Cap. IV
Il matrimonio nel folclore ebraico

Introduzione:

Ogni comunita' ha sviluppato nel corso dei secoli dei propri Minnaghim (usi) e costumi, che in genere non contrastano con le norme stabilite dai maestri, ma che a volte si aggiungono e a volte vanno a colmare dei vuoti lasciati dalla legislazione gia' codificata.

Lo scrupolo e l'attenzione con i quali i nostri padri hanno saputo conservare le proprie tradizioni, dimostra quanto esse fossero sentite presso il popolo ebraico.

I maestri hanno sempre difeso ed incoraggiato il valore degli usi locali, anche quando questi, a prima vista, potevano sembrare privi di una base logica.

Rabbi' Shimon Bar Jokai soleva dire:

Non cambiare gli usi di tuo padre.

Questo principio si ritrova gia' nel libro dei proverbi:

Ascolta figlio mio l'ammonimento di tuo padre e non abbandonare l'insegnamento di tua madre.

Il Rema', autore delle aggiunte di rito askenazita allo Shulchan Aruch, cosi' scrive:

Non si deve annullare nessun uso, ne' deriderlo, perche' non furono stabiliti invano.

I Minnaghim sono diventati parte integrante nella vita degli ebrei. Durante i secoli, molti hanno trovato conforto e aiuto contro i pericoli esterni, grazie proprio all'osservanza di queste tradizioni.

Generalmente questi usi venivano tramandati oralmente da padre in figlio, di generazione in generazione. La grande ricchezza di tradizioni che riguardano il matrimonio trova la sua principale fonte nella bibbia. Ne abbiamo esempi dalla formazione della prima coppia umana, dal racconto di Eliezer servitore di Abramo, il quale chiese Rebecca in sposa per Isacco, dalla storia di Ruth e dal cantico dei cantici, da alcuni salmi di David e dal libro di Salomone. Anche gli avvenimenti della promulgazione del decalogo sul monte Sinai, in cui D-o e' paragonato allo sposo ed Israele alla sua sposa, hanno dato origine a molte usanze ancora oggi presenti nel matrimonio.

Ogni ebreo ha il dovere di continuare a conservare i propri Minnaghim, cosi' come le leggi che a lui sono giunte, per poi trasmetterle alle generazioni future, come patto eterno tra D-o ed il popolo ebraico.

Il periodo del matrimonio

Nella Mishnah troviamo gia' stabiliti i giorni in cui i matrimoni dovevano essere celebrati. Per la donna vergine il mercoledi', dato che il giorno seguente si riuniva il tribunale rabbinico e poteva quindi esaminare eventuali controversie che fossero sorte in campo matrimoniale; invece per la donna vedova o divorziata il giovedi', in modo che il marito potesse rallegrarsi con lei almeno tre giorni, fino al sabato.

In alcune comunita' vi e' l'uso di iniziare le celebrazioni all'imbrunire del martedi' e terminarle quando ormai e' sera ed e' gia' iniziato il giorno successivo. Il motivo di cio' trova il suo fondamento nel racconto della genesi, sulla creazione del mondo. Infatti sia nel terzo giorno che nel quarto troviamo scritto:

E vide il signore che cio' era buono.

In altre comunita' usano celebrare le nozze il venerdi' per lo stesso motivo precedente, ovvero:

Cio' che aveva fatto il signore era molto buono e fu sera e fu mattina e fu il sesto giorno.

Presso molte comunita' askenazite era uso sposarsi il venerdi' sul tramonto, in modo da poter organizzare il banchetto nuziale all'entrata del sabato. In questo modo si dava la possibilita' anche ai poveri e ai forestieri di partecipare al convito nuziale e farli dunque gioire sia per la festa degli sposi che per quella del sabato.

In ogni caso il matrimonio non puo' essere celebrato di sabato, perche' lo sposo non faccia un kinian (acquisto) sposando sua moglie in questo giorno, ed anche perche' e' vietato aggiungere la gioia (del sabato) ad altra gioia (con il matrimonio). Per le stesse ragioni precedenti, il divieto sussiste anche nei giorni festivi e semifestivi.

E' proibito inoltre celebrare il matrimonio nei giorni dell'Omer (compresi tra le feste di Pesach e Shavuot), ad esclusione del trentatreesimo giorno di questo periodo, in ricordo di gravi sciagure accadute al popolo ebraico durante il dominio romano.

Presso le comunita' askenazite il divieto si interrompe con il trentatreesimo giorno, mentre in Italia il periodo e' ancora piu' corto, dal mese di jiar, (successivo a quello in cui si celebra Pesach) fino al trentatreesimo dell'Omer.

Il matrimonio infine non viene celebrato nel periodo intercorrente tra i due digiuni, dal diciassette di tamuz al nove di av, in ricordo dei luttuosi eventi avvenuti durante l'assedio babilonese (conclusosi con la distruzione del secondo tempio di Salomone e la deportazione del popolo ebraico).

In alcune comunita' vige l'uso di non sposarsi durante il mese di marcheshvan in quanto l'inizio di questa parola, mar, ha il significato di amaro, triste.

Alcuni usano sposarsi con la luna piena, simbolo tradizionale di buon auspicio e di buon augurio.

Presso alcune comunita' sefardite il matrimonio viene spesso celebrato durante la settimana che precede la festa di Sukkoth, per dare la possibilita' agli sposi, una volta conclusa la settimana matrimoniale, di continuare ancora con sette giorni di gioia per la festa di Sukkoth.

La settimana precedente il matrimonio

I primi codificatori avevano gia' stabilito che era tradizione, il sabato precedente le nozze, di organizzare un banchetto abbondante e festoso, in onore degli sposi.quest'uso e' diffuso ancora presso molte comunita', soprattutto askenazite. In questo sabato lo sposo e' solito assistere alla lettura sacra del Pentateuco o a quella di testi profetici in segno di gioia vengono gettate caramelle e noci e cantati appositi salmi. I genitori degli sposi, cosi' come i loro parenti, assistono alla lettura del pentateuco, anche se per loro non e' un obbligo prioritario.

