Lo stato ebraicoGli inizi del sionismo.Il Sionismo e' da sempre parte integrante dell'ebraismo e del Pensiero Ebraico. Nasce,all'interno dell'ebraismo,da Avraham Avinu.Nasce dalla speranza del Popolo di Israele di ritornare nella sua Terra Promessa, Eretz Israel. Questa speranza ha origini lontanissime nel tempo e la Torah ne e' la prova. Si pensi ad Abramo che segui il comando di D-o di andare nella Terra che avrebbe dato al suo Popolo. Si pensi ai Patriarchi e alle speranze di Israele di ritornare in Eretz Israel durante la schiavitu' in Egitto; per non parlare poi della deportazione in Babilonia, fino ad arrivare alla Diaspora del 70e.v. e la distruzione del Secondo Tempio. Il Sionismo e' prima di tutto religioso solo alla fine del XIX secolo diventera' anche politico. In sostanza direttamente o indirettamente la matrice del Sionismo politico e' sempre stato il Sionismo religioso. In pratica il Sionismo politico non e' altro che la trasposizione pratica di una speranza plurimillenaria, collegata all'idea di redenzione messianica, che e' alla base dell'Ebraismo. La Divina provvidenza e l'iniziativa umana combinate insieme (come avviene per ogni Mitzva compiuta da un Ebreo) hanno dato origine allo Stato Ebraico di Israele, che e' appunto il principio della fioritura della nostra Redenzione. Senza sacrificare del tutto - alla maniera dei riformati fautori dell'assimilazione - l'idea nazionale ebraica, ma respingendone la realizzazione "alla Fine dei Tempi", anche l'ebreo piu' assimilato e scettico aveva costruito il proprio sistema nella prospettiva dell'esistenza di Israele nella Diaspora. Non intendeva egli forse dimostrare che e', appunto, possibile essere Ebreo nel significato pieno della parola, pur prendendo parte alla vita culturale e politica del paese in cui ci si trova? Questa prospettiva risultava rafforzata dalla convinzione che la " questione ebraica ", ormai, avesse cessato di porsi. Ma il periodo di calma sarebbe durato appena un decennio, e questa speranza sarebbe stata crudelmente smentita: il vecchio odio per l'Ebreo sarebbe rivenuto fuori ben presto in una nuova forma. L'antisemitismo rinacque (in realta' non era mai morto, come al giorno d'oggi) in Germania verso il 1880; dietro le ragioni congiunturali che lo hanno fatto esplodere, vale la pena di ricercare le cause piu' profonde. L'antiebraismo di ordine religioso e' ancora vivo i parecchi ambienti. Il risveglio dei nazionalismi, che esalta il passato e il culto degli eroi, riaccende sentimenti xenofobi contro l'Ebreo, che cerca di integrarsi, ma che e', in fondo, uno straniero, per la sua "razza". In quest'epoca, infatti, cominciarono a nascere le teorie razziste e, se allora passarono inosservate, o vennero ritenute marginali, una trentina di anni dopo il successo del nazionalsocialismo si spiega solo con il fatto che esisteva nel sottofondo una corrente che risaliva a molto prima. A cio' si aggiunga l'"antisemitismo concorrenziale", determinato dalla gelosia di ordine professionale e sociale nei confronti delle capacita' manifestate dagli Ebrei e della loro ascesa in tutti i campi, economico, scientifico, medico, artistico. In Germania, in Austria, in Ungheria, l'antica calunnia di "assassinio rituale", resuscitata, da origine a scandalosi processi, mentre in Francia infuria l'"affaire Dreyfus" e in Russia un'epidemia vera e propria di pogrom decima le comunita' ebraiche, con la connivenza piu' o meno tacita delle autorita', a Odessa, a Elizabethgrad, a Kiev, e piu' tardi, nel 1903, a Kishinev. L'idea che l'unica soluzione per la questione ebraica stia, decisamente, nel ritorno in Terra Santa si va sviluppando. Gia', nel 1862, Rabbi Zvi Hirsch Kalischer cerca di dimostrare che il rientro degli Ebrei in Eretz