3.2. Il fattore religioso nelle esperienze straniere.
Analogamente al sistema italiano, nella legislazione degli Stati Uniti non si rinviene alcuna definizione giuridica ne' di religione ne' di confessione, ma, diversamente che da noi, la forte connotazione multirazziale e multietnica della societa' nordamericana, e la conseguente presenza ab origine di una pluralita' di gruppi e di fedi religiose diverse, fin dal secolo scorso hanno imposto alla dottrina, ma soprattutto alla giurisprudenza, un ruolo di supplenza nella ricerca di una soluzione equilibrata al problema1, in un ordinamento fondato essenzialmente sulla common law, in cui l'apporto creativo del giudice, nell'interpretazione della legge, svolge un ruolo di capitale importanza nel continuo processo di adeguamento del diritto ai mutevoli valori ed esigenze della societa'2: indubbiamente, i giudici, soprattutto della Supreme Court, hanno cercato di colmare tale vacuum, ma con soluzioni non sempre del tutto convincenti, sia sul piano esegetico che su quello sistematico.
Nella sentenza di una delle Court of Appeals del 19793, i giudici ritengono utile, ai fini della risoluzione della questione concreta sottoposta al loro esame, una ricostruzione preliminare, in chiave storica, delle varie posizioni assunte nel tempo dalla Supreme Court degli Stati Uniti, sulla definizione del concetto di religione. Dallo speculum offertoci da questi giudici, emerge chiaramente che quando, sul finire dell'Ottocento, sul continente americano non si erano ancora affermati i movimenti religiosi di matrice orientale, dottrina e giurisprudenza propendevano unanimemente per una concezione per cosi' dire "tradizionale" della definizione de qua, che veniva pertanto ad essere basata su di una percezione teistica della religione, e quindi strettamente legata alla fede in un D-o, creatore di tutte le cose4.
Ma con il passare del tempo, ed il prendere piede sia di religioni di origine orientale, che di nuovi e rivoluzionari valori nella societa' contemporanea, l'elemento contenutistico ha cominciato via via ad espandersi, per poter arrivare all'accoglimento di una nozione di religione capace di includere in se' anche i movimenti non basati sulla fede in (un) D-o5.
Il passo successivo ha portato, quindi, alla totale dissoluzione, ed alla conseguente inutilita', dell'elemento contenutistico quale criterio discretivo nell'identificazione della religione, con il progressivo affermarsi di nozioni sempre piu' aperte che etichettavano come religiose delle convinzioni fondate piu' che altro su imperativi stricto sensu etici o morali residenti nella coscienza di ciascuno: era il passaggio dalla originaria concezione teistico-contenutistica, "all'affermazione di un criterio di qualificazione incentrato sulla funzione (anziche' sul contenuto) della religione e sul ruolo che essa gioca nella vita dell'uomo"6.
E la Supreme Court degli Stati Uniti e' giunta cosi' a postulare esplicitamente l'esistenza di una relazione di sostanziale equivalenza tra la fede ortodossa in D-o, e una qualsiasi convinzione basata su di una potenza, su di un essere, o su di una fede a cui ogni altra cosa e' subordinata, identificando la religione con l'interesse fondamentale - di qualsiasi natura esso sia e qualsiasi contenuto esso abbia -, che guida la vita del singolo7.
Ma anche l'utilita' definitoria del cosiddetto criterio funzionale e' andata diminuendo, con il tempo, di pari passo alla progressiva dilatazione e disgregazione dello stesso, per la necessita' di includervi movimenti e gruppi sempre nuovi e diversi, cosicche' una parte della dottrina statunitense e' giunta, ormai, a sostenere recisamente che non esiste, oggi, una definizione giuridica di religione che sia pacificamente accettata, ed e' molto improbabile che se ne potra' mai elaborare una8, e mentre la Supreme Court tenta la strada del revirement giurisprudenziale, cercando di riproporre, tra le maglie del sistema, l'adozione di una definizione basata sul criterio contenutistico9, la giurisprudenza delle corti inferiori ne approfitta per tentare la costruzione di un modello imperniato sull'applicazione del metodo analogico in stretta correlazione con una indagine conoscitiva volta al riscontro, nella realta' in esame, di determinati indici rivelatori della natura religiosa10.