Un antico uso di Gerusalemme era quello di accompagnare lo sposo, all'uscita del tempio, nella casa del gran rabbino, il quale gli impartiva un'apposita benedizione come augurio di buona sorte.In altre comunita' vi era l'usanza che parenti e amici si recassero in casa degli sposi per assaggiare cibi appositamente preparati per l'occasione. Presso gli askenaziti la settimana che precede il matrimonio e' chiamata pitu'm, abbondanza di cibi; vengono infatti preparati numerosi banchetti in casa dei genitori. Il giovedi' precedente il matrimonio viene organizzata una festa particolare chiamata Seuda't Sivlono't (pasto dei doni), in cui lo sposo invia regali alla futura sposa ed anche ai parenti di essa. Questo uso trova la sua fonte nel racconto di Eliezer, il quale invia regali a Rebecca ed ai suoi familiari e li fa seguire da un convito.

Il giorno che precede il matrimonio la sposa viene accompagnata da parenti ed amiche sposate al Mikve' per eseguire la Tevila'. In questa occasione le vengono ricordate le regole di purita' matrimoniale e segue poi un abbondante pasto.

Prima del matrimonio gli sposi si recano al cimitero ed invitano, in senso allegorico, i propri cari scomparsi al loro matrimonio.

Preso gli ebrei di Roma, il giovedi' sera precedente alle nozze, si fa una festa particolare in onore degli sposi, detta Mishmara' (veglia). In questa cerimonia vengono serviti, fra le altre cose, cibi e dolci tradizionali. Vengono recitati vari brani della bibbia e, alla fine, viene impartita dai genitori una commovente benedizione sacerdotale. E' uso che la mattina precedente a questa festa, gli sposi si rechino al cimitero a far visita ai defunti. Il giorno seguente alla Mishma'ra, la sposa viene accompagnata dalla mamma e da alcune amiche al Mikve', al termine del quale le viene rilasciato un opuscolo con le regole fondamentali di purita' e sacralita' della famiglia. Il venerdi' sera, all'uscita del tempio, i parenti si riuniscono, sia per celebrare la festa del sabato, che per onorare i futuri sposi e gioire con loro. Il sabato mattina le famiglie si recano di nuovo al tempio e lo sposo, suo padre e suo suocero assistono alla lettura della Torah, seguita da un Kiddush in loro onore.

Presso gli ebrei sefarditi originari dei paesi islamici vi e' una suggestiva cerimonia che normalmente si svolge il mercoledi' precedente le nozze. Il fidanzato manda alla sua ragazza delle foglie di He'nna (dall'aramaico hinna', grazia) che le donne macinano con acqua ricavandone un impasto rosso. Il mercoledi' sera viene organizzata una festa chiamata appunto Ha'nna, nella quale, dopo aver letto alcuni passi dello Zohar, si consegna alle ragazze e ai parenti una parte dalla He'nna per tingersi di rosso le mani ed i piedi come segno di scongiuro. La sposa, vestita tutta di rosso, viene portata in processione da dieci, quindici fanciulle, vestite anch'esse di rosso, ognuna con una candela in mano. Il giorno seguente la futura sposa si reca al Mikve' accompagnata dalle proprie parenti e da quelle dello sposo, queste ultime incaricate di controllare se abbia eventuali difetti occulti. Dopo il bagno le vengono insegnate le regole relative al ciclo mestruale nella condizione di sposa nonche' tutti gli altri precetti a questa collegati.

Anche presso tali comunita' si usa organizzare per l'occasione un banchetto con invio di doni. Il promesso sposo invia in casa della fidanzata un cuore di vitello, che verra' da lei mangiato con l'aggiunta di zucchero (come buon augurio che sia dolce anche il cuore del suo futuro marito).

Presso gli ebrei dello Yemen vi e' la tradizione che anche lo sposo, all'uscita del sabato precedente al matrimonio, si rechi al Mikve' per il bagno rituale. Lo sposo viene accompagnato a questa cerimonia da parenti ed amici e tra canti e balli viene poi vestito degli abiti nuziali. In questa comunita' e' uso che i matrimoni vengano di solito celebrati nella stagione invernale, cio' in ricordo del canto tradizionale che viene intonato agli sposi: ha makshata' ha mazlacha' (frase aramaica che significa: ecco il successo, ecco la fortuna). Dalla parola makshata' si ricavano infatti le iniziali dei cinque mesi invernali: Marcheshva'n, Kisle'v, Sheva't, Teve't e Ada'r.

In alcune comunita' sefardite (Salonicco, Rodi e Bosnia) vi e' un'antica cerimonia, derivata direttamente dalla Spagna, detta conosimento (conoscimento) o basamano (baciamano). La cerimonia viene celebrata, dopo aver raggiunto l'accordo di matrimonio, dalle famiglie dei fidanzati. In questa festa il giovane dona alla ragazza l'anello di fidanzamento, mentre il padre di lei regala generalmente al suo genero un orologio o una catena d'oro. La ragazza viene poi condotta alla presenza dei suoceri e, dopo aver baciato loro le mani, riceve da costoro doni di fidanzamento. La stessa cosa avviene con il fidanzato, il quale dopo la fine di questo cerimoniale presenta la promessa a sposa tutti i parenti.

