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ago 20, 2002 |
Opinioni dei nostri visitatori,  |
redazione

L'eredita' di Abramo<br>dono di Natale

Per Natale ci scambiamo dei doni, per dare gioia gli uni agli altri e partecipare cosi' alla gioia che il coro degli angeli annunzio' ai pastori, richiamando alla memoria il regalo per eccellenza che D-o fece all'umanita' donandoci suo Figlio Gesu' Cristo. Ma questo e' stato preparato da D-o in una lunga storia, nella quale - come dice sant'Ireneo - D-o si abitua a stare con l'uomo e l'uomo si abitua alla comunione con D-o.

Questa storia comincia con la fede di Abramo, Padre dei credenti, Padre anche della fede dei cristiani e per la fede nostro Padre. Questa storia continua nelle benedizioni per i patriarchi, nella rivelazione a Mose' e nell'esodo di Israele verso la terra promessa. Una nuova tappa si apre con la promessa a Davide ed alla sua stirpe di un regno senza fine. I profeti a loro volta interpretano la storia, chiamano a penitenza e conversione e preparano cosi' il cuore degli uomini a ricevere il dono supremo.

Abramo, Padre del popolo di Israele, Padre della fede, e' cosi' la radice della benedizione, in lui "si diranno benedette tutte le famiglie della terra"
(Gen 12, 3).
Compito del popolo eletto e' quindi donare il loro D-o, il D-o unico e vero, a tutti gli altri popoli, e in realta' noi cristiani siamo eredi della loro fede nell'unico D-o. La nostra riconoscenza va dunque ai nostri fratelli ebrei che, nonostante le difficolta' della loro storia, hanno conservato, fino ad oggi, la fede in questo D-o e lo testimoniano davanti agli altri popoli che, privi della conoscenza dell'unico D-o, "stavano nelle tenebre e nell'ombra della morte"
(Lc 1, 79)

Il D-o della Bibbia degli ebrei, che e' Bibbia - insieme al Nuovo Testamento - anche dei cristiani, a volte di una tenerezza infinita, a volte di una severita' che incute timore, e' anche il D-o di Gesu' Cristo e degli apostoli. La Chiesa del secondo secolo dovette resistere al rifiuto di questo D-o da parte degli gnostici e soprattutto di Marcione, che opponevano il D-o del Nuovo Testamento al D-o demiurgo creatore, da cui proveniva l'Antico Testamento, mentre la Chiesa ha sempre mantenuto la fede in un D-o solo, creatore del mondo e autore di ambedue i testamenti. La coscienza neotestamentaria di D-o che culmina nella definizione giovannea "D-o e' amore" (1 Giov 4, 16) non contraddice il passato, ma compendia piuttosto l'intera storia della salvezza, che aveva come protagonista iniziale Israele.

Percio' nella liturgia della Chiesa dagli inizi e fino ad oggi risuonano le voci di Mose' e dei profeti; il salterio di Israele e' anche il grande libro di preghiera della Chiesa. Di conseguenza la Chiesa primitiva non si e' contrapposta a Israele, ma credeva con tutta semplicita' di esserne la continuazione legittima. La splendida immagine di Apocalisse 12, una donna vestita di sole coronata di dodici stelle, incinta e sofferente per i dolori del parto, e' Israele che da' la nascita a colui "che doveva governare tutte le nazioni con scettro di ferro" (Sal 2, 9); e tuttavia questa donna si trasforma nel nuovo Israele, madre di nuovi popoli, ed e' personificata in Maria, la Madre di Gesu'.

Questa unificazione di tre significati - Israele, Maria, Chiesa - mostra come, per la fede dei cristiani, erano e sono inscindibili Israele e la Chiesa.

Si sa che ogni parto e' difficile. Certamente fin dall'inizio la relazione fra la Chiesa nascente ed Israele fu spesso di carattere conflittuale. La Chiesa fu considerata da sua madre figlia degenere, mentre i cristiani considerarono la madre cieca ed ostinata. Nella storia della cristianita' le relazioni gia' difficili degenerarono ulteriormente, dando origine in molti casi addirittura ad atteggiamenti di antiebraismo, che ha prodotto nella storia deplorevoli atti di violenza. Anche se l'ultima esecrabile esperienza della shoah fu perpetrata in nome di un'ideologia anticristiana, che voleva colpire la fede cristiana nella sua radice abramitica, nel popolo di Israele, non si puo' negare che una certa insufficiente resistenza da parte di cristiani a queste atrocita' si spiega con l'eredita' antiebraica presente nell'anima di non pochi cristiani. Forse proprio a causa della drammaticita' di quest'ultima tragedia, e' nata una nuova visione della relazione fra Chiesa ed Israele, una sincera volonta' di superare ogni tipo di antiebraismo e di iniziare un dialogo costruttivo di conoscenza reciproca e di riconciliazione. Un tale dialogo, per essere fruttuoso, deve cominciare con una preghiera al nostro D-o perche' doni prima di tutto a noi cristiani una maggiore stima ed amore verso questo popolo, gli israeliti, che "possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che e' sopra ogni cosa, D-o benedetto nei secoli. Amen." (Rom 9, 4-5), e cio' non solo nel passato, ma anche presentemente "perche' i doni e la chiamata di D-o sono irrevocabili" (Rom 11, 29). Pregheremo egualmente perche' doni anche ai figli d'Israele una maggiore conoscenza di Gesu' di Nazareth, loro figlio e dono che essi hanno fatto a noi. Poiche' siamo ambedue in attesa della redenzione finale, preghiamo che il nostro cammino avvenga su linee convergenti.

E' evidente che il dialogo di noi cristiani con gli ebrei si colloca su un piano diverso rispetto a quello con le altre religioni. La fede testimoniata nella Bibbia degli ebrei, l'Antico Testamento dei cristiani, per noi non e' un'altra religione, ma il fondamento della nostra fede. Percio' i cristiani - ed oggi sempre piu' in collaborazione con i loro fratelli ebrei - leggono e studiano con tanta attenzione, come parte del loro stesso patrimonio, questi libri della Sacra Scrittura. E' vero che anche l'Islam si considera figlio di Abramo e ha ereditato da Israele e dai Cristiani il medesimo D-o, ma esso percorre una strada diversa, che ha bisogno di altri parametri di dialogo.

Per ritornare allo scambio di doni natalizi con cui ho cominciato questa meditazione dobbiamo prima di tutto riconoscere che tutto cio' che noi abbiamo e facciamo e' un dono di D-o, che si ottiene per mezzo della preghiera umile e sincera, un dono che deve essere condiviso tra etnie diverse, tra religioni in ricerca di una maggiore conoscenza del mistero divino, tra nazioni che cercano la pace e popoli che vogliono stabilire una societa' in cui regni la giustizia e l'amore. Questo e' il programma tracciato dal Concilio Vaticano II per la Chiesa del futuro e noi cattolici chiediamo al Signore di aiutarci a perseverare su questa via.

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