Se questa e' la situazione americana, avvicinando lo sguardo al continente europeo ci accorgiamo che gli apporti dottrinali e giurisprudenziali sull'argomento sono stati finora piuttosto scarsi, e che solo negli ultimi tempi - soprattutto a causa, come gia' detto, del consistente aumento dei flussi migratori e del conseguente contatto con culture profondamente diverse dalla nostra -, e' emersa anche qui da noi la necessita' di una piu' precisa specificazione di taluni concetti, che sono essenziali al fine di distinguere la religione da altri fenomeni di varia origine e consistenza.
In tale quadro, la giurisprudenza spagnola si attesta su una posizione di moderato tradizionalismo, aderendo, nella sostanza, alla tesi teistica, o contenutistica, di cui supra: di conseguenza, il fattore religioso viene ravvisato soltanto in quelle dottrine le cui fondamenta poggino sulla base della fede in un D-o, unitamente alla pratica di culti, o comunque di riti, idonei a costituire un tramite privilegiato tra l'uomo e la divinita'11; tutto il resto, per i tribunali spagnoli, esula dal concetto di religione, e non da' quindi alcun titolo per la iscrizione nel "Registro delle Entita' Religiose", previsto dalla legge organica fondamentale sulla liberta' religiosa del 5 luglio 1980.
Se, de iure condito, il problema della legittimita' di una simile operazione definitoria condotta in si' angusti termini non si pone neppure - dal momento che i requisiti per accertare la finalita' religiosa degli enti sono previsti dalla legge stessa -, rimane comunque il dubbio se, de iure condendo, il sistema spagnolo sia il migliore possibile, comportando forse, almeno cosi' come viene inteso dalla giurisprudenza dominante, un'inammissibile ingerenza valutativa del potere secolare nel momento in cui, attraverso l'indagine volta all'accertamento della finalita' religiosa dell'ente, si spinge sino alla valutazione del patrimonio dogmatico e dottrinario in un campo che, di per se', non si presenta affatto delineato in termini cosi' rigorosi, ma e', al contrario, ricco di zone d'ombra, in cui il rischio di un'obliterazione della liberta' di coscienza, e di religione, e' in agguato dietro ad ogni angolo. Meglio, allora, secondo la proposta di parte della dottrina12, limitare il controllo statale al momento del mero accertamento che le finalita' del gruppo religioso non rientrino nell'ambito di attivita' connesse allo stuD-o dei fenomeni psichici, spiritualisti o parapsicologici, che per la legge spagnola sono estranei all'ambito della religione, senza pero' arrivare a penetrare, con una valutazione di merito, nel patrimonio dottrinario del gruppo.
In Francia, il primo comma dell'art. 19 della legge del 9 dicembre 1905, emanata dopo la rottura dei rapporti tra Stato e Chiesa, qualifica esplicitamente come associazioni religiose, o di culto, le sole che abbiano per oggetto l'esercizio esclusivo del culto13: la giurisprudenza francese non ha, tuttavia, fornito significativi contributi sull'interpretazione della norma in questione, limitandosi, la maggior parte delle volte, a rilevare se, nel caso sottoposto al suo esame, fosse dato riscontrare la presenza dell'esclusiva finalita' dell'esercizio del culto, senza tuttavia spingersi ad indagare quali caratteri dovesse in concreto presentare un'associazione per potersi fregiare di una tale qualifica14.
Quando, invece, tale indagine e' stata compiuta, essa si e' talvolta spinta troppo in profondita', pervenendo cosi' a conclusioni del tutto inaccettabili, come quando si e' giunti a negare il carattere di associazione di culto all'associazione cristiana dei testimoni di Geova di Francia, in conseguenza di un giudizio di merito sulla compatibilita' dell'ideologia religiosa con i princi'pi di ordine pubblico (nella specie, il contrasto del diritto alla salute con il rifiuto della pratica delle emotrasfusioni, opposto strenuamente dai seguaci della religione di Geova)15.
I tribunali tedeschi, dal canto loro, hanno affermato con forza l'esigenza di una fede in D-o, seppure suscettibile di essere espressa anche in una forma politeista, che deve ricoprire un ruolo centrale nella vita della confessione16, mentre il riconoscimento dello status di corporazione di diritto pubblico viene negato a quelle confessioni la cui fede non presenti i caratteri dell'originalita'17 rispetto ad altri credi, o il cui numero di fedeli non sia abbastanza ampio da fondare la presunzione di una certa stabilita' e durata nel tempo della Chiesa18.