In Turchia, il mercoledi' precedente le nozze viene organizzata una festa in onore della fidanzata, dopo che questa ha eseguito la Tevila'. In tale occasione vengono preparati dolci speciali, tra cui uno particolare, chiamato rusca. La rusca e' una ciambella composta di farina finissima, zucchero e mandorle tritate ed e' considerata, dagli ebrei turchi, simbolo di fertilita'. Al termine della cerimonia, la rusca viene suddivisa tra le giovani ragazze presenti, con l'augurio che anche loro possono sposarsi presto.

Il sabato che precede il matrimonio, l'officiante annuncia cosi' al tempio:

Il tal figlio del tale sposera' la tal figlia del tale, ecco, auguriamo la stessa cosa ai vostri figli e alle vostre figlie.

Nella comunita' di Gerba vi sono tradizioni matrimoniali che non hanno riscontro in nessun altro luogo. La sposa promessa resta segregata in una stanza oscura per quaranta giorni, fino a quando non sia annunciata pubblicamente la sua condizione. Prima delle nozze la fanciulla viene portata al Mikve' per il bagno rituale, oltre che dai suoi parenti anche da quelli del suo fidanzato, perche' questi possano accertare la sua illibatezza.

Nel giorno delle nozze le si fa cavalcare un cammello, cosi' come e' raccontato a proposito di Rebecca; poi alcuni ragazzi giovani, vestiti con abiti femminili, la conducono fin sotto la Chuppah. Qui viene poi avvolta con un lenzuolo bianco, lo stesso che sara' poi disteso sul letto nuziale per la prima notte di matrimonio; si rompe quindi un uovo sulla testa della fanciulla e le vengono spalmati miele e farina sulle mani e sui piedi, per augurio di buona sorte. Trascorsa la prima notte di matrimonio, lo sposo mostra ai testimoni il lenzuolo che attestera' la verginita' della ragazza. Dopo la verifica, i testimoni appongono la propria firma sulla Ketubah, aggiungendo prima la frase seguente:

Abbiamo trovato il giardino chiuso e la fonte sigillata.

In questa comunita' i matrimoni venivano celebrati in eta' molto precoce e, in alcuni casi, anche a tredici anni, cosi' da celebrare contemporaneamente sia il Bar-Mitzva' che il matrimonio. Durante il fidanzamento era proibito ai due giovani incontrarsi o aver qualsiasi rapporto tra loro, anche se questo periodo si fosse protratto per lungo tempo. A volte accadeva che i genitori prendessero accordi tra loro senza aver mai visto la fidanzata del proprio figlio, anzi poteva capitare che gli sposi si vedessero per la prima volta solo durante il giorno delle nozze.

In Persia, prima del fidanzamento, veniva consultato un indovino per chiedere agli astri se la futura sorte degli sposi sarebbe stata favorevole. Durante la festa che ne seguiva, dopo aver ricevuto la risposta affermativa, il ragazzo consacrava subito a se' la ragazza con un anello.

Presso gli ebrei dell'Afghanistan, l'accordo era alquanto lungo e laborioso. Normalmente gli Erusin avvenivano per mezzo di tre sensali, scelti tra le donne piu' anziane e piu' conosciute. Quando la ragazza, insieme ai genitori, si presentava in casa dello sposo, ella teneva gli occhi sempre chiusi; se il giovane la trovava attraente, allora la madre di lui le copriva la faccia con un velo e le consegnava l'anello di fidanzamento. Subito dopo veniva organizzato un banchetto ed i parenti di entrambi offrivano in regalo alla fanciulla monili, braccialetti e anelli d'oro.

Nel giorno del matrimonio

La sera precedente alle nozze, c'e' chi usa offrire un gran convito; questo e' chiamato seudat sivlonot (il pranzo dei doni), dato che lo sposo usa inviare leccornie e regali alla sua promessa sposa prima del banchetto.

Alcuni maestri spiegano che il motivo di questa usanza e' di permettere allo sposo di vedere la propria sposa prima delle nozze, cosi' come troviamo scritto nel Talmud:

Disse Rav Jeuda' a nome di Rav: e' proibito all'uomo sposare una donna prima che l'abbia vista, perche' forse potrebbe vedere in lei qualcosa di ripugnante ed averla in disprezzo.

Nel giorno delle nozze alcuni hanno l'abitudine di pregare in casa dello sposo, in segno di buon augurio, recitando appositi salmi.

In questo giorno gli sposi sono soliti digiunare: svariate le ragioni alla base di questa tradizione. Secondo alcuni, in questo modo il precetto del matrimonio e del banchetto che ne segue, si fa piu' desiderabile.secondo altri, essendo questo giorno di perdono e di espiazione per gli sposi, le loro colpe vengono annullate con il digiuno.Secondo altri ancora, occorre che non vi sia il dubbio che uno degli sposi abbia potuto ubriacarsi prima del matrimonio e renderlo dunque nullo.In alcune comunita' anche i genitori degli sposi usano digiunare nel giorno del matrimonio dei propri figli.

Avviandosi sotto la Chuppah

In molte comunita' c'e' la consuetudine che lo sposo venga condotto fin sotto la Chuppah da due persone, generalmente le piu' anziane e sagge, una alla sua destra e l'altra alla sua sinistra.anche per la sposa vi e' questa usanza, dedotta dal libro della Genesi:

D-o dopo aver creato la donna la condusse ad Adamo.

Ma vi e' anche un'altra spiegazione; lo sposo, nel giorno delle sue nozze, e' paragonato ad un re e poiche' il re e' accompagnato da soldati, lo sposo viene circondato da accompagnatori.

La sposa, adornata con gioielli e monili, vestita con abiti regali e circondata da ragazze non ancora sposate, viene accompagnata fin sotto la Chuppah, mentre si recitano salmi di gioia e di allegria.

Presso alcune comunita' orientali la sposa viene acconciata con una corona o con una ghirlanda di fiori e le vengono intrecciati i capelli, cosi' come secondo una tradizione, fece D-o con Eva presentandola ad Adamo.