Israel deve "precedere" la restaurazione messianica, cioe', in altri termini, che la redenzione avviene attraverso l'iniziativa umana insieme con l'intervento miracoloso della Provvidenza, secondo la credenza tradizionale. La creazione, ad opera dell'Alleanza Israelita Universale, della Scuola d'Agricoltura di Mikve Israel fu la conseguenza diretta dell'iniziativa di Rabbi Kalischer. Nello stesso anno, Moises Hess sviluppo' idee analoghe nel suo libro Roma e Gerusalemme. Ebreo assimilato, egli era pervenuto alla conclusione che l'emancipazione costituisse un ideale negativo, che avrebbe portato alla disgregazione dell'ebraismo. Egli attaccava con veemenza i liberali-riformati ai quali rimproverava, in realta', di lasciar cadere l'ideale nazionale ebraico. Per lui, la resurrezione politica di Israele non sarebbe stata opera degli Ebrei riformati, ormai troppo integrati, ma dei milioni di Ebrei ortodossi, saldamente radicati nella vita, la conoscenza e la devozione tradizionali. Vent'anni dopo, nel 1881, in risposta ai primi pogrom, Leone Pinsker di Odessa lancia il suo opuscolo famoso, Autoemancipazione, nel quale invita gli Ebrei a riconoscere che la loro unica speranza di salvezza sta nella costituzione di un proprio paese in Eretz Israel. Gia' un gruppo di giovani Ebrei russi ha dato vita al movimento "Bilu" (un nome formato dalle iniziali delle parole Beth Yaakou Lehu Venelba, "Casa di Giacobbe, venite ed andiamo", Isaia II, 5). Questi primi pionieri, sorretti da uno straordinario entusiasmo, fondarono, nonostante enormi difficolta', le primissime colonie in Eretz Israel. Essi furono aiutati nei loro sforzi dagli Hoveveh Tzion, "gli Amici di Sion", che intensificarono il movimento in Russia, e dal barone Edmond de Rothschild, che si diede molto da fare per assicurare e sviluppare questi primi insediamenti ancora molto precari. Ma solo con Theodor Herzl - frutto del combinarsi di un'epoca e di uno spirito geniale - il sionismo supero' il quadro della colonizzazione, per diventare un movimento politico organizzato, su scala mondiale. E' noto come l'affaire Dreyfus abbia trasformato questo Ebreo assimilato, che ignorava l'ebraismo, come le idee di Hess e di Pinsker, in un uomo nuovo, preoccupato del destino del proprio popolo e dell'Ebraismo. Egli non vedeva, per questo, altra salvezza se non nella fondazione di uno Stato Ebraico in Eretz Israel, dove il Popolo Ebraico avrebbe ritrovato la propria dignita' nella liberta' di vivere secondo la sua legge in seno a un paese finalmente suo. Nel suo libro, Der Judenstaat (Lo Stato Ebraico), scritto in poche settimane, in una specie di delirio misto di fervore mistico e di considerazioni pratiche, egli espone distesamente il piano di un'organizzazione ebraica mondiale. L'opera appare nel 1896 e, nel 1897, il primo Congresso Sionista formula il proprio programma: "Il Sionismo ha lo scopo di fondare in Eretz Israel una patria giuridicamente garantita per il Popolo Ebraico...". Fin dal suo sorgere, il movimento sionista suscita passioni violente, un estremo entusiasmo. Herzl stesso condurra' una lotta snervante e morra' sul campo, prematuramente, all'eta' di quarantaquattro anni. A parecchia gente non ebrea la nuova dottrina appariva pericolosa: essa poneva il problema della fedelta' politica verso i paesi di cui gli Ebrei erano diventati pacifici cittadini; rimetteva in discussione una situazione acquisita a prezzo di innumerevoli sforzi. Ai liberali-riformati, il sionismo sembrava in totale contrasto con la loro concezione di una comunita' ebraica, integrata nella socita', su base esclusivamente religiosa. Gli Ebrei Ortodossi, da parte loro (a parte una minoranza ideologica), si collegarono al movimento fin dagli inizi e costituirono, in