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giu 7, 2005 |
Rassegna stampa,  |
redazione

Contro l'antisemitismo

La recrudescenza del terrorismo internazionale manifestatasi in Medio Oriente, che ha stroncato nei giorni scorsi molte giovani vite di militari italiani in missione di pace e proprio ieri ha preso di mira due sinagoghe a Istanbul, ci spinge a collocare il fenomeno in quellambito pi vasto che il crescere delle antipatie e degli odi tra popoli e culture.

Tra questi sentimenti negativi occupa un posto di particolare rilievo e gravit il fenomeno dellantisemitismo.

perci opportuno chiedersi: lantisemitismo sta diffondendosi in modo significativo? In questi tempi, e non solo a livello nazionale, dolorosi episodi di antisemitismo sono ricomparsi fino al gravissimo attentato in Turchia e alcuni sondaggi hanno riaperto il dibattito su un fenomeno che in realt non si era mai spento. Tutto questo nel quadro del moltiplicarsi di segnali preoccupanti: analoghi atteggiamenti di pregiudizio antireligioso o razziale riaccendono polemiche che hanno coinvolto musulmani, cristiani, laici, pro o contro simboli di fede e di tradizioni diverse. Sembrerebbe quasi che, sotto il velo del processo di crescente integrazione europea, si nasconda una cenere calda di fondamentalismi e particolarismi, pronti a esplodere in miscele pericolose di odi antichi e tensioni attuali.

Eppure non sono mancati interventi di uomini di cultura, di autorit civili e religiose, di esperti di diritto e di politici, che hanno tentato di offrire un contributo alla maturazione di una civilt dove il pluralismo dei diversi si accordi in una operosa sinfonia costruttrice di pace nella giustizia. Occorre daltra parte riconoscere che le paure e le ombre sollevate dal terrorismo, locale e internazionale, con i suoi ignobili e vili attentati e da interventi discutibili di guerre preventive o di rappresaglie, possono purtroppo accrescere le tensioni e sono, talora, sintomi di pi profonde incomprensioni, ingiustizie e mancanza di fiducia.

vero che vanno fatte le dovute distinzioni e che ad esempio le critiche rivolte allattuale governo di Israele e al suo modo concreto di gestire la drammatica emergenza del terrorismo non significano ancora n sentimenti antisemiti e neppure antisionisti. Ma non si pu negare che in tutto ci giochino anche ignoranze e antipatie che non aiutano la mutua comprensione e offuscano e complicano problemi gi cos ardui, invece di collaborare a una soluzione quale, ad esempio, si propone la cosiddetta road map per la questione israeliana e palestinese.

Nellambito poi delle Chiese cristiane sentimenti di antipatia e di diffidenza o di estraneit verso il popolo ebraico contrastano con tutto ci che, soprattutto a partire dal Vaticano II, stato sempre pubblicamente proclamato e anche vissuto in tante circostanze pubbliche e solenni. Non possiamo invocare D-o Padre di tutti - afferma il Concilio Vaticano II nella conclusione del documento Nostra Aetate - se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni degli uomini che sono creati a immagine di D-o (...) Di conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volont di D-o, qualsiasi discriminazione tra gli uomini (...) perpetrata per motivi di razza o di colore, di condizione sociale o di religione (n. 5). Il Concilio inoltre sottolinea il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento spiritualmente legato con la stirpe di Abramo e vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima (n. 4). Mi pare che qui stia un punto nodale di tutta questa tematica.

Come ho avuto modo di affermare in tante occasioni, non sufficiente condannare ogni forma di antisemitismo, ma occorre promuovere una conoscenza fatta di rispetto, amore e simpatia per la storia, la spiritualit, la cultura, le vicende anche attuali del popolo ebraico e quindi anche la situazione e le condizioni in cui vive oggi lo Stato di Israele. Quanto si detto in questi ultimi giorni sulle opinioni degli italiani mostra invece una superficialit e una disinformazione, anche della storia recente, che non giova a nessuno, neppure alla causa palestinese, anchessa meritevole di grandissima attenzione, comprensione e rispetto.

Di fronte alla questione dellantisemitismo - ma ci vale in genere anche per analoghi movimenti di intolleranza - non mi pare saggio chiudere gli occhi o limitarsi a cercare rimedi superficiali, sia perch si tratta di un movimento che pu collegarsi tragicamente con altre derive totalitarie e disumane, sia perch lantisemitismo affonda le sue radici nella storia millenaria dellEuropa.

Ci mostra che il solo ricordo, quando non adeguatamente coltivato mediante la formazione, linformazione e leducazione, non sufficiente. Occorre che sia congiunto a unazione permanente, sia per documentare, sia per interiorizzare le informazioni ricevute, vagliate e criticamente assunte. Statistiche e sondaggi di questi giorni, infatti, dimostrano anchessi come la disinformazione, la generalizzazione circa il conflitto israelo-palestinese, le sue cause e i suoi sviluppi sono di ostacolo a una valutazione serena e obiettiva dei fatti e, quindi, spingono a condanne ingenerose e globali.

Chi ama davvero la pace non deve porsi a rimorchio di giudizi di parte n di affermazioni affrettate e incomplete, ma aiutare a superare le cause del conflitto rendendosi conto fino in fondo dei valori in gioco, che riguardano la sopravvivenza e la libert dei cittadini di entrambi i popoli e i mezzi pi opportuni e urgenti per assicurare questi valori, nel rispetto della dignit di tutte le parti in causa.

Allora anche la critica sulle scelte degli uomini politici si far costruttiva e gli sforzi dei Paesi democratici per sostenere un difficile cammino verso la pace mostreranno un interesse sincero e saranno di stimolo efficace per affrontare da ambo le parti quei sacrifici e quelle rinunce che sono urgenti precondizioni per un cammino di mutua intesa.

Dopo la Sho e la rinascita di uno Stato ebraico in Israele, la Chiesa si sempre pi resa conto che doveroso coltivare il dialogo e la collaborazione con il popolo ebraico, che e rimane tuttora prediletto da D-o. Questo dialogo implica, tra laltro, che si faccia memoria della parte che i figli della Chiesa hanno potuto avere nella nascita e nella diffusione di un atteggiamento antisemita nella storia e di ci si chieda perdono a D-o, favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia con i figli di Israele (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Europa, 56).

Tutto ci si far pi con i gesti concreti che con le inchieste di opinione. Lultimo capitolo del libro biblico che narra la storia del re Davide (2 Samuele 24) ci mostra che la preoccupazione di questo re di conoscere il numero esatto dei popoli a lui soggetti si rivel di fatto come controproducente. possibile che anche oggi la mera preoccupazione di conoscere in maniera precisa le mutevoli opinioni della gente e le loro percentuali conduca a risultati poco apprezzabili. Molto di pi invece va fatto per una informazione precisa e rigorosa e per una formazione al giudizio positivo e benevolo su situazioni tanto intricate e sofferte, senza indulgere, come gi notavo in un articolo di qualche mese fa su questo giornale, a soluzioni ideologiche che sarebbero una riedizione di antiche idolatrie del potere, della forza e persino della violenza cieca.

per questo superamento di rigide posizioni antitetiche che la voce di Papa Giovanni Paolo II si elevata continuamente in questi anni e continua a elevarsi anche nella sua debolezza fisica, facendosi eco di quella voce che nei primordi dellumanit gridava dal sangue di Abele ucciso dallodio del suo fratello (cfr. Genesi 4,10-11 e Lettera agli Ebrei 11,4) .

di CARLO MARIA MARTINI *

(trascritto da Cesare Simonetti dal Corriere della Sera del 16.11.03)