In certe comunita' askenazite e' uso che lo sposo si presenti alla sua sposa vestito di bianco, inclusi il talleth e le scarpe, per confermare quanto e' scritto:

In ogni momento siano i tuoi vestiti bianchi.

Secondo altre usanze askenazite, lo sposo indossa una tunica bianca chiamata khitel, la stessa che gli verra' poi fatta indossare per la sepoltura, con l'intento di ricordargli, nel momento piu' bello della sua vita, il giorno della morte e indurlo quindi a far penitenza.

Il motivo per cui allo sposo viene prescritto il talleth durante le nozze, lo si deduce dalle parole del Pentateuco:

Delle frange ti farai ai quattro angoli del tuo vestito, con il quale ti coprirai,

Da collegare con il versetto seguente:

Quando un uomo prendera' una donna (come moglie).

In alcune comunita' e' la donna stessa che regala il talleth allo sposo, perche' questo avendo otto frange per ogni lato, forma il numero trentadue; lo stesso che si trova nella parola lev (cuore).

Nell'Europa orientale, alcune comunita' askenazite usano portare la sposa nella Chuppah sopra una poltrona regale. Quando la ragazza e' vicina al suo sposo, questo la copre con un velo e le dice:

Possa tu, sorella nostra, divenire migliaia di volte diecimila.

In molte comunita' sefardite, dopo aver letto la Ketubah, si usa mettere ai piedi degli sposi due pesci vivi in una bacinella d'acqua e recitare:

Siate fecondi e moltiplicatevi come i pesci.

Altri usano spingere verso gli sposi un gallo e una gallina dicendo:

Siate fecondi e moltiplicatevi come le galline.

In Francia e in Germania era tradizione porre della cenere sulla testa dello sposo in ricordo della distruzione del tempio di Gerusalemme.

Presso alcune comunita', dopo la celebrazione del matrimonio gli sposi vengono introdotti in una camera preparata appositamente per loro, in modo da adempiere subito al precetto dell'unione fisica nuziale.

Nel Kurdistan, gli ebrei celebravano normalmente il matrimonio la domenica sera; si faceva seguire un rinfresco per soli parenti, che continuava pure il giorno successivo. Durante le sette benedizioni, lo sposo eseguiva sortilegi con l'intento di annullare il potere malefico di eventuali nemici. Soltanto per il giovedi' sera veniva organizzato un gran banchetto, cui erano invitati parenti, amici e conoscenti.

Ci furono nel Kurdistan gravi persecuzioni e molti ebrei furono costretti con la forza ad abiurare alla propria religione in favore di quella islamica e persino a divorziare dalla propria moglie se questa non avesse seguito l'abiura del marito. Vennero cosi' a verificarsi situazioni per cui alcune donne, legate con il vincolo matrimoniale, non potevano ne' scioglierlo ne' passare a nuove nozze. Per ovviare a questo penoso problema il gran rabbino di Baghdad, Yosef Chaim, decreto' che sulla Ketubah venisse scritta la seguente condizione:

... E se, non sia mai detto, io non apparterro' piu' al popolo di Israele e mi convertiro' ed usciro' del tutto dal popolo d'Israele, sia i Kiddushin, che le condizioni e questa stessa Ketubah, siano considerati nulli e non validi nel loro stesso fondamento ed ecco tu sarai libera di sposarti con un altro uomo.

Presso gli ebrei originari del Kurdistan si e' mantenuta una antica tradizione, risalente al periodo del Talmud e dei Gheonim, nel caso in cui uno dei due sposi muoia prima del matrimonio.

Cosi' racconta il Braur nel suo libro:

Veniva preparato l'impasto rosso della henna e spalmato sia sulla sposa che sullo sposo defunto, come era uso fare se questo era ancora vivo. La ragazza veniva vestita con abiti nuziali e adornata con monili e gioielli e alla fine veniva celebrata la cerimonia del cambio degli anelli. Quello dello sposo morto veniva infilato al dito di lei, mentre quello della sposa al dito di lui. Se invece era la ragazza a morire, questa, dopo aver fatto la cerimonia della Ha'nna, veniva vestita con abiti nuziali e seppellita in questo modo.

Gli ebrei della Bosnia usano indossare durante il matrimonio un prezioso talleth ricamato ai bordi in oro o argento, ricevuto per l'occasione in dono dal suocero. L'officiante chiede allo sposo l'anello ed anche un fazzoletto per la cerimonia del Kinian (acquisizione). Durante la lettura del contratto matrimoniale, viene dato da afferrare allo sposo un lembo del fazzoletto e con questo gesto egli accetta ed acquista le clausole scritte nella Ketubah.

Dopo la lettura, lo sposo riceve dall'officiante l'anello e consegnandolo alla donna ripete la frase di consacrazione. Alla fine del rito, i genitori coprono con il talleth gli sposi afferrandolo ai quattro angoli, mentre l'officiante celebra le benedizioni matrimoniali.

In questa cerimonia e' da notare la somiglianza con l'uso romano. Il fazzoletto non viene usato per il Kinian, per il quale si usa invece un lembo del talleth, bensi' per abbellire la torcia tenuta dal fratello maggiore. L'altra piccola differenza e' che i genitori non tengono il talleth, bensi', insieme all'officiante impartiscono la solenne benedizione sacerdotale agli sposi, come segno di augurio per una lunga e felice vita coniugale.

Presso alcuni ebrei sefarditi lo sposo usa indossare un copricapo di seta pregiata, in quanto troviamo scritto:

Come lo sposo che, alla maniera sacerdotale, indossa il copricapo.