seno al sionismo, numerosi partiti religiosi, che avevano come principio: "Eretz Israel (Il Paese di Israele) al Popolo di Israel, in base alla Tora di Israel!". Per Rabbi Abraham Isaac Kook, che fu il primo grande rabbino della Terra Santa, il movimento nazionale aveva, al di la' delle apparenze profane, un'essenza religiosa. Il Popolo di Israele - egli diceva - presenta una predisposizione naturale alla santita', nonostante il comportamento individuale di alcuni suoi membri; il ritorno di Israele nella sua terra - l'unica nella quale possa agire con completa efficacia e liberta' - rappresenta una necessita' per il Popolo Ebraico e per l'intera umanita'. Il crearsi in Eretz Israel una nazione "laica", eminenti personalita' rabbiniche, fondarono a Kattowitz l'Agudath Israel (un partito religioso ashkenazita ancora oggi famoso in Israele); sottolineando come il fondamento dell'unita' del Popolo di Israele sia la Torah, l'Aguda riteneva che tutti i problemi, sia quelli di Eretz Israel siaquelli della Diaspora, dovessero essere risolti secondo lo spirito della Torah, secondo l'Halachah, cosi' come si esprime tramite i suoi interpreti qualificati, le autorita' religiose universalmente riconosciute, i Grandi Maestri di Israele. Su di un piano diverso, Asher Ginzberg, piu' noto con lo pseudonimo di AchadHaAm, "uno del popolo", critico' violentemente il sionismo politico, definendolo negativo, nel senso che esso non cerca, in fondo, se non di porre rimedio a dei mali economici; ora, il problema e' innanzitutto, per lui, di ordine culturale e spirituale; la comunita' ebraica di Eretz Israel ha il dovere di diventare fondamentalmente il centro spirituale di tutte le comunita' ebraiche della Diaspora. La tesi di AhadHaam era puramente razionale e laica, insistendo sul primato di una morale assoluta basata sull'eguaglianza degli uomini e sull'unita' dell'umanita'; della Tradizione, egli conservava solo la fede nella missione di Israele e pensava che lo Stato Ebraico fosse indispensabile per la realizzazione dell'attesa messianica degli Ebrei. Il movimento nazionale si espresse inoltre nell'"autonomismo" - uno dei principali sostenitori del quale fu lo storico Simon Dubnov -, una dottrina basata sostanzialmente sulla sopravvivenza di milioni di Ebrei nella Diaspora, comunque fosse. Questa dottrina, al fine di conservare l'unita' del Popolo Ebraico, garantita fin li' da unlegame religioso sempre piu' fievole, auspicava un'accentuazione dell'autonomia delle comunita' ebraiche della Diaspora (lingua, liberta' religiosa e culturale), presentate come componenti di una Nazione Ebraica. D'altro canto, nell'anno stesso del primo Congresso Sionista, venne fondata a Vilna un'organizzazione, il Bun, i cui membri facevano parte dei movimenti socialisti e rivoluzionari e ne diffondevano le idee tra le masse ebraiche le quali, nella grande maggioranza, costituivano un proletariato molto misero. In seguito, il Bund ammise anch'esso nel suo programma l'ideale nazionale e la necessita', per gli Ebrei, di lottare non solo per i diritti civili e religiosi, ma anche per la conquista dei loro diritti nazionali. Lo Stato di Israele. Ilvenerdi' 14 maggio 1948 (5 Iyar 5708), il Presidente dell'Esecutivo dell'"Agenzia Ebraica", David Ben Gurion, faceva la seguente dichiarazione, di fronte a un centinaio di notabili e di giornalisti: "Noi Ebrei proclamiamo la fondazione in Eretz Israel dello Stato Ebraico che avra' il nome di Israel...!". Frutto della risoluzione adottata dalle Nazioni Unite nella seduta del 29 novembre 1947, il sogno di Herzl diventava dunque, in meno di mezzo secolo, una realta'. Il rinascere di uno Stato Ebraico, che rinnovava un passato bimillenario, dopo la tragedia piu' atroce mai subita dal Popolo