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gen 3, 2005 |
Opinioni dei nostri visitatori,  |
redazione

Vendette e Minhagim

Durante le mie vacanze in Sardegna ho letto una riedizione del saggio di Antonio Pigliaru "La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico"; delle 153 pagine del saggio, 138 sono dedicate a considerazioni teoriche che possono essere molto utili anche a chi voglia studiare i _Minhagim_, cioe' i costumi delle comunita' ebraiche.

Liofilizzando, ogni societa' si basa sulla prevedibilita' dei comportamenti individuali, e quando un comportamento e' prevedibile perche' abituale e diffuso, e' sulla buona strada per diventare "costume"; e quando questo costume si rivela tanto importante che se non venisse praticato la societa' che lo ha adottato si sfascerebbe, esso e' pronto a divenir "norma consuetudinaria", con forza di "legge".

In uno stadio successivo dell'evoluzione giuridica le "leggi" divengono oggetto di riflessione e studio, magari da parte di professionisti del diritto, e si passa allora dal diritto "primitivo" (cos lo chiama Pigliaru) al diritto "colto"; ma non parleremo ora di questo.

Il problema che premeva approfondire a Pigliaru (ed ai suoi maestri come Bobbio, Capograssi, Santi Romano) era questo: ogni persona appartiene a piu' societa' contemporaneamente, come ad esempio la famiglia di origine, la famiglia acquisita (o le famiglie acquisite), la congregazione religiosa, l'azienda in cui lavora, i circoli culturali e sportivi, ecc.

Ognuna di queste societa' ha il suo ordinamento, ovvero il suo insieme di norme scritte e non scritte di comportamento (in aggiunta alle norme di legge comunitarie, statali, regionali, ecc.), ed ogni individuo deve percio' gestire i potenziali conflitti tra le norme dei diversi ordinamenti.

Il caso particolare esaminato da Pigliaru e' di feroce antagonismo tra l'ordinamento barbaricino e quello italiano; il caso degli halakhisti mi pare invece di supremazia di un ordinamento (il Minhag) sull'altro (l'Halakhah), nei termini espressi da questa massima che l'EJ attribuisce al Rashbash [Solomon Ben simeon Duran, Nordafrica, 1400-1467 circa]:

"Sembra che la dottrina _Minhag mevattel Halakhah = Il Costume prevale sulla Legge_ sia vera nelle questioni di diritto civile, ma errata quando si applica ad una materia in cui la pratica e' stata di autorizzare cio' che e' vietato, in quanto il costume puo' solo proibire cio' che e' permesso, e non autorizzare cio' che e' stato vietato".

Confrontando il Pigliaru con l'EJ ho scoperto che in una cosa gli studiosi di _minhagim_ sarebbero stati quasi d'accordo con la sua metodologia.

Pigliaru infatti avverte che occorre rivedere quello che normalmente si insegna agli studenti italiani di Giurisprudenza, ovvero che la "consuetudine" si compone di _diuturnitas = abitualita'_ ed _opinio juris et necessitatis = convinzione della giuridicita' e necessita'_.

La definizione e' corretta, ma si cade spesso nell'errore di valutare l'_opinio_ non sulla base delle esigenze di chi ha effettivamente creato la consuetudine, ma di un ordinamento giuridico estraneo che vorrebbe recepirla.

Questo errore gli halakhisti lo hanno prevenuto stabilendo che la consuetudine dev'essere semplicemente "diffusa", "abituale", e "chiara";
almeno in un primo momento non importa se sia conforme ai principi dell'_Halakhah_.

Indagare sul _Minhag_ dovrebbe essere parte di quella che viene chiamata "demologia giuridica", ovvero lo studio dell'ordinamento giuridico consuetudinario che si da' una popolazione, senza o con marginale aiuto di giuristi di professione.

Gli strumenti usati dal Pigliaru sono stati la lettura delle opere di Grazia Deledda e Sebastiano Satta, in quanto autori barbaricini che conoscevano ed esprimevano bene l'ambiente che li aveva generati ed allevati; lo studio dei proverbi locali (che spesso assumono il valore di vere e proprie massime giuridiche); l'esame attento degli atti dei processi per "banditismo" (in quanto i verbali spesso rivelano i principi della tradizione che hanno ispirato il comportamento degli imputati); ed infine le interviste a numerosi Barbaricini per capire quali norme venivano ritenute tuttora cogenti.

Le interviste erano in Sardo, ed il Pigliaru le ha dovute non solo tradurre, ma anche "formalizzare": poiche' la "vendetta barbaricina" e' un tipo di punizione, egli ha voluto rendere le norme giuridiche barbaricine nel linguaggio del diritto penale italiano del 1968.

Non era fatica inutile: questa era la verifica dell'efficacia del suo lavoro, perche' il linguaggio giuridico, pur non raggiungendo la precisione di una formula algebrica, non tollera imprecisioni.

Immagino che ci sia tra i lettori chi voglia conoscere le norme barbaricine sulla vendetta (la parte meno importante del saggio), ed io rispondo che le piu' interessanti erano proprio quelle che dicevano quando si puo' farne a meno, o si deve farne a meno.

Un bel punto in cui si trova una convergenza di interessi tra Pigliaru e molti rabbini e' come guidare l'evoluzione della consuetudine (barbaricina od ebraica), soprattutto quando e' palesemente iniqua.

Pigliaru aveva osservato che le norme sulla vendetta barbaricina, pur disciplinando un istituto arcaico, contenevano aspetti
insospettabilmente moderni, che egli attribuiva all'influenza di un diritto "colto", il quale non si scontrava frontalmente con quello barbaricino, e lo pote' percio' migliorare con l'esempio.

Secondo Pigliaru, quel diritto era stato la "Carta de Logu" di Mariano quarto ed Eleonora d'Arborea, promulgata nel 1392 ed abrogata solo nel 1827; essa si basava sulle consuetudini sarde, ma i suoi redattori erano giuristi che avevano studiato il Diritto Romano nelle Universita' della Penisola, e poterono percio' razionalizzare e migliorare le consuetudini a cui pure s'ispiravano.

Pigliaru sembrava voler proporre il ridare ai Sardi un codice giuridico di quel tipo, che avesse per loro anche valore pedagogico. Un problema simile lo hanno i rabbini di fronte a consuetudini che, pur consolidate dall'uso, vanno deprecate in quanto contrarie ai principi fondamentali dell'_Halakhah_, della logica, o dell'elementare giustizia - o piu' semplicemente nate da un'opinione halakhica errata.

Sebbene i rabbini affermino in questi casi che il _minhag_ deprecato vada disapplicato, solo con la pedagogia questo si puo' ottenere.

Ciao.