Secondo l'usanza diffusa presso le comunita' sefardite, la Chuppah viene costruita a cielo aperto e possibilmente di sera, come segno di buona sorte e augurio di una numerosa progenie.Invece presso le comunita' askenazite (ed anche italiane), il baldacchino viene allestito all'interno della tempio, sul palco sinagogale, o in casa dello sposo.Le due persone che accompagnano gli sposi usano tenere in mano una candela accesa; a Roma normalmente e' il fratello maggiore dello sposo a sorreggere una torcia, formata da due o quattro candele (e questo perche' la parola ner, candela, ripetuta due volte, ha lo stesso valore numerico della frase peru' urbu', crescete e moltiplicatevi).

Presso gli ebrei askenaziti, la sposa usa fare tre giri intorno allo sposo per simboleggiare la frase scritta tre volte in Osea: e sarai legato a me. In altre comunita' si usa fare invece sette giri, com'e' scritto:

E la femmina girera' intorno al suo uomo.

Benedizioni nuziali

I nostri maestri hanno spiegato che la cerimonia delle benedizioni nuziali e' un precetto che si deduce direttamente dalla Torah. A Rebecca viene impartita infatti la benedizione matrimoniale mentre si congeda dai suoi familiari per andare in sposa ad Isacco. Secondo Rabbi' Yochanan il versetto sopra citato si riferisce alla benedizione dei Kiddushin (o Erusin), mentre quella del matrimonio si riferisce alla frase:

E li benedisse.

Secondo l'interpretazione di Rav Nachman, a nome di una', figlio di Nata'n, anche quando un vedovo sposa una vedova c'e' l'obbligo di benedizione, poiche' leggiamo:

E prese dieci persone tra gli anziani e disse: sedete qui'.

Infatti sia Boaz che Ruth erano entrambi vedovi quando si sposarono.

La prima grande divergenza che troviamo tra i dottori del Talmud a proposito delle benedizioni nuziali, riguarda la questione se esse siano da intendersi di comando oppure di lode. Secondo coloro che le considerano di comando, le benedizioni vanno recitate prima che gli sposi entrino nella Chuppah, come normalmente avviene per le altre benedizioni che vengono recitate prima di compiere l'azione ad esse collegata.

Secondo questa interpretazione, dato che la Chuppah e' intesa come simbolo della coabitazione degli sposi, la donna e' proibita al marito se prima non viene consacrataal proprio uomo con la recitazione delle benedizioni suddette.

Secondo il pensiero di quei maestri che spiegano come le benedizioni siano da considerarsi di lode, queste debbono essere recitate solo ed esclusivamente nel momento in cui gli sposi si trovano sotto la Chuppah, dato che non vi e' piu' l'uso di considerare il baldacchino quale effettiva coabitazionee quindi, anche se la donna si trova in stato di impurita', il matrimonio ha valore in ogni caso.

Abbiamo gia' spiegato precedentemente che per compiere la cerimonia nuziale occorre il Minian, come e' scritto a proposito di Boaz e Ruth:

E prese dieci uomini,

O come si legge in un altro passo:

In gruppo (almeno dieci uomini) benedite il signore D-o dalla fonte di Israele.

Prima che lo sposo consacri la sua donna con i Kiddushin, consegnandole l'anello e recitando l'apposita formula, l'officiante intona le benedizioni prematrimoniali (Erusin) con queste parole:

Benedetto tu, o signore D-o nostro, re del mondo che ci hai santificato con i tuoi precetti e ci hai comandato (di non contrarre) matrimoni illeciti, ci hai vietato (l'unione con le nostre donne) fidanzate e ci hai permesso (l'unione con le nostre donne) sposate tramite la Chuppah e i Kiddushin, benedetto tu, o signore, che santifichi il popolo di Israele con la Chuppah e i Kiddushin.

In questa benedizione si allude al divieto dell'incesto, la cui trasgressione e' punita con il karet (punizione divina) ed anche alla proibizione di avere rapporti sessuali con la propria fidanzata; disposizione questa stabilita dai rabbini, per conferire maggiore sacralita' all'unione matrimoniale.

Nella stesura definitiva di questa benedizione, riscontriamo minime differenze. Presso gli ebrei di rito sefardita viene usata la frase ... Be-Kiddushin..., (nella consacrazione), perche' gli Erusin e Kiddushin devono essere recitati prima della Chuppah. Altri, principalmente di rito askenazita e italiano, adoperano l'espressione ... Ve-Kiddushin... (e la consacrazione), permettendo cosi' agli sposi di poter entrare nella Chuppah prima ancora che vengano recitate le benedizioni prematrimoniali.

Vi sono infine alcuni, soprattutto di rito yemenita, che per evitare qualsiasi controversia usano concludere la benedizione con la frase:

Benedetto tu o signore che santifichi il popolo di Israele.

Escludendo per mezzo della Chuppah e dei Kiddushin.

E' uso comune far precedere la benedizione degli Erusin con quella del vino e gli sposi e l'officiante (o secondo altri riti solo gli sposi) al termine della cerimonia lo sorseggiano direttamente dal calice.secondo il rito askenazita la benedizione degli Erusin puo' essere recitata anche dopo la consacrazione dei Kiddushin eseguita con l'anello da parte dello sposo. Invece secondo Ravad e' obbligatorio e prioritario recitare la formula dei Kiddushin prima degli Erusin.

Il motivo va ricercato nel fatto che qualora la donna rifiutasse di accettare la consacrazione, la benedizione degli Erusin non avrebbe valore (con la conseguenza di aver recitato la formula dei Kiddushin con il nome di D-o invano).

Secondo l'uso sefardita, l'ordine degli Erusin e dei Kiddushin deve essere eseguito in modo ben preciso e se lo sposo ha consacrato la sposa, gli Erusin non possono piu' essere recitati.terminata la celebrazione degli Erusin, l'officiante (o secondo altri lo sposo), prende l'anello e lo mostra ai testimoni, i quali constatano che il suo valore minimo corrisponda ad una Peruta'. Anche la sposa deve essere a conoscenza del fatto che tramite l'anello viene consacrata a suo marito. L'anello deve essere di proprieta' del marito, semplice e privo di pietre preziose, altrimenti richiederebbe da parte dei testimoni una attenta valutazione per stabilire il suo valore minimo.

Lo sposo prende l'anello con la mano destra e, prima d'infilarlo nel dito indice della mano destra di lei, ripete la formula di santificazione:

Ecco, tu sei consacrata a me con questo anello, secondo la legge di Moshe' e di Israele.

La spiegazione del gesto rituale per cui l'anello viene messo al dito indice e' ricavata dal Salmo XIX, nel quale troviamo espressa tra l'altro, la gioia dello sposo nell'uscire dal baldacchino nuziale.

Se prendiamo in esame i seguenti versetti:

La legge del signore e' perfetta, ristora l'anima;
La testimonianza del signore e' veritiera, rende saggio il semplice.
Gli statuti del signore sono giusti, danno gioia al cuore.
Il comando del signore e' integro, illumina gli occhi.
Il timore del signore e' puro, sta saldo;
Le leggi del signore sono vere, tutte insieme giuste.
Sono care come l'oro...

Vediamo che ogni versetto e' composto di due frasi, formate ciascuna di cinque parole, che corrispondono alle cinque dita di una mano. Se contiamo ogni parola, iniziando con il pollice, troveremo sempre il nome del signore in corrispondenza del dito indice. Alla fine dei versetti vedremo la parola oro sempre in corrispondenza dello stesso dito indice. Da qui nasce la tradizione che lo sposo consacri la sposa con un anello d'oro.

Alcuni spiegano che i Kiddushin fatti con l'anello simboleggiano la fiducia che lo sposo ripone nei riguardi della propria donna, vale a dire:

Ora tu sei padrona sulla mia casa e su tutto cio' che possiedo, fai cio' che ritieni opportuno.

Non a caso leggiamo che il faraone rivolgendosi a Giuseppe cosi' disse:

Tu sarai sopra la mia casa e tutto il mio popolo ti ubbidira'... Allora il faraone si tolse dalla sua mano il proprio anello e lo mise nella mano di Giuseppe.

Gli ebrei che vivono a Baghdad usano, durante i Kiddushin, consegnare alla propria fidanzata un anello in cui e' incisa la lettera ebraica H, presa dalla prima parola del versetto ecco a voi il seme, seminate la terra: cio' e' auspicio di buon augurio.

E' uso diffuso fare un'interruzione tra i Kiddushin ed i Nissujn, leggendo la Ketubah e consegnandola alla sposa.

Questa interruzione occorre per poter celebrare di nuovo, tra quelle nuziali, la benedizione sul vino, preferibilmente con un altro calice e recitata da un secondo officiante. Tutto questo perche' il precetto dei Kiddushin e quello dei Nissujn sono ben distinti e costituivano originariamente due cerimonie separate. Secondo un uso assai diffuso, la sposa dopo aver ricevuto la Ketubah dal marito, la consegna alla propria madre oppure ad una parente perche' la conservi, in modo che possa essere tutelata anche in futuro dei propri diritti che in questo contratto sono sanciti.

Oggi della Ketubah se ne scrive anche una seconda copia, quest'ultima rimane presso il rabbinato e dunque non vi e' piu' nessun timore se la Ketubah viene conservata nella casa coniugale.

La prima benedizione recitata sotto la Chuppah, sia per i Kiddushin che per i Nissujn, e' quella sul vino; in quanto il vino rallegra il corpo e lo spirito dell'uomo. Cosi' troviamo scritto nel Talmud a tale riguardo:

Rabbi' Yeuda', figlio di Betura', soleva dire: nel tempo in cui esisteva il santuario, non vi era altra gioia che nel mangiare la carne dei sacrifici, come e' detto: e offrirai sacrifici completi e li mangerai la' e gioirai dinanzi al signore tuo D-o. Ed ora che non vi e' piu' il santuario, non vi e' gioia altro che con il vino, come e' detto: e il vino rallegra il cuore degli uomini.

Per questo motivo hanno insegnato i nostri maestri che:

Non si celebrano i Kiddushin altro che sul vino e non si celebrano i Nissujn altro che sul vino.

Nissujn: le sette benedizioni nuziali

Dopo aver recitato la benedizione sul vino, viene intonata la seconda benedizione:

Benedetto tu, o signore nostro D-o re del mondo, che tutto e' stato creato per la tua gloria.

Rema' spiega che questa benedizione ha lo scopo di ricordarci il motivo fondamentale del matrimonio: quello di procreare figli, grazie ai quali il genere umano puo' sopravvivere nei tempo. Tutto questo e' per la gloria del signore il quale, per mezzo delle sue creature puo' essere lodato e gratificato.

La terza benedizione:

Benedetto tu, o signore nostro D-o re del mondo, che hai formato l'uomo.

Questa benedizione e' un ringraziamento a D-o per aver creato il genere umano. Nella parola specifica uomo e' inclusa anche la donna, com'e' scritto:

Maschio e femmina li creo'.

La quarta benedizione,

Benedetto tu, o signore nostro D-o re del mondo, che hai formato l'uomo a tua immagine, a tua immagine e somiglianza lo hai creato ed hai stabilito da lui un'eterna procreazione. Benedetto tu o signore che crei l'uomo.

In questa benedizione viene di nuovo ribadito il concetto che l'uomo e' creato a immagine di D-o, come troviamo scritto:

Disse D-o: facciamo l'uomo a nostra immagine'...,

E subito dopo:

D-o creo' l'uomo a sua immagine, lo creo' a immagine di D-o.

