Perche' le emozioni non possono essere prese sul serio?
Perche' la Halakhah rifugge dall'attribuire un’importanza determinante alle emozioni, ai sentimenti? Perche' non considera la Devequt, il fervore religioso, un'esperienza piu' autentica e genuina della semplice attuazione della Mitzvah? I1 motivo e' che vi sono tre seri rischi nel far dipendere l'atto religioso da emozioni e sentimenti umani.
Il primo e' dovuto al fatto che 1'emozione religiosa e' passeggera, mutevole ed instabile, anche in un singolo individuo. Mettere in relazione l'atto esteriore con l’emozione interiore richiederebbe continui adattamenti: la Mitzvah sarebbe soggetta a continue modificazioni e, talvolta, verrebbe annullata in favore di nuovi atti simbolici che dovrebbero corrispondere allo stato emozionale della persona.
La forma e l'identita' della Mitzvah verrebbero distrutte e non sarebbe piu' possibile alcuna continuita' di un culto identificabile. I1 secondo rischio dipende dal fatto che ognuno vive l'esperienza in modo diverso. Si verificherebbe la necessita' di riformulare in continuazione i riti per creare una rispondenza tra i sentimenti di differenti individui in periodi differenti.
Cio' che puo' ispirare una determinata persona, per un'altra potrebbe essere totalmente indifferente. In tal modo non sarebbe possibile alcuna preghiera comunitaria, dato che un culto esercitato da un gruppo di persone presuppone una continuita' unificante: cio' che oggi e' approvato potrebbe non esserlo piu' domani, e cio' che viene apprezzato in una determinata comunita' potrebbe essere incomprensibile in un'alra.
Un tal genere di culto in continuo mutamento a seconda delle varie sensazioni e' fondamentalmente idolatra, e questo era il nucleo della contesa tra Mose' e Qorach stando al Midrash Tanchumah citato da Rashi' (ibid. V. 6):
(Mose') disse loro: secondo le consuetudini degli altri popoli, esistono numerose forme di culto divino e, di conseguenza, numerosi sacerdoti, pertanto essi non si possono riunire per officiare in un unico tempio.
Noi, invece, abbiamo un unico D-o, un'arca, una legge, un altare, e tutto questo insieme costituisce un’unica forma di culto.
Il culto comune deve essere costante e non soggetto alle tendenze della moda od alle variazioni di umore delle persone. Mose' riteneva che l'enfasi posta da Qorach sul primato delle emozioni avrebbe distrutto l’identita' religiosa del popolo e generato delle sette.
La realta' che ebrei di tutte le epoche e provenienti dalle diverse parti del mondo siano in grado di riunirsi insieme a pregare, pur ammettendo l'esistenza di varianti di minore importanza relative alle consuetudini liturgiche, e' direttamente dovuto al permanere della forma controllata dalla Halakhah. In terzo luogo, non possediamo un sicuro parametro tramite il quale distinguere le esigenze di tipo laico dall'esperienza genuinamente religiosa. Esistono numerose pulsioni non identificabili come religiose le quali rivendicano un caraterete di santita' trascendente. Per esempio, la spinta ad amare, la ricerca estetica dell'artista e, ai nostri giorni, l'uso di potenti droghe che trasformano gli stati mentali possono facilmente essere confusi con l'esperienza religiosa.
Tali esperienze rimangono invece fondamentalmente secolari e non vanno al di la' di un falso senso del divino.
Non trascendono i limiti umani. Nei tempi antichi, i pagani si abbandonavano a stai ipnotici ed a cerimonie orgiastiche, identificando tutto questo erroneamente con l’esperienza religiosa.
Non si trascendeva dalla personalita' del singolo: l'uomo iniziava da se stesso e non comunicava con cio' che era attorno a lui. Per contro, la Torah pone grande importanza nella Mitzvah, che riflette la volonta' di D-o: possiede il sigillo dell'immutabilita' e dell’universalita'.
La grande vicenda religiosa che l'uomo vive con D-o, il trasporto emozionale, deve seguire l'osservanza dei precetti, e non viceversa. Mose' aveva indiscutibilmente ragione.
Chi esegue il precetto dello Tzitzit, riconoscendone il significato religioso, quando guarda i fili blu potra' avere percezione della presenza divina. Da quel tempo il Tallit anche privo del filo blu, costituisce una fonte di ispirazione per l'ebreo praticante.
Tale e' il potere della Mitzvah. Procedendo dall'azione al sentimento, il colore blu puo' far ricordare il legame con D-o, tuttavia, chi non ottempera alle norme Halakhiche ed invece, avvalendosi del senso comune, si limita a vestirsi completamente di blu, priva la sua azione di significato religioso e rende il proprio gesto totalmente secolarizzato. L'emozione che ne nascera' non potra' essere che di tipo mondano, edonistico, un godimento estetico, ma nulla di religioso.
Il colore blu, quale aspetto del Qiyum ha Mitzvah, costituisce una risorsa per l’ispirazione religiosa; mentre una veste blu che non sia prescritta dalla Torah e' soltanto un oggetto colorato, atto a stimolare molti generi di associazioni di tipo secolare, alcune anche banali e devianti.
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