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ott 1, 2005 |
Aspetti di vita ebraica,  |
redazione

Due parole sulla Teshuvah

La T'shuw significa propriamente ritorno o anche risