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feb 22, 2005 |
Storia millenaria,  |
redazione

Vite ebree salvate

Siamo nel 1942; Silvio Borghi abita con la sua famiglia a Mortizzuolo, distante circa 5 km. da Mirandola, in una casa di campagna data in uso al casaro e sita nel giardino della villa del signor Camillo Benatti, proprietario del caseificio (distante qualche centinaio di metri), dove Silvio svolgeva il mestiere di "casaro"; in pratica quella persona a cui e' affidata la conduzione dell'intera catena di lavorazione e produzione dei prodotti caseari; nel caso specifico si trattava di grana reggiano e burro, oltre ad un allevamento di maiali.

Silvio frequentava la piazza di Mirandola, in particolare nel giorno del mercato per mantenere amicizie e conoscenze e anche rapporti d'interesse per il proprio lavoro. Fu li' che occasionalmente conobbe alcune famiglie d'ebrei li' confinate, fra cui la famiglia Talvi, composta dai genitori, i figli Raffaele e Leone, la figlia Alice e suo marito Almolsino.

Il signor Talvi era uno iugoslavo di Belgrado e faceva parte del corpo diplomatico a Roma. Allo scoppio delle ostilita' con la Jugoslavia, la famiglia Talvi fu internata in un campo di concentramento in una localita' italiana del centro sud e man mano che il fronte alleato avanzava, erano trasferiti e giunsero a Mirandola come confinati. Il regime confisco' alla famiglia tutti i beni e impose una serie di obblighi da rispettare, tra cui quelli di non allontanarsi oltre i 5 km. e ciascun membro doveva presentarsi due volte il giorno presso il commissariato di P. S. di Mirandola per apporre la propria firma su un modulo.

Silvio era una persona molto sensibile e avendo saputo che questa famiglia viveva in ristrettezze ed aveva serie difficolta' a procurarsi il cibo, desiderava interessarsene. Cosi' un giorno la settimana invitava a casa sua Raffaele e Leone per offrire loro un pasto e dava loro, da portare a casa, qualche prodotto della campagna e del caseificio Un paio di volte vennero anche la sorella Alice e i genitore. Con tuta la famiglia s'instauro' cosi' una buona amicizia.

L'8 settembre 1943, a seguito dell'armistizio, la famiglia Talvi temette di essere catturata dai tedeschi e; abbandonata frettolosamente ogni cosa penso' di nascondersi, dividendosi: i genitori con la figlia Alice (incinta) e suo marito furono accolti da Don Sala, parroco di San Martino, vicino a Mirandola; mentre i figli Raffaele (25 anni) e Leone (22 anni) tentarono di nascondersi presso una famiglia appena fuori Mirandola, ma questa famiglia non si senti' di nasconderli in casa propria per il grave rischio che avrebbe corso. I due ragazzi pensarono a Silvio che si era dimostrato sensibile alla loro situazione e nella stessa giornata si presentarono, impauriti e disperati, a casa sua. Silvio non ebbe il coraggio di mandarli via; non era iscritto a nessun partito e non aveva mai fatto parte di nessuna associazione, ma aveva un cuore nobile e sapeva interpretare benissimo la realta' di quei tempi. Certamente non gli fu solo sufficiente guardare negli occhi la moglie Lidia per trasmetterle il pensiero che pur essendo in presenza di un gravissimo rischio per tutta la famiglia bisognava prendere una nobile decisione; quella scelta per la quale, probabilmente, sei stato chiamato alla vita. Lidia, peraltro, era incinta e si trovava d'improvviso nel bel mezzo di un problema che la sconvolgeva. Bisognava pero' non pensarci troppo e creare un nuovo posto nella propria vita, nella propria famiglia, nella propria casa; bisognava accogliere e nascondere i due ragazzi sventurati e sottrarli alla cattura. La casa di Silvio era costituita da una grande cucina al pian terreno mentre al piano superiore c'erano la camera da letto di Silvio e Lidia, quella di Egidio (14 anni) dalla quale si entrava in un'altra piccola cameretta, dove dormiva Enzo (7 anni). Silvio nascose i due ragazzi nella cameretta di Enzo e colloco' un armadio davanti alla porta. Silvio e Lidia si preoccuparono di non far sapere ad Enzo della presenza dei due ragazzi, per timore che data la tenera eta', potesse far trapelare qualcosa; gli dissero pero' che per un po' di tempo doveva dormire in camera con i genitori perche' nella sua cameretta avevano stipato alcune forme di formaggio grana, nel caso venissero momenti difficili. Raffaele e Leone di giorno rimanevano nascosti in cameretta e Raffaele che si dilettava di pittura, chiese di procurargli qualche matita e fogli da disegno in modo da riempire un po' la giornata. Fece cosi' dei disegni raffiguranti la campagna circostante ed alcuni suoi autoritratti. Alla sera tardi, quando Enzo era gia' addormentato, si spostava l'armadio e si facevano scendere i due ragazzi in cucina per mangiare e per camminare un po' nell'orto; Egidio parlava con loro ed assieme giocavano a carte e agli scacchi. Per una questione di correttezza, Silvio informo' il proprietario del caseificio, signor Camillo Benatti con il quale aveva in ottimo rapporto, che nascondeva in casa propria i due ragazzi ebrei.

