Identita' singola e identita' doppiaCome tutti gli altri uomini, anche l'ebreo ha piu' di una identita'. Esso fa parte della comunita' umana, pero' possiede anche un'identita' ebraica che lo rende diverso dagli altri. Ognuna di queste identita' lo obbliga a doveri diversi. Facendo parte di una societa' pluralista, egli ha il dovere di partecipare agli sforzi atti a garantire il bene comune e a combattere pericoli come fame, corruzione, malattie e nemici. Quando si presenta una minaccia alla liberta', all'onore e alla vita umana ci si aspetta che tutti si uniscano come fratelli, dividendo fra loro la responsabilita' della situazione. Tanto tempo fa il profeta geremia consiglio' agli ebrei in Babilonia di cercare il benessere della citta' dove siete stati portati prigionieri e di pregare D-o per lei, perche' la sua prosperita' sara' anche la vostra (29:7). Ai tempi del Talmud, Samuele di Nehardea decreto' la regola secondo cui, in materia di vita quotidiana, la legge dello stato obbliga l'ebreo quanto i comandamenti della propria fede: Dina Demalchuta' Dina (Gittin Loa). Anche durante la crudele oppressione romana, Rabbi Chanina disse: devi pregare per il governo, perche' se non lo si teme, ci si mangera' vivi a vicenda (Avot 3:2). L'ebreo, tuttavia, possiede anche un'altra identita' che non divide con il resto del genere umano: il patto con D-o che fu stipulato sul monte Sinai piu' di 3000 anni fa. Tutta la storia ebraica ha un senso solo se considerata nei termini della validita' di questo patto, che coinvolge tutte le generazioni del popolo ebraico in un particolare destino nazionale ed in una eredita' religiosa distinta. Tale identita' coinvolge responsabilita' e stile di vita che sono unicamente ebraici e che, inevitabilmente, separano l'ebreo da chi non lo e'. Č particolaristica, piu' che universalistica. In quanto esseri umani, ebrei e non ebrei fanno parte di una vasta fratellanza: gli ebrei, tuttavia, spesso, nel loro confronto con gli altri, devono insistere sul loro diritto di essere differenti. La struttura della societa' non dovrebbe interferire con le istituzioni religiose, culturali e sociali che sono necessarie agli ebrei per preservare la loro separata identita'. Qui l'accento cade non sulla somiglianza ma sulla differenza, non ull'unita' ma sulla separazione. Nel tentativo di conciliare le due identita' si genera un'inevitabile tensione. Molti ebrei sono dell'opinione che l'universale e lo specifico non possano essere conciliati nei nostri rapporti con le altre fedi. Essi asseriscono che e' assurdo reclamare l'unita' nell'ambito secolare, per poi mettere in rilievo il nostro essere distinti e separati nella sfera religiosa. C'e' qualcosa di contraddittorio e di psicologicamente discordante nel mantenimento di questo doppio ruolo. Costoro sentono il bisogno di scegliere tra essere umani ed essere ebrei, ed assai sovente e' la realta' secolare a prendere il sopravvento. Essi diventano ardenti sostenitori di cause umanitarie e filantropiche e si identificano in modo appassionato con gli sforzi di migliorare la qualita' morale ed estetica della vita, abbandonando nel contempo l'elemento spirituale-religioso per quanto questo possa riguardare loro stessi ed il popolo ebraico. Tra i favorevoli ad un orientamento di tal genere possiamo trovare molti che persistono nell'esprimere grande orgoglio della propria eredita': la totale immersione nel mondo laico non ha eliminato i loro rapporti con l’ebraismo. Essi comunque tendono a ridefinire il loro ebraismo in termini universalistici, a diluire gli aspetti che lo rendono particolare, ed a presentare in definitiva l’ebraismo come non cosi' diverso dalle altre fedi. La loro riformulazione di teologia, culto e rituali dell'ebraismo tende a smitizzare le differenze religiose, viste come barriere ad una piena integrazione sociale e politica. Una rappresentazione cosi' mistificante della propria identita' sfiora la codardia e l'autosvalutazione: ambedue le identita' sono compatibili e, in buona parte dei casi, sono persino inevitabili. L'ebreo secolarizzato che nega o distorce la propria fede promuove la propria accettazione ed integrazione all'interno della societa' a spese della propria onesta' intellettuale. C'e' qualcosa di ingannatorio e falso nello sforzo di negare le proprie radici e la propria anima: tutto questo incide sulla psiche e, di fatto, raramente reca successo. Mentre questo gruppo proclama ad alta voce la propria identita' comune a tutti gli uomini, negando ogni settorialita', il mondo non ebraico continua imperterrito a considerare tutti gli ebrei, compresi gli assimilati, quali membri di una comunita' separata e distinta, dotata di propri specifici interessi. Il concetto di una totale identificazione col resto dell'umanita' costituisce un ideale utopistico che di rado viene completamente raggiunto. |