Purita'

di Riccardo Di Segni

Qualche giorno fa ha destato molta curiosità la notizia della nascita di una vacca rossa in Israele. Le ceneri di una vacca dal pelo completamente rosso sono un ingrediente essenziale nei riti di purificazione prescritti dalla Bibbia (numeri 19) per coloro che sono diventati impuri per contatto con un cadavere. Il clamore suscitato nel mondo ebraico dall'evento eccezionale della nascita di un animale con i requisiti prescritti dalla tradizione è stato di difficile comprensione all'esterno; ciò è dovuto, almeno in parte, al fatto che improvvisamente è venuto alla luce un problema religioso da molti ignorato o trascurato.

Si tratta del ruolo che le regole di purità hanno nella vita religiosa ebraica.
Quando si parla di purità e impurità bisogna prima di tutto fare dei chiarimenti su alcuni equivoci possibili. Nel linguaggio corrente della società contemporanea, quando si parla di puro e impuro, in generale ci si riferisce a delle realtà piuttosto diverse da quelle originarie e specifiche delle strutture religiose antiche.
La purità è intesa di solito come un concetto proprio della sfera morale; puro è l'atteggiamento e il comportamento onesto e corretto, così come impuro è il contrario; e quando si parla di atti impuri il riferimento più immediato è a comportamenti sessuali scorretti.

Molto probabilmente è l'uso che la tradizione cristiana ha fatto di questi termini che ne ha determinato le accezioni prevalenti nel linguaggio comune.
La realtà nella tradizione ebraica è molto più complessa. Nell'ebraismo (come in molte altre culture di origini remote) esiste un campo di attenzioni, distinto da quella morale, che riguarda la condizione di purità. Si diventa impuri per contatto più o meno diretto con delle fonti di impurità; si ridiventa puri con procedure speciali.

Chi è in condizioni di impurità non può accedere a luoghi sacri (il santuario di Gerusalemme), nè può consumare i cibi consacrati legati ai riti sacrificali e alle offerte dovute ai sacerdoti. Queste regole riguardano prima di tutto i sacerdoti (che nell'ebraismo sono tali per discendenza), e in casi particolari il resto del popolo ebraico. Le norme sono dettate nei primi libri della Bibbia e ampiamente illustrate nella letteratura rabbinica.

La maggior parte di questo complesso normativo è legato, per la sua applicazione, all'esistenza del santuario di Gerusalemme; da quando questo è stato distrutto (nel 70 dell'era volgare) rimangono in vigore solo dei blocchi parziali del sistema, che non sono dipendenti strettamente dal santuario e hanno anche altri motivi istituzionali: ad esempio le regole alimentari, le regole sui rapporti sessuali in rapporto al ciclo mestruale, la proibizione per i sacerdoti di stare a contatto con i morti.
Tutte queste regole, come si accennava prima, non riguardano la moralità: si può essere puri ma immorali, così come, anche se si è impuri di fatto (mancando le condizioni per una purificazione completa, come le ceneri della vacca rossa), bisogna cercare di comportarsi secondo le regole morali.
Ciò non toglie che sia possibile un passaggio di significati da una sfera all'altra, e che il concetto di purità rituale diventi per analogia un sinonimo di comportamento moralmente incorrotto; tale uso linguistico è attestato già in alcuni passi biblici.

Il cristianesimo fin dalle origini ha cercato di liberarsi di tutto questo bagaglio rituale; l'ebraismo l'ha invece mantenuto , anche se non l'ha potuto più applicare pienamente per mancanza del santuario.
Quindi i riti osservati nella religione ebraica, da molti secoli, sono solo una parte di un sistema originariamente molto complesso.
All'esigenza di purità, comunque, non si è mai rinunciato, e se in un futuro, più o meno prossimo, si potessero ricreare le condizioni originarie di purificazione, la vita religiosa del popolo ebraico potrebbe cambiare in modo radicale.

Torna all'indice