Note:
- Cfr. S. Ferrari, La nozione giuridica di confessione religiosa, cit., p. 21.Torna
- Cfr. F. Moretti, La dottrina del precedente giudiziario nel sistema inglese, in Contratto e impresa, 1990/2, pp. 680 ss.Torna
- Si tratta della decisione resa nella causa Malnak vs. Yogi, in Federal Reporter, 2d series, 1979, vol. 592, pp. 197 ss.Torna
- Cfr. Malnak vs. Yogi, cit., p. 201, dove i giudici affermano che "the traditional definition was grounded upon a Theistic perception of religion", e che "the original definition of religion prevalent in this country was closely tied to a belief in God". Cfr. anche la causa Davis vs. Beason, in U. S. Reports, 1890, vol. 133, pp. 333 ss., specialmente a p. 342, dove la Supreme Court dichiara che il termine di "religione" "has reference to one's views of his relations to his Creator, and to the obligations they impose of reverence for his being and character, and obedience to his will". E, ancora nel 1931, il concetto era lo stesso, come risulta dalla sentenza resa in causa United States vs. Macintosh, in U. S. Reports, 1931, vol. 283, pp. 605 ss., specialmente a pp. 633 s., ove viene affermata l'essenza della religione come "belief in a relation to God involving duties superior to those arising from any human relation".Torna
- Cfr. la decisione Torcaso vs. Watkins, in U. S. Reports, 1961, vol. 367, pp. 488 ss., a p. 495, in cui la considerazione della Supreme Court secondo cui lo Stato non puo' favorire le religioni fondate sulla fede nell'esistenza di D-o a scapito di quelle basate su altre convinzioni, e' accompagnata da un interessante dictum (ivi, in nota), dal quale si evince il rigetto dell'opinione tradizionale per la quale non si ha religione se non c'e' la credenza in un essere superiore: e giustamente la Corte porta, a titolo di esempio, il buddhismo ed il taoismo, dichiaratamente di origine orientale, ma non si ferma qui, e si spinge ad affermare - anticipando cosi' quella che sara' la futura evoluzione del concetto, comportante la totale dissoluzione dell'elemento contenutistico -, la natura essenzialmente religiosa di alcuni movimenti presenti nel Paese, la cui riconducibilita' alla categoria di movimenti religiosi era dubbia, proprio in forza della detta opinione tradizionale ("Ethical Culture, Secular Humanism and others").Torna
- S. Ferrari, La nozione giuridica di confessione religiosa, cit., p. 21.Torna
- In tal senso, e' interessante la sentenza resa in causa United States vs. Seeger, in U. S. Reports, 1965, vol. 380, pp. 163 ss. - riguardante un caso di obiezione di coscienza al servizio militare -, a p. 176, in cui la questione dell'interpretazione dell'Universal Military Service and Training Act, nella parte in cui contempla il beneficio dell'esenzione dal servizio militare obbligatorio soltanto quando l'obiezione di coscienza del soggetto discenda direttamente dalla sua formazione o fede religiosa ("religious training and belief", nel testo della legge), e' stata risolta mediante una interpretazione estensiva della norma, sulla base della considerazione secondo la quale l'espressione di "religious training and belief" e' suscettibile di ricomprendere in se' anche un credo non teista, purche' sia, comunque, una sincera convinzione basata su di un essere o su di una fede a cui ogni altra cosa e' subordinata o da cui ogni altra cosa e' in ultima analisi dipendente ("sincere religious beliefs which [are] based upon a power, or being, or upon a faith, to which all else is subordinate or upon which all else is ultimately dependent"), legittimando cosi' una nozione di religione incentrata su di un credo puramente etico o morale (secondo le asserzioni del convenuto, che aveva esplicitamente affermato le proprie ragioni come "belief in and devotion to goodness and virtue for their own sakes, and a religious faith in a purely ethical creed", ivi, p. 166). Sulla stessa sentenza, cfr. anche la ricostruzione offertaci da J. A. Robilliard, Religion and the law. Religious liberty in modern English law, Manchester, 1984, p. 62. Le stesse considerazioni si possono riscontrare, sostanzialmente, anche in un'altra sentenza di poco posteriore, nel caso Welsh vs. United States, in U. S. Reports, 1970, vol. 398, pp. 333 ss., in cui l'attore dichiarava semplicemente la propria "opposizione morale" ("moral opposition") alla guerra (anche se, in questo caso, ci furono tra i giudici opinioni contrastanti). Cfr. anche S. Ferrari, La nozione giuridica di confessione religiosa, cit., pp. 21 s.Torna
