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mar 25, 2004 |
Sbirciamo Eretz Israel,  |
redazione

Bambini

Vivo in Israele da nove anni e guardo ancora a questo Paese con gli occhi dell'amore, anzi piu' lo conosco e piu' lo amo.

Leggo quello che scrivono i buonid' Europa e lo amoancora di piu' per la suaforza morale scevra di retorica, di mielismo e di ipocrisia.Per la sua solitudine.

Se la mia attenzione si sposta a0rientevedo buio, odio, crudelta', donne velate urlanti per le strade, bambini violati eallora devo uscire, prendere aria, guardarmi in giro e ammirare i nostri bambiniisraeliani gioiosi, puliti, sfrenati, la maggior parte di essi nipoti di sopravissuti, pronipoti degli ebrei bruciati sui roghi o di quelli che strisciavano lungo i muri dei ghetti per non farsi notaredai gentili e rischiare la pelle. Bambini con la sofferenza nel DNAche pero' sanno ridere e giocare esoprattutto non sanno odiare.

Si, gli psichiatri dicono che molti fanno la pipi' a letto per la tensione, che molti hanno paura di non rivedere i genitori la sera,altri quando c'e' il telegiornale si mettono a cantare a voce altissima per esorcizzare le notizie e non sentire, non sentire niente.

Purtroppo molti bambini israeliani avranno sentito la notizia che un loro coetaneo palestinese di 11 anni stava per diventare una bomba umana perche' "i grandi" del suo popolo avevano deciso di preparare per lui un giubbotto esplosivo e di mandarlo a farsisaltare in aria in mezzo ai soldati. Se il piano avesse funzionato di Abdullah non sarebbe rimasto niente, neanche le lacrime di sua madre che avrebbe ballato e distribuito caramelle in nome del suo piccolo martire, eroe della cultura della mortegettonata in tutto il mondo islamico e in particolare nella societa' palestinese.

I buoni italiani non hanno dato molta importanza alla spaventosa notizia, e' passata quasi inosservata. Le organizzazioniper i diritti dell'uomosono silenziose, quelle per i diritti del bambino sono mute. Amnesty International che protesta se ai check point i soldati israeliani fermano ambulanze della Mezzalunarossa cariche di armi, sta fischiettando distratta.

Quello che succede da queste parti e' sempre sotto l'occhio dei riflettori eppure , stranamente, incredibilmente, scandalosamente nessuno parla dell'abuso cui sono sottoposti i bambini palestinesi: nella versione locale dello Zecchino d'Oro una bambina canta un motivetto del tipo "sar una martire, sparger il sangue nella terra di Sion", corsiin cui viene insegnato ai bambini il corretto montaggio e funzionamento di un mitra. La pubblicita'-progresso della televisione controllata da Arafat in cui si invitano i pargoli palestinesi a gettare via i giocattoli e a imbracciare un kalashnikov, spot dell'amato raiss che sputacchia davanti allamacchina da presa di voler milioni di bambini martiri. Scuole materne con bambini inkaffiati come tanti piccoli cloni di Arafat, che urlano impettiti di odiare gli ebrei, scimmie e maiali. Campeggi in cui insegnano aragazzini di otto annil'uso del coltello per lo sgozzamento.

Le prossime generazioni di palestinesi sono pronte.

Tutto passa sotto silenzio mentre i buoni italiani, francesi, tedeschisono impegnati a condannare "il muro della vergogna" che dovrebbe servire a proteggere i bambini israeliani. Allora, presa da un improvviso senso di disgusto,ho bisogno di ossigeno e devo uscire di casa per mescolarmi in mezzo ai miei israeliani e respirare coraggio e persino serenita', guardare le mamme spingere le carrozzine , vedere i bambini nei parchi giochi pieni di attrezzature coloratissime, trenini, scivoli e buche della sabbia. Bambini che fanno i bambini, che nessuno usa, cui nessuno insegna ad odiare. Bambini spaventati ma non avvelenati.

Bambini coraggiosi che hanno vissuto anni di terrore e di morte, che hanno visto autobus polverizzati, che hanno perso nel fuoco dell'odio fratelli o compagni di banco, chevedono i loro genitori piangere perche' ormai in Israele non c'e' piu' famiglia che non sia toccata direttamente o indirettamente dal terrorismo.

Bambini che giocano nei campi col loro cane e che alla scuola materna disegnano e cantano. Solo bambini, l'ossigeno di cui ho bisogno per andare avanti e sperare.

Deborah Fait