L'uomo viene nobilitato dalla gloria celeste ed elevato spiritualmente a immagine di D-o. A somiglianza si riferisce invece al corpo materiale dell'uomo, importante anch'esso come l'anima ed entrambi creati da D-o. La frase ... Ed hai stabilito da lui una eterna procreazione si riferisce alla prima donna formata dall'uomo per mezzo di una costola, grazie alla quale l'uomo stesso puo' adempiere al precetto della procreazione. La formula di ringraziamento termina con le parole ... Che crei l'uomo. Anche in questo caso come negli altri, l'uomo e' da intendersi come genere umano (e dunque ci si riferisce esplicitamente anche alla donna).

La quinta benedizione recita:

Si rallegri e gioisca la donna sterile nel riunire i suoi figli a se', presto e con letizia. Benedetto tu o signore che rallegri Sion con i suoi figli.

Questa benedizione e' un augurio e un presagio per la gioia futura di Gerusalemme, paragonata allo sposo ed alla sposa, come e' detto:

Gioisca lo sposo sulla sposa, come io gioiro' con te, signore tuo D-o.

Il motivo per cui si fa precedere questa benedizione a quella degli sposi (ovvero alla sesta benedizione), e' indicato nel versetto:

Si attacchi la lingua al mio palato se non ti ricordassi, se non facessi salire Gerusalemme alla sommita' di ogni mia gioia.

La donna sterile e' paragonata a Gerusalemme e in futuro riunira' presso di se' tutti i figli d'Israele sparsi ai quattro angoli della terra, come e' detto:

I tuoi figli verranno da lontano.

La sesta benedizione termina cosi':

Rallegratevi amici cari, come si rallegro' la prima coppia nel paradiso terrestre, benedetto tu, o signore, che rallegri lo sposo e la sposa.

Con questa benedizione vengono chieste a D-o felicita' e gioia per gli sposi, cosi' come avvenne per la prima coppia nel paradiso terrestre, creato appositamente per la loro letizia.

La settima ed ultima benedizione recita:

Benedetto tu, o signore nostro D-o re del mondo, che hai creato la gioia e la letizia, lo sposo e la sposa, l'allegrezza e il canto, il giubilo e il gaudio, l'amore e la fratellanza, la pace e l'amicizia; fa che presto, o signore nostro D-o, si odano nelle citta' della giudea e nelle strade di Gerusalemme voci di gioia e voci di letizia, voci di sposo e voci di sposa, grida gioiose di sposi dal loro baldacchino e di giovani dal banchetto con le loro musiche. Benedetto tu o signore, che rallegri lo sposo con la sposa.

Quest'ultima benedizione e' una lode a D-o per aver creato ogni forma di gioia, con l'augurio che lo sposo e la sposa ne possano godere i frutti.

Al termine della cerimonia nuziale in molte comunita', tra cui quella italiana lo sposo usa infrangere il bicchiere con il quale sono state recitate le benedizioni. Altre comunita' usano invece rompere il calice dopo la cerimonia dei Kiddushin. Comunque il concetto e' lo stesso: aver presente, anche nei momenti di grande gioia, il dolore per la distruzione del sacro tempio di Gerusalemme, oppure secondo altri commentatori, il ricordo del momento in cui furono spezzate le tavole della legge.

In alcune comunita' askenazite (Russia e Polonia) gli sposi usano conservare i frammenti di vetro, che al momento della morte, verranno posti dai parenti sui loro occhi.

Rallegrare e onorare gli sposi

I nostri maestri hanno stabilito che e' un precetto positivo gioire con gli sposi ed onorarli,ed il suo valore e' talmente immenso da renderlo non paragonabile con nessun altra disposizione.

Questa norma rientra in quella piu' generale ed amerai il prossimo tuo come te stesso; qualsiasi cosa vogliamo ci venga fatta dagli altri, noi dobbiamo farla al nostro prossimo.

Si racconta che Rabbi' Yeuda', figlio di Elai, usava spesso prendere un ramo di mirtilli e ballando con la sposa, diceva sposa graziosa e piacevole tu sei. Invece Rav Acha' usava addirittura ballare con lei, prendendola sulle proprie spalle. Si onorava e complimentava la sposa perche' grazie a queste manifestazioni gioiose ella divenisse piu' piacevole per il marito.

Per rallegrare gli sposi e' sufficiente inviare regali, anche pietanze gustose o denaro, oppure partecipare alla recitazione pubblica delle sette benedizioni, o a quelle successive al pasto nuziale. Se c'e' un uomo importante e famoso, la sua presenza di per se' e' considerata un onore per gli sposi.un'usanza assai diffusa e' quella di attorniare gli sposi durante il pranzo di nozze con lumi accesi. Leggiamo infatti:

Il suono di gioia e il suono di letizia, la voce dello sposo e la voce della sposa, il suono della macina (con la quale si preparavano i cibi per il banchetto nuziale) e la luce di candela (con la quale si illuminava il pranzo in segno di gioia).

Questa usanza si rafforzo' soprattutto nel periodo piu' duro della dominazione romana, durante il quale vennero proibiti sia i matrimoni che le circoncisioni. Queste candele avevano quindi lo scopo di segnalare la presenza di queste due cerimonie e dare la possibilita', a chiunque le vedesse, di parteciparvi. È questa la ragione per cui in molti paesi si usa accompagnare gli sposi nella Chuppah con delle torce accese.

Vari usi sono stati introdotti per rallegrare lo sposo e la sposa durante il banchetto di nozze. Il vino, per la sua grande importanza rituale, viene servito abbondantemente e cosi' pure la carne e il pesce. Gli ospiti usano lanciare sui festeggiati cereali abbrustoliti e noci, come segno di buon augurio.altri usano gettare chicchi di grano, con l'auspicio che la nuova coppia possa avere una numerosa prole (e dunque simile al grano).Altri ancora usano lanciare sale, come simbolo di patto eterno fra D-o e gli sposi:

Il sale e' un patto eterno davanti a D-o.