- Cfr. P. E. Johnson, Concepts and Compromise in First Amendment Religious Doctrine, in California Law Review, 1984/5, p. 821, secondo il quale "there is no accepted definition of "religion" for constitutional purposes, and no satisfactory definition is likely to be conceived".Torna
- Cfr., infatti, la decisione della causa Wisconsin vs. Yoder, in U. S. Reports, 1972, vol. 406, pp. 205 ss., in modo particolare a p. 216: "Thoreau's choice was philosophical and personal rather than religious, and such belief does not rise to the demands of the Religion Clauses. Giving no weight to such secular considerations, however, we see that the record in this case abundantly supports the claim that the traditional way of life of the Amish is not merely a matter of personal preference, but one of deep religious convinction, shared by an organized group, and intimately related to daily living", dove i giudici - nel vagliare la consistenza dei motivi che, per gli appartenenti alla comunita' degli Old Order Amish, giustificano una deroga alle leggi dello Stato sull'istruzione obbligatoria fino ad una certa eta' -, sembrano tornare ad applicare la distinzione fondamentale tra religione e convinzioni filosofiche e personali.Torna
- Questo, infatti, e' il criterio seguito dalla Court of Appeals per la decisione della causa Malnak vs. Yogi, cit., che consiste nel verificare se, nel caso concreto, esistano significativi punti di contatto della sedicente religione con altre la cui qualifica come tali sia, invece, tranquillamente accettata, principalmente con l'ausilio del riferimento a tre indici: la natura fondamentale delle idee presentate, la loro ampiezza ed, infine, l'esistenza di un apparato formale (quale puo' estrinsecarsi, ad esempio, nella presenza di un'organizzazione, di un clero, o di riti e cerimonie, costituenti stricto sensu il culto).Torna
- I tribunali spagnoli si sono pronunciati diverse volte sul caso Scientology - che tante dispute dottrinali e giurisprudenziali ha sollevato, non solamente in Spagna -, per concludere sempre nel senso dell'inammissibilita' dell'iscrizione nel "Registro delle Entita' Religiose" della cosiddetta Chiesa scientologica spagnola, per mancanza dei requisiti richiesti dalla legge. Cfr., ad esempio, la decisione del Tribunale supremo, Sala III, del 25 giugno 1990 (in QDPE, 1991 92/1, pp. 356 ss.), in cui il diniego di iscrizione e' giustificato sulla base della considerazione secondo cui la Chiesa di Scientologia di Spagna non ha una vera e propria finalita' religiosa, in quanto non e' basata sulla relazione dell'uomo, come essere spirituale, con un D-o trascendente, ma accetta l'esistenza di un D-o creatore soltanto come componente essenziale dell'essere umano, da cui deriva una filosofia morale puramente umanistica tendente al controllo della soggettivita': la finalita' religiosa, richiesta dalla legge per ottenere l'iscrizione nel registro suddetto, esclude dal suo ambito tutto cio' che abbia relazione con lo stuD-o dei fenomeni psichici, parapsicologici o spiritualistici. Nello stesso senso si e' pronunciato anche il Tribunale costituzionale, Sez. II, con la sentenza 29 giugno 1988 (in QDPE, 1989/1, pp. 347 ss.), secondo la quale e' legittimo e costituzionale il diniego d'iscrizione, poiche' dal raffronto delle norme statutarie dell'ente con i requisiti richiesti dalla legge, non e' possibile riconoscere allo stesso natura e finalita' essenzialmente religiose.Torna
- Cfr., in questo senso, A. Motilla, Aproximacion a' la categoria de confesion religiosa en el derecho espanol, in DE, 1989, I, pp. 145 ss.Torna
- Cfr. J. Robert, Note de jurisprudence, in Revue du droit public et de la science politique en France et a l'e'tranger, 1985/2, p. 502.Torna