Ebraico, resta per lo storico un "capriccio della storia". Come spiegare questa sorprendente e miracolosa successione di eventi che fecero precipitare il movimento conducendolo alla sua meta finale? In questi pochi decenni, due guerre mondiali, durante le quali, allesofferenze generali, per gli Ebrei si aggiunsero delle prove particolarmente pesanti: tragedia degli Ebrei russi, perseguitati con una brutalita' disumana fin dal 1914; orribili massacri in Ucraina nel 1919., virulento antisemitismo in Europa centrale, in Polonia, in Romania, in Ungheria gia' tra le due guerre; infine, il terrore nazista, che raggiunse i limiti dell'inconcepibile. I fanatici di Hitler non avevano forse organizzato lo sterminio totale del Popolo Ebraico, che chiamavano "la soluzione finale del problema ebraico"? Quando crolllo' il Terzo Reich, si pote' avere la misura di tale catastrofe; il piano diabolico di Hitler era riuscito ad andare in porto: prima di perdere la guerra, i nazisti erano riusciti a far morire, nelle camere a gas e nei forni crematori dei campi di sterminio, sei milioni di ebrei, di cui un milione e mezzo di bambini. Erano i due terzi della popolazione Ebraica in Europa, un terzo della popolazione Ebraica nel suo complesso. Accanto a quelli che accettarono passivamente la loro sorte - che si puo' considerare come una prova della loro fede, una santificazione del Nome divino - altri dimostrarono una volonta' di resistenzastraordinaria: la rivolta del ghetto di Varsavia, la lotta senza sbocco condotta da questi militanti per un mese intero, costituisce senz'altro uno degli episodi piu' commoventi di questa guerra, uno dei iu' eroici della storia ebraica. Piu' che mai, gli Ebrei avevano bisogno di un rifugio e, ben presto, agli occhi dei piu', Sion divenne la sola speranza per i superstiti. Il sogno aveva assunto forma tangibile nella Dichiarazione Balfour, nel novembre 1917, secondo la quale l'Inghilterra si impegnava a favorire la creazione di uno Stato Ebraico in Eretz Israel, le cui porte essa aprivagenerosamente in vista di una massiccia immigrazione. Tale dichiarazione fu accolta con entusiasmo dal mondo ebraico, ma la strada per la sua realizzazione sarebbe stata ancora costellata di parecchi ostacoli, innalzati dalla natura e soprattutto dagli uomini e che vennero superati dallo slancio irrefrenabile, dallo spirito di sacrificio indomito dei pionieri. Ostilita' implacabile degli Arabi, inquieti di fronte ai successi degli Ebrei, nel timore di vedersi sottratta loro la terra senza contropartite; ostilita' alimentata e fomentata da agitatori, ravvivata anche, sicuramente, da passioni religiose sempre latenti, e che degenero' ben presto in eccessi e violenze: attacchi alle colonie agricole (Metulla 1920), pogrom a Giaffa (1921), a Hebron (1929), brigantaggi organizzati nel 1936. Ostilita' anche da parte della potenza mandataria, che gioco' la carta proaraba, impose restrizioni all'immigrazione ebraica, anche durante gli anni piu' tremendi delle persecuzioni hitleriane e che arrivo', dopo la guerra, fino ad impedire lo sbarco dei reduci dai campi di sterminio, il cui solo desiderio era ormai quello di vivere nella Terra dei nostri Padri. Ne nacque l'immigrazione illegale, l'epopea dei battelli clandestini, la tragedia dello Sturuma e del Patria, che affondarono con i loro carichi di centinaia di Ebrei che volevano sfuggire alla deportazione. Una continua corrente di immigrazione faceva affluire degli Chalutzim (pionieri) che dissodavano le terre, drenavano le paludi, irrigavano le zone desertiche, costruivano citta'. L'inaugurazione dell'Universita' Ebraica a Gerusalemme nel 1925 segnava un'analoga rinascita sul piano spirituale e, soprattutto, su quello della lingua. Dobbiamo qui