intesa come eccezionale intervento divino in violazione delle regole immanenti della natura (Es. Sara, etc.), la diffusione capillare della Torah, il rapporto personale e inalienabile di ogni ebreo con D-o sono tutti elementi che, se da una parte conferiscono ad ogni singolo ebreo un ruolo sacerdotale, dallaltra rendono praticabile, senza grandi contraddizioni, una spiritualit laica strettamente confinante con quella religiosa e, talvolta pi intensa.

Spiega il Rabbino Elio Toaff in unintervista rilasciata ad Alain Elkann:

Domanda: Quindi sono tutti ebrei al mondo?
Risposta: No, la Tor stata data al popolo ebraico non agli altri perch per avere una missione sacerdotale ci vuole una regola da seguire e questa regola la Tor.

Domanda: E quindi gli ebrei che non seguono le regole non sono ebrei?
Risposta: No, no, sono ebrei che rinunciano a essere un popolo di sacerdoti, che hanno dimenticato questa peculiarit del popolo ebraico.

(Elio Toaff con Alain Elkann, "Essere ebreo" intervista. Bompiani 1994)

Dunque anche lebreo che non segue le regole della Torah resta ebreo, dimentico della propria missione sacerdotale, ma ebreo. Inoltre chi dimentica completamente ogni regola? Chi non conserva un frammento, sia pur piccolo, della Torah, magari un ricordo evanescente, ma ancora vivo? E chi segue le regole, ma in modo non ortodosso e letterale? Chi non dimentica mai la sua storia e i nomi dei morti e il dolore dei vivi perch li ha ereditati dalla madre e dal padre, chi segnato dalla Torah e dalla Shoa e non dimentica di pregare pur senza andare in sinagoga, chi non conosce lebraico e non rispetta i 613 precetti del Levitico, ma, come Nello Rosselli e suo fratello Carlo, crede in un unico D-o padre di tutti gli uomini e fonte di ununica legge fino al punto di sacrificare la sua vita, costui sar meno ebreo di chi rispetta tutte le regole applicando integralmente e letteralmente tutte le prescrizioni cerimoniali? Lebraismo autentico diffida di ogni integralismo intransigente perch teme lidolatria e la condanna in ogni sua forma, esso anti-idolatra per definizione, scelta responsabile e consapevole di una fede, di una filosofia, di un criterio di vita, di un sistema di regole che implicano una continua analisi di ogni proprio gesto, una scelta continua del proprio essere e del proprio agire, un continuo reinventarsi - "Si nasce ebrei cos come si nasce artisti", dice Yossl Rakover per essere migliori. La fede non pu e non deve ridursi a istituzione religiosa e tanto meno a liturgia sterile e ripetitiva.

Il laicismo ebraico pu cos essere vissuto come massima osservanza del terzo Comandamento, come libert, non arbitrio, da ogni precettistica dogmatica che riduca lo spazio di scelta e di responsabilit (necessit dellinterpretazione: il Talmud), come anti-idolatria perfino della stessa Torah:

Rabbi Nachman: il figlio del sapiente

"C'era una volta un rabbi che aveva consacrato la sua vita alla Tor. Aveva applicato tutto il suo spirito allo studio della Tor e con tutta la sua volont ne aveva custodito i precetti, perch nella sua comunit essi fossero rispettati fino nei pi piccoli particolari. Quando, giunto ormai in tarda et, gli nacque l'unico figlio, vide in questo fatto una ricompensa e una approvazione da parte di Dio. Fu per lui come se dall'alto gli fosse venuta una conferma del suo cammino, e giur a se stesso di dedicare tutti i giorni di vita che ancora gli rimanevano a far si che suo figlio, come lui, penetrasse nelle profondit della dottrina e non deviasse lo spazio d'un capello dall'osservanza della legge. Si propose di far s che egli fosse, come lui, nemico di quei fanatici che osavano intrecciare le loro stravaganti fantasticherie alla potenza eterna della Tor. Il figlio crebbe e approfond la sua conoscenza dei libri sacri. Nella casa di suo padre egli aveva una cameretta dove aveva l'abitudine di sostare per immergersi nei misteri della Scrittura. Ma la sua anima non riusciva a perseverare nello studio dei sacri libri, e il suo sguardo non riusciva a concentrarsi sulla serie infinita delle lettere immobili, ma vagava sempre, oltre l'onda dorata delle spighe, fino al profilo cupo delle lontane abetaie. Con lo sguardo fuggiva via anche l'anima e si cullava nell'aria tranquilla, come un giovane uccello. Tuttavia egli costringeva sempre di nuovo occhi e cuore a una rigida disciplina, poich desiderava la sapienza, e la sapienza si trovava certo nei libri. Ma per quanto tenesse con tutte e due le mani la testa china sui fogli coperti di segni, l'anima non si lasciava legare. E se non riusciva a nutrirsi fino a saziet guardando fuori dalla finestra, allora scrutava dentro di s come alla scoperta di un paesaggio sconosciuto e misterioso."