I giorni trascorrevano e a Mirandola il commissariato di P.S. ricercava la famiglia Talvi perche' da parecchi giorni non si presentava a firmare il modulo.

Silvio nel contempo continuava ad aiutare, procurando generi alimentari e vestiario ad altre famiglie ebree confinate a Mirandola

Per mantenere il contatto con Don Sala, i signori Talvi e la loro figlia, Silvio aveva escogitato di mandare loro dei messaggi tramite il figlio Egidio. I Talvi vedevano la loro salvezza nel poter riuscire a raggiungere la Svizzera, ma non sapevano come fare. Silvio allora penso' di mettersi in contatto con un ex commilitone di suo papa', con il quale c'era stata una grande amicizia di famiglia: Dino Riva e la moglie Allegra, che abitavano a Cernobbio, sul lago di Como, quindi molto vicino alla Svizzera e, forse con il loro aiuto si sarebbe potuto fare qualcosa. Fu mandato un paio di volte Don Sala, come corriere, per verificare se fosse possibile avere la loro disponibilita' e se potevano organizzare l'espatrio. Per fare il viaggio da Mirandola a Cernobbio, era necessario procurare loro dei documenti di identita' italiani e questo fu possibile con la collaborazione di Ariella. Ariella lavorava in una cooperativa alimentare di Mirandola e aveva due figli che avevano fatto amicizia con Raffaele e Leone Talvi e quindi li aveva conosciuti; inoltre condivideva gli ideali di Silvio. Ariella era anche addetta alla preparazione delle tessere annonarie ed aveva accesso agli uffici del comune di Mirandola; fu li' che potette utilizzare di nascosto i timbri necessari per vidimare i documenti per i Talvi; fu anche redatta una finta lettera di assunzione presso una fabbrica a Milano. I Talvi parlavano perfettamente l'italiano e forse non avrebbero dato troppo nell'occhio se non fosse stato per i due ragazzi "maschi", soggetti a un maggior controllo. Si trattava di accompagnare quella famiglia a Cernobbio; Silvio spinse il suo rischio all'estremo, accompagnandoli personalmente fino a Cernobbio. Nel contempo sorgeva anche un altro problema di non facile soluzione: Silvio era il casaro; quindi la persona che aveva la responsabilita' del ricevimento e della lavorazione di parecchi quintali di latte che erano portati ogni mattina dai contadini della zona; quel latte doveva essere lavorato assolutamente subito per produrre il grana e il burro perche' a quel tempo non c'era la possibilita' di conservarlo; dovette quindi inventare una scusa plausibile per poter assentarsi e farsi sostituire da un altro casaro che, dopo la propria lavorazione, andasse a fare anche la sua. Silvio prevedeva di potercela fare tre giorni. Il 21 ottobre 1943 intrapresero il pericoloso viaggio. Partirono di notte da Mortizzuolo con un calesse e non passarono da Mirandola, dove sarebbero stati di certo riconosciuti, ma si recarono alla stazione di Midolla, sulla linea secondaria Mirandola, Modena, Sassuolo e in treno raggiunsero Modena. Qui dovettero cambiare stazione e per poterlo fare dovettero prendere il tram.