ricordare Eliezer Ben Yehuda che dedico' la propria esistenza alla restituzione dell'Ebraico come lingua viva e parlata da tutto il Popolo di Israele: dopo essersi stabilito in Israele, egli compose un monumentale lessico ebraico dalla Torah, dotando inoltre una lingua plurimillenaria di un vocabolario in grado di esprimere qualsiasi sfumatura e qualsiasi elemento del pensiero e della vita moderni. In effetti il legame di Israele con l'Ebraico non era mai stato interrotto: "L'Ebraico e' sempre stato il linguaggio interno del Popolo Ebraico, la lingua in cui traduceva i suoi sentimenti e la sua nostalgia" (Lea Goldberg). Per parecchie volte in pochi anni lo Stato d'Israele si e' trovato a scontrarsi in armi contro gli Arabi: nel 1948-1949, promossa da tutti i paesi arabi della regione all'atto stesso della costituzione di Israele; nel 1956, con la guerra promossa dall'Egitto di Nasser, qumdo nella campagna del Sinai, con una rapidissima operazione durata un centinaio d'ore, l'esercito israeliano si porto' fino al Canale di Suez; nel giugno 1967, nella cosiddetta "guerra dei sei giorni", promossa dai paesi arabi sui confini di Israele che ebbe un'eccezionale risonanza su tutta la popolazione ebraica. Essa, al di la' del semplice sentimento di solidarieta' fra Israele e la Diaspora, opero' una nuova saldatura fra gli Ebrei della Diaspora e quelli di Israele; certo e' che ognuno si senti' coinvolto da quegli avvenimenti. Segui' poi la guerra del Kippur promossa dall'Egitto di Sadat alleato con gli altri paesi arabi della regione, con un attacco a sorpresa nel giorno di Kippur. Si giunse alla guerra in Libano del 1982 promossa dalle basi integraliste islamiche nel sud del Libano; per poi arrivare, in fine, dopo altre atroci sofferenze, fino ad oggi con la nuova entifada antiebraica. Tutte le guerre di Israele sono state difensive, fortunatamente, grazie a D-o, Israele non ha mai perso una guerra, se ne dovesse perdere una potrebbe essere l'ultima. Agli occhi degli Ebrei la vittoria,con la riconquista dopo duemila anni dell'antica Gerusalemme, della collina del Tempio e del muro occidentale (ultima traccia del santuario), sembrava dar corpo ad antichi sogni innestati sulla linea delle prospettive profetiche. Nella mentalita' ebraica l'unita' si concretizza nello stesso territorio israeliano attraverso il "raduno degli esuli", provenienti da settanta paesi diversi (i quattro angoli del mondo) in cui, ignorandosi per secoli, avevano contratto abitudini e caratteristiche diverse. Il "raduno degli esuli" e la loro "fusione ", appare come uno dei fenomeni piu' interessanti dell'attuale Stato di Israele. Una notevole vivacita' culturale ha accompagnato la vita dell'ebraismo. Ne hanno beneficiato certo la letteratura e le belle arti; ma e' soprattutto il sentimento religioso che, nonostante apparenze contrarie, ha avuto il rilancio piu' sensibile. L'emozione che colse i paracadutisti israeliani al momento del "ritrovamento" del murooccidentale nel corso della "guerra dei sei giorni" ne e' una prova. Dietro le forme esteriori della vita ebraica che ritmano ed inquadrano quella dello Stato Ebraico, si accresce la conoscenza dell'ebraismo e il sentimento religioso si arricchisce. Fin da tenera eta' i bambini sono iniziati allo studio della Torah; quali che ne siano gli scopi ei metodi, non c'e' dubbio che tale studio eserciti un'influenza profonda. Numerose sono le scuole religiose femminili e le Yeshivot, frequentate da decine di migliaia di allievi, che si preoccupano di diffondere la conoscenza della Torah in Israele. Anche la produzione letteraria a carattere religioso e' rilevante. Tutti segni, questi, di un interesse per il fatto religioso che va al di la' delle differenziate posizioni politiche. Ben Gurion ebbe a dichiarare che "il Raduno degli Esuli, cioe' il rientro del Popolo Ebraico nel suo Paese, Eretz Israel, e' l'inizio della realizzazione della redenzione messianica". Ulteriore conferma di una ispirazione religiosa di fondo, che ha alimentato speranze contro ogni scetticismo. Non c'e' dubbio che la visione messianica dei profeti, una visione di pace e di redenzione, ha accompagnato costantemente il Popolo Ebraico diventando uno deimotori piu' potenti della sua storia ed uno dei sostegni piu' solidi nelle prove che ha dovuto affrontare. Si direbbe che nei duemila anni passati questo popolo non ha fatto che preservare la propria fede e i propri valori negli ambienti piu' disparati. Con un punto di riferimento nel nuovo Stato d'Israele, sembra ora voler riproporre piu' energicamente il ruolo che i profeti gli assegnano, quello cioe' di essere segno per il mondo. Esso vede definita la propria missione fra le nazioni dalla promessa divina al primo dei patriarchi, Abramo: "Una benedizione per tutte le nazioni della terra", "Un Popolo di Sacerdoti", "Una Nazione Santa", prospettiva religiosa degli Ebrei di oggi Israele e' chiamato a svolgere un ruolo sacerdotale nei confronti dell'umanita' intera teso a ridare a quest'ultima il senso della sua originaria unita'. Se questo e il significato e lo scopo del Popolo Ebraico e di conseguenza anche dello Stato Ebraico di Israele, e se e' vero che le radici dello Stato Ebraico e del Sionismo sono parte integrante dell'Ebraismo e della Torah, e se ancora l'identita' Ebraica dello Stato Ebraico e' parte fondamentale della sua Costituzione; distaccare lo Stato di Israele dal suo significato e dalla sua sorgente di vita che e' la Torah, vorebbe dire la distruzione dello Stato Ebraico e ne verrebbe meno la sua ragione d'esistere. Per questo motivo giudico pericolose le nuove tendenze laiciste di una certa parte della societa' israeliana che minano lo Stato Ebraico. In special modo mi riferisco alla famosa "Rivoluzione Laica" di Barak che se venisse attuata (cosa che non e' ancora avvenuta a causa dello scoppio della nuova entifada atiebraica) provocherebbe una spaccatura irreparabile all'interno del Popolo Ebraico e delle stesse istituzioni statali. Israele non puo' e non deve essere uno stato come gli altri, Israele non e' uno stato qualsiasi dove per caso c'e' una maggior concentrazione di Ebrei rispetto gli altri paesi (USA esclusi), Israele non e' solo uno stato per gli Ebrei. Israele e' lo Stato Ebraico, una Democrazia Ebraica, e la sua Identita' Ebraica non deve mai venir meno. Questa identita' Ebraica compare nei simboli e negli ideali della fondazione dello Stato di Israele: nel Congresso Sionista; nella Meghillat Atzmaut; nella bandiera di Israele che rappresenta niente meno che un Tallit con un Maghen David tra due strisce azzurre (come azzurro e' il Petil Techelet), la Bandiera dello Stato di Israele e stata stabilita durante il Congresso Sionista, e' stato detto: "Noi Ebrei abbiamo una bandiera, ed e' blu e bianca". Il tallit in cui ci avvolgiamo quando preghiamo: questo e' il nostro simbolo, togliamo questo tallit dalla sua custodia e srotoliamolo davanti agli occhi di Israele e agli occhi di tutte le nazioni..."; nell'Emblema dello Stato di Israele la Menorah il simbolo piu' antico e importante dell'Ebraismo in ricordo del Bet-HaMikdash e non solo, la Menorah e' circondata da due rami d'ulivo, congiunti in basso dall'iscrizione "Israel" in caratteri ebraici, il ramo di ulivo e' sinonimo di pace fin da quando la colomba inviata a cercare la terraferma ne riporto' uno all'arca di Noe' (Genesi, 8:11). Israele e' il principio della fioritura della nostra Redenzione. Questo e' il mio punto di vista. Paolo Mordechay Sciunnach |