(Martin Buber Le storie di Rabbi Nachman TEA DUE 1999)

Il laicismo ebraico pu essere vissuto come condizione per il riconoscimento dellunico D-o (monoteismo) senza il rischio di teologie idolatre e fratricide:

Giovanni Boccaccio, Decameron Prima giornata, terza novella
Melchisedech giudeo, con una novella di tre anella, cessa un gran pericolo dal Saladino apparecchiatogli.
"Il Saladino, il valore del qual fu tanto che non solamente di piccolo uomo il fe di Babillonia soldano, ma ancora molte vittorie sopra li re saracini e cristiani gli fece avere, avendo in diverse guerre e in grandissime sue magnificenze speso tutto il suo tesoro, e, per alcuno accidente sopravvenutogli bisognandogli una buona quantit di danari, n veggendo donde cos prestamente come gli bisognavano aver gli potesse, gli venne a memoria un ricco giudeo, il cui nome era Melchisedech, il quale prestava ad usura in Alessandria, e pensossi costui avere da poterlo servire quando volesse; ma s era avaro che di sua volont non lavrebbe mai fatto, e forza non gli voleva fare; per che, strignendolo il bisogno, rivoltosi tutto a dover trovar modo come il giudeo il servisse, savvis di fargli una forza da alcuna ragion colorata. E fattolsi chiamare e familiarmente ricevutolo, seco il fece sedere e appresso gli disse:

Valente uomo, io ho da pi persone inteso che tu se savissimo e nelle cose di Dio senti molto avanti; e per ci io saprei volentieri da te quale delle tre leggi tu reputi la verace, o la giudaica o la saracina o la cristiana.

Il giudeo, il quale veramente era savio uomo, savvis troppo bene che il Saladino guardava di pigliarlo nelle parole per dovergli muovere alcuna quistione, e pens non potere alcuna di queste tre pi luna che laltra lodare, che il Saladino non avesse la sua intenzione. Per che, come colui al qual pareva daver bisogno di risposta per la quale preso non potesse essere, aguzzato lo ngegno, gli venne prestamente avanti quello che dir dovesse, e disse:

Signor mio, la quistione la qual voi mi fate bella, e a volervene dire ci che io ne sento, mi vi convien dire una novelletta, qual voi udirete.

Se io non erro, io mi ricordo aver molte volte udito dire che un grande uomo e ricco fu gi, il quale, intra laltre gioie pi care che nel suo tesoro avesse, era uno anello bellissimo e prezioso; al quale per lo suo valore e per la sua bellezza volendo fare onore e in perpetuo lasciarlo n suoi discendenti, ordin che colui de suoi figliuoli appo il quale, s come lasciatogli da lui, fosse questo anello trovato, che colui sintendesse essere il suo erede e dovesse da tutti gli altri essere come maggiore onorato e reverito.

E colui al quale da costui fu lasciato il simigliante ordin n suoi discendenti e cos fece come fatto avea il suo predecessore; e in brieve and questo anello di mano in mano a molti successori; e ultimamente pervenne alle mani ad uno, il quale avea tre figliuoli belli e virtuosi e molto al padre loro obedienti, per la qual cosa tutti e tre parimente gli amava. E i giovani, li quali la consuetudine dello anello sapevano, s come vaghi dessere ciascuno il pi onorato tra suoi ciascuno per se, come meglio sapeva, pregava il padre, il quale era gi vecchio, che, quando a morte venisse, a lui quello anello lasciasse.

Il valente uomo, che parimente tutti gli amava, n sapeva esso medesimo eleggere a qual pi tosto lasciar lo dovesse, pens, avendolo a ciascun promesso, di volergli tutti e tre sodisfare; e segretamente ad uno buono maestro ne fece fare due altri, li quali s furono simiglianti al primiero, che esso medesimo che fatti gli avea fare appena conosceva qual si fosse il vero. E venendo a morte, segretamente diede il suo a ciascun de figliuoli. Li quali, dopo la morte del padre, volendo ciascuno la eredit e lonore occupare, e luno negandolo allaltro, in testimonianza di dover ci ragionevolmente fare ciascuno produsse fuori il suo anello. E trovatisi gli anelli s simili luno allaltro che qual di costoro fosse il vero non si sapeva conoscere, si rimase la quistione, qual fosse il vero erede del padre, in pendente, e ancor pende.

E cos vi dico, signor mio, delle tre leggi alli tre popoli date da Dio padre, delle quali la quistion proponeste: ciascuno la sua eredit, la sua vera legge e i suoi comandamenti dirittamente si crede avere e fare; ma chi se labbia, come degli anelli, ancora ne pende la quistione.

Il Saladino conobbe costui ottimamente essere saputo uscire del laccio il quale davanti a piedi teso gli aveva; e per ci dispose daprirgli il suo bisogno e vedere se servire il volesse; e cos fece, aprendogli ci che in animo avesse avuto di fare, se cos discretamente, come fatto avea, non gli avesse risposto.

Il giudeo liberamente dogni quantit che il Saladino richiese il serv; e il Saladino poi interamente il soddisfece; e oltre a ci gli don grandissimi doni e sempre per suo amico lebbe e in grande e onorevole stato appresso di s il mantenne."

Laicismo non ateo o agnosticamente liquidatorio, ma umile, consapevole, informato, disciplinato e animato dalla fede nei Comandamenti di un D-o che non appannaggio di un solo popolo, della cui volont nessun uomo pu farsi interprete o vicario, che, forse, non c. Un laicismo che, lungi dal rifiutare D-o, se ne tiene reverenzialmente discosto accettandone linsegnamento attraverso la disciplina della ragione e praticandolo attraverso la giustizia della fratellanza umana.

"Ma tu non potrai vedere il mio volto, perch nessun uomo pu vedermi e restare vivo".

Mario Zanchini