Anche l'infrangere il bicchiere del vino in casa degli sposi e' considerato di buon auspicio.

Durante il periodo degli Amoraim, era tradizione circondare gli sposi con rami di mortella e di palma e di agitarli al suono di tamburelli e campanelli.

Un altro uso interessante era quello di piantare chicchi d'orzo dentro vasi, in onore degli sposi, dicendo loro:

Crescete, moltiplicatevi e fiorite come questi chicchi d'orzo.

Gli antichi ritualisti hanno scritto che il matrimonio non e' celebrato in maniera completa e adeguata se non viene accompagnato da canti e musiche.

Alcuni addirittura proibiscono il matrimonio se esso non e' accompagnato da musica, perche' essa e' fondamentale per l'allegria e la gioia degli sposi. Se non vi e' l'opportunita' di celebrare il matrimonio accompagnandolo con musica e canti, e' preferibile che gli sposi ed i festeggiati si rechino in altro luogo dove cio' sia possibile.anche quando gli sposi si avviano sotto il baldacchino e' usanza accompagnarli con musica e canti.

I sette giorni seguenti lo sposalizio

I nostri dottori hanno stabilito che quando un uomo sposa una donna illibata deve rallegrarsi con lei almeno sette giorni e se invece sposa una vedova o una divorziata deve gioire lei non meno di tre giorni. Non deve occuparsi di affari e di nessun tipo di impegno, ma solo mangiare, bere e gioire.

Questi sette giorni sono da considerarsi per gli sposi come festa solenne. Nel Talmud Yeruscialmi' troviamo scritto che Moshe' stesso stabili' i sette giorni di festa nuziale, cosi' come i sette giorni di lutto.secondo altri commentatori, i sette giorni di allegria sono quelli riferiti a Giacobbe:

Termina questa settimana,

O quelli di Sansone:

Durante i sette giorni del banchetto.

Alcuni maestri hanno spiegato che solo il primo giorno e' considerato un obbligo dalla Torah, cosi' come quello del lutto:

Nel giorno del suo matrimonio e nel giorno gioioso del suo cuore.

Un altro motivo per cui e' proibito ogni genere di lavoro nei sette giorni seguenti il matrimonio e' da ricercarsi nella considerazione che in questa settimana, lo sposo e' paragonato ad un re. Cosi' come si banchetta e si gioisce di fronte ad un re, nello stesso modo ci si comporta con gli sposi e cosi' come un re non cammina da solo per le vie, ma e' sempre accompagnato da persone illustri, neppure lo sposo puo' andare solo per le strade; e come un re che veste abiti regali, anche lo sposo indossa i vestiti migliori in questo periodo.

Durante la lettura della Torah il lunedi' ed il giovedi', giorni in cui, secondo le regole vengono chiamate ad assistere alla lettura della Torah tre persone, se nel Beth-Ha-Keneset vi sono due sposi e' permesso farne salire quattro in Teva' (il Coen, il Levi' e due sposi). Poiche' per gli sposi questi sette giorni sono da considerarsi semi-festivi e nei giorni semi-festivi normalmente vengono chiamate quattro persone, l'analogia e la simbolizzazione risultano perfettamente evidenti.

Il sabato seguente la Chuppah

E' antico uso presso le comunita' askenazite che alla vigilia del sabato seguente al matrimonio dei giovani si rechino a pregare a casa degli sposi e vi rimangano fino al mattino seguente, al termine della preghiera di Shacrit. Terminata la suddetta preghiera, lo sposo viene accompagnato in sinagoga, anche da uomini illustri e fatto sedere sul lato destro dell'officiante, insieme al padre ed al suocero. Al termine della funzione, lo sposo si dirige verso casa accompagnato dagli astanti, i quali intonano canti e inni di lode. In questo sabato e' uso invitare ad assistere alla lettura della Torah lo sposo, il padre, il suocero ed anche gli accompagnatori.Secondo l'uso corrente dei sefarditi, oltre a leggere in questo sabato il passo consueto della Torah, si aggiunge in onore degli sposi il brano di Chaye' Sara'. Vi si narra di quando Abramo comanda al fedele servitore Eliezer di trovare una degna moglie per il proprio figlio Isacco, non tra le donne cananee bensi' tra quelle del suo paese di origine. Lo scopo del racconto e' insegnarci ad essere cauti nello scegliere la propria compagna; infatti il matrimonio non deve essere effettuato per scopi materiali, economici o personali, ma solo per soddisfare il divino. Presso gli askenaziti questo passo viene invece recitato il sabato precedente al matrimonio, col medesimo intento di ammonimento morale e spirituale.

Terminata la lettura del Pentateuco, in molte comunita' vi e' l'uso di leggere un particolare passo profetico, denominato sos asis,inno di gioia e di amore in onore degli sposi.

Al termine di questo sabato, soprattutto tra gli askenaziti, e' tradizione seguire gli sposi fin sotto la loro abitazione con canti e balli, accompagnati anche da strumenti musicali.

Nel primo anno di matrimonio

E' obbligatorio che lo sposo rimanga accanto alla sua donna per tutto il primo anno di matrimonio, evitando di recarsi fuori citta',di fare il servizio militare ed ogni altra cosa che lo allontani da sua moglie: ma, al contrario, deve starle vicino e trovarsi in felicita' accanto a lei esclusivamente (almeno per tutto il primo anno).

Se l'uomo sapra' apprezzare la donna che ha sposato e che D-o stesso ha scelto per lui, se sapra' onorarla e rispettarla, se sapra' starle vicino in ogni momento, allora avra' dal santo benedetto egli sia, la felicita' e la gioia per tutti i giorni della sua vita.

Torna all'indice
Vai avanti