- Cfr. G. Koubi, Droit et religions: de'rives ou inconse'quences de la logique de conciliation, in Revue du droit public et de la science politique en France et a l'e'tranger, 1992/3, pp. 725 ss., specialmente a p. 729, dove la stuD-osa si richiama, a titolo esemplificativo, a due pronunce del Conseil d'Etat, la prima del 6 giugno 1986, che rigetto' la richiesta dell'associazione "Troisie'me e'glise du Christ Scientiste" in quanto, a detta del Consiglio, il gruppo non aveva finalita' esclusivamente cultuali; la seconda, del 29 ottobre 1990, che respinse la richiesta della "Ass. cultuelle de l'e'glise apostologique arme'nienne de Paris", sulla base della considerazione secondo cui l'associazione in parola aveva per oggetto non tanto il fine di culto in quanto tale, ma piuttosto "la promozione della vita spirituale, educativa, sociale e cultuale della comunita' armena". In tal senso, piu' di recente, cfr. anche la decisione del Conseil d'Etat del 17 giugno 1989 (in QDPE, 1990/1, pp. 505 s.), secondo la quale, ai sensi della legge del 1905, non e' qualificabile come associazione di culto quella che non ha il fine di provvedere alle spese per il mantenimento o per l'esercizio pubblico di un culto.Torna
- Si tratta della pronuncia del Conseil d'Etat del 1 febbraio 1985, in Revue du droit public et de la science politique en France et a l'e'tranger, 1985/2, pp. 508 s., ampiamente commentata da J. Robert, Note de jurisprudence, cit., pp. 497 ss. Osserva qui il commentatore (pp. 507 s.), che le motivazioni addotte dal Consiglio non possono essere poste a base di una simile decisione, se non al prezzo di mettere in discussione il principio della laicita' della Repubblica francese, poiche' tale principio e' incompatibile con il sindacato, di parte statuale, sulla meritevolezza del contenuto dei dogmi, delle pratiche, e del credo di una data religione. Indubbiamente, prosegue l'A., e' questa una strada estremamente pericolosa, ma allora sara' legittimo supporre, in nome dell'ordine pubblico, che anche la religione musulmana non abbia titolo ad essere considerata come tale, dallo Stato francese, perche' prevede l'uso del digiuno nel mese del Ramadan - uso che sarebbe contrario all'ordine pubblico in quanto metterebbe in pericolo la salute dei singoli fedeli -, per non parlare, poi, della pratica secolare dell'escissione, o "circoncisione faraonica", sulle donne, questa si' suscettibile di mettere in serio pericolo la vita umana, e quindi piu' facilmente passibile di contrastare con i diritti alla salute ed alla vita costituzionalmente garantiti. E che dire, poi, riguardo alla Chiesa cattolica, che e' notoriamente ostile all'aborto ed alla contraccezione, anche se adottati in via profilattica a protezione della vita della donna che non possa portare avanti una (ennesima) gravidanza senza mettere a repentaglio la propria vita? Eppure, in questi due casi, non si e' ragionato sulla base del contrasto di siffatti princi'pi dottrinali con quelli dell'ordine pubblico dello Stato, come, invece, e' stato fatto nel caso dei testimoni di Geova. Nasce, allora, il sospetto che siano stati utilizzati due pesi e due misure, o che, piuttosto, la ratio decidendi della sentenza del Conseil d'Etat, cosi' come enunciata, sia puramente retorica, e adottata ex post per giustificare un dispositivo a cui si sia arrivati per altre vie e per altri motivi, non enunciati espressamente nella decisione, perche' privi di un autonomo rilievo giuridico. Valgono, anche qui, le considerazioni avanzate a proposito della situazione spagnola. Torna
- Cfr. la decisione del Tribunale amministrativo federale del 19 novembre 1980, citata da F. Messner, Peut-on de'finir juridiquement la religion? L'exemple de la Re'publique Fe'de'rale d'Allemagne, in L'anne'e canonique, 1988, p. 341.Torna
- Cfr. C. Mirabelli, Chiese e confessioni religiose nell'ordinamento costituzionale della Repubblica federale tedesca. Spunti comparativistici, in Aa. Vv., Individuo, gruppi, confessioni religiose nello Stato democratico, Milano, 1973, pp. 515 ss., in cui l'A. riporta il caso della Concordia Gemeinde, che nel 1954 chiese il riconoscimento pubblicistico e se lo vide negare dal Landesverwaltungsgericht di Hannover, sulla base dell'assunto secondo cui nel caso in esame mancava il requisito della peculiarita' della credenza religiosa, la Concordia Gemeinde non distinguendosi sostanzialmente dalla LandesKirche evangelico luterana, alla quale in precedenza era appartenuta.Torna
- Cfr. ancora C. Mirabelli, Chiese e confessioni religiose nell'ordinamento costituzionale della Repubblica federale tedesca, cit., p. 513. Cfr. anche F. Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, cit., p. 72, in nota.Torna
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