Durante il percorso da una stazione all'altra di Modena, il gruppetto di sette persone, con le valigie, si imbatterono nel Questore di Mirandola che li conosceva bene. Questi, vedendo il gruppo ricercato, in compagnia di Silvio e con le valigie, chiese subito dove stessero andando. A quell'incontro Alice, incinta di circa 8 mesi, si senti' male e cadde a terra svenuta. Il Questore che, fortunatamente era solo, rimase per un attimo pensieroso e poi, rivolgendosi a Silvio, in dialetto mirandolese e mettendogli una mano sulla spalla, disse: "Io non ho visto niente!". In preda alla paura, presero il treno per Milano e cola' arrivati cambiarono treno per Como e da qui in battello per Cernobbio. Arrivato a Cernobbio, Silvio che non c'era mai stato prima, non si arrischiava a chiedere informazioni della casa dove abitavano i Riva, inoltre erano quasi le 21.00 e a quell'ora iniziava il coprifuoco; per di piu' si intravedeva, poco lontano, una pattuglia di ronda che veniva nella loro direzione. Silvio, istintivamente, si inerpico' con il gruppo su un sentiero in salita che conduceva a un gruppo di case. Giunti in prossimita', Silvio disse al gruppo di procedere a due a due e di tenersi il piu' possibile nascosti mentre lui andava a guardare l'intestazione delle vie per vedere se tra quelle case c'era la via Adda, dove vivevano i Riva. Il caso volle che prendendo un sentiero si trovasse a passare a ridosso del retro di una casa dove si intravedeva una fessura di luce da una finestrella che, pur essendo chiusa, lasciava udire alcune voci all'interno e in una di queste riconobbe quella di Dino. Subito busso' alla finestrella e si fece riconoscere. Dino gli apri' subito la porta e Silvio recupero' a due a due il gruppetto e li introdusse furtivamente in casa.

Dino e sua moglie Allegra potevano contare sull'aiuto di alcuni giovani amici che conoscevano molto bene i boschi ed i sentieri di confine e con i quali si erano gia' accordati per far passare il confine italo-svizzero alla famiglia.

Fu necessario trasferire in uno zaino per ciascuno il contenuto che i Talvi avevano nelle loro valigie perche' non era possibile inerpicarsi per i monti con le mani occupate.

Per avere qualche possibilita' di non essere visti durante la salita e per frazionare il rischio, occorreva dividersi in gruppetti e mantenersi distanziati; ciascun gruppetto fu guidato da un giovane mentre per Alice che era incinta all'ottavo mese ne occorsero due perche' spesso doveva essere portata a braccia. Tutti passarono il confine e raggiunsero un'altura di riferimento in territorio svizzero e li, ormai in salvo, sventolarono i fazzoletti in saluto a Silvio e ai giovani. Silvio ritorno' subito a Mortizzuolo con una valigia nella quale mise alcuni effetti personali che i Talvi avevano dovuto lasciare perche' non ci stavano negli zaini. All'arrivo il sollievo della moglie e di tutti fu grande e Enzo, finalmente, aveva ancora la sua stanzetta.

Un giorno, per puro caso, la moglie di Silvio si accorse che una fodera della valigia che aveva riportato a casa il marito, presentava un piccolo rigonfiamento; guardo' meglio e scopri' che dentro la fodera erano nascosti alcuni documenti: il passaporto di Alice, due certificati del suo matrimonio, testimonianze del campo di concentramento e ricerche di parenti effettuate dalla Croce Rossa. La signora Lidia conservo' i documenti in attesa di poterli restituire un giorno alla famiglia Talvi.

