Il calendario ebraico

Per capire perche' le date della feste e' variabile in rapporto al calendario civile e perche' le feste non vengono raddoppiate nella pratica ebraica liberale, e' necessario capire come e' stato concepito il calendario ebraico.

Il nostro attuale calendario e' basato sulla Torah ma e' stato modificato nel corso dei tempi. Le regole essenziali sono state fissate dai rabbini. La regolazione del calendario era affidata al sinedrio di Gerusalemme che decideva sul nuovo mese in base a testimonianze. Ma il mese era un mese lunare, cioe' di meno di 30 giorni. Un anno di 12 mesi lunari contava dunque 354 giorni, mentre quello solare ne conta 365. Alcune feste dovevano essere celebrate in stagioni precise, uno spostamento rischiava quindi di piazzarle fuori dal loro contesto. Pesakh, Hag Haaviv (festa di primavera) serviva di riferimento. Cosi’ quando la primavera tardava , il sinedrio decretava l’introduzione di un tredicesimo mese, garantendo cosi' la celebrazione delle feste stagionali nel loro periodo.

Il mese lunare dura circa 29 giorni e un quarto. Per questo i rabbini decisero che un mese era di 29 giorni o di 30, due mesi (Heshvan e Kislev) potevano contare sia 29 che 30 giorni. Ma si capi' subito che le testimonianze potevano essere sostituite da calcoli matematici piu' rigorosi. Cosi' nell’VIII secolo, per assicurare il recupero tra l’anno lunare e quello solare, si decise di aggiungere sette volte ogni 19 anni un mese intero al mese di adar che precede la fesdta di pesakh (il terzo, il sesto, l’ottavo, l’11mo, il 14mo, il 17mo e il 19mo anno). Questi anni di 13 mesi sono chiamati Meuberet (intercalari).

I nomi dei mesi che abbiamo nella Torah non sono piu' quelli utilizzati oggi. Nella Torah si riferiscono alle stagioni e alla vegetazione, mentre quelli del calendario ebraico attuale sono di origine babilonese.

All’epoca biblica il calendario annuale poteva avere come riferimento sia l’uscita dall’egitto sia l’accesso al trono del re. Ma dall’epoca Talmudica gli anni sono calcolati a partire dalla creazione del mondo, prendendo in considerazione il senso letterale delle genealogie bibliche. Questa datazione e' stata introdotta in risposta alla datazione cristiana. E’ evidente che oggi nessuno puo' pretendere che l’universo abbia meno di 6 mila anni. Questo riferimento alla creazione del mondo diventa simbolico. Ma indica che la nostra storia particolare fa parte integrante della storia dell’umanita' e dell’universo. Ci include quindi nell’insieme della creazione invece che affermare la nostra civilta' come riferimento assoluto per la storia di tutta l’umanita', come accade invece negli altri sistemi di calendario.

Dato che in origine nel nostro calendario il nuovo mese era deciso in base a testimonianze davato al sinedrio di Gerusalemme, diventava a volte difficile per gli ebrei che vivevano fuori dalla giudea saoere in quali giorni le feste dovevano essere celebrate. Tanto piu' che la notizia del nuovo mese era comunicata attraverso dei fuochi e che i samaritani, per aumentare la confusione, accendevano fuochi simili in altri momenti. Giuda Hanassi (135-200) decise allora che la notizia sarebbe stata portata da messaggeri. Ma talora questi non arrivavano e le distanze impedivano di arrivare in tempo per la celebrazione di alcune feste. Per questo per le comunita' situato fuori dalla giudea di allora, i rabbini istituirono il raddoppio dei giorni di festa, da eccezione di Yom Kippur. Questa precauzione non era necessaria per la giudea dove l’informazione del nuovo mese arrivava sempre in tempo. Le feste continuavavno a essere celebrate in un solo giorno, fatta eccezione di Rosh Hashanah che, celebrata il primo giorno del mese, dipendeva sempre da testimonianze aleatorie.

Nonostante la possibilita' di calcolare con precisione l’inizio di ogni mese, le autorita' rabbiniche non abolirono il raddoppio di Rosh Hashanah per le comunita' ebraiche di palestina (nome dato alla Giudea dai romani nel 135), ne' il raddoppio dei giorni di festa per le comunita' della diaspora. Ma il principio che le usanze dei padri non devono essere cambiate, che e' alla base di questo mantenimento, non fu preso in considerazione dai rabbini liberali che tornarono ai tempi prescritti per le feste nella Torah (cfr. Levitico 23). Siccome la pratica del secondo giorno di Rosh Hashanah e' stata reintrodotta in numerose comunita' liberali, si puo' affermare oggi che gli ebrei liberali osservano le feste come ogni ebreo, ortodosso compreso, in Israele

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