Dopo qualche tempo, Silvio organizzo' un altro espatrio: mando' a Cernobbio Don Sala per i necessari accordi ed appurare che ci fosse ancora la disponibilita' ad affrontare una nuova impresa rischiosa. I Riva assicurarono di nuovo il loro appoggio. La persona da portare in salvo si chiamava Hoffmann Leon; era di Zagabria e faceva il commerciante in stoffe. Anche per lui furono preparati i documenti e Silvio prima di intraprendere il viaggio raccomando' al suo datore di lavoro di aver riguardo per la sua famiglia nel caso gli fosse successo qualcosa. Raggiunse senza problemi la casa dei Riva a Cernobbio, dove era atteso. Qui pero' non si pote' affrontare subito il passaggio sui monti perche' tutta la linea di confine era, in quei giorni, particolarmente sorvegliata. Dovettero aspettare circa una settimana e poiche' Silvio non poteva comunicare nulla alla sua famiglia, in casa si vivevano giornate tragiche, pensando al peggio. Non appena fu possibile Hoffmann fu aiutato a passare il confine. Raggiunto il territorio svizzero, il signor Hoffmann diede a Silvio un biglietto di ringraziamento per lui, ma chiedendogli di farlo leggere anche alle altre famiglie ebree confinate a Mirandola perche' in esso era contenuta una parola in codice:"Pane"e che per loro aveva un importante significato. Silvio ritorno' a casa e con lui ritorno' anche la felicita', ma sua moglie ed anche il suo datore di lavoro lo convinsero a non intraprendere altre iniziative cosi' rischiose.

Don Sala aiuto' ancora qualche ebreo a raggiungere Cernobbio e la Svizzera, facendo credere ai Riva che era Silvio che li mandava. Come le volte precedenti furono trasferiti gli effetti personali negli zaini e Don sala penso' di salvare anche alcune borsette e portarle ad altri ebrei di Mirandola. Accompagnato dalla signora Allegra, giunse alla stazione di Como con al braccio alcune borsette da donna e delle valigie; cio' fece subito insospettire una pattuglia li' presente che li fermo' e li condusse al Comando dove furono interrogati e perquisiti; trovando elementi di incriminazione furono incarcerati per oltre un anno.

Nell'aprile del 1945 Silvio ricevette una lettera da Raffaele e Leone, datata 2.4.1945, nella quale comunicavano che i loro genitori con Alice, suo marito e la bimba, nata in Svizzera, si trovavano nella Svizzera francese, vicino al confine italiano; loro due, invece, erano in un campo di lavoro a Zwaidlen, a 400 metri dalla frontiera tedesca. Pure Ilija Talvi ha scritto a Silvio una lettera il 21 giugno 1945, nella quale dice di essere nel Cantone Vallese a Finlaut. Testualmente, scrive: "...i nostri ringraziamenti per averci fatto sfuggire alla morte sicura...". Per non mettere in pericolo la vita di Silvio e della sua famiglia, entrambi attesero a manifestare la loro gratitudine in tempi piu' sicuri.

Mara Martinovic Scrisse a Silvio una cartolina con ringraziamento e auguri per il nuovo anno 1955.

I Talvi non fecero piu' avere loro notizie, forse anche perche' Silvio in seguito si trasferi' con la famiglia a Rossano Veneto in provincia di Vicenza e poi ancora in altri luoghi e a Mortizzuolo se ne erano perse le tracce.

Silvio e' mancato all'affetto dei suoi cari il 17.12.1988 ed e' sepolto nel cimitero di Velate, a Varese. Oggi la moglie di Silvio, signora Lidia Caleffi, vive a Varese con la figlia Elsa ed il genero Umberto che hanno due nipotine, Veronica e Nina Lux, gioie della bisnonna Lidia; il figlio Egidio vive a Las Vegas e il figlio Enzo vive a Milano. Solo pochi giorni fa, in occasione delle manifestazioni dedicate al "giorno della memoria" degli ebrei perseguitati, Lidia ancora una volta ha ricordato le vite degli ebrei salvati da Silvio a rischio della propria vita e di tutta la sua famiglia. Il 18 luglio prossimo Lidia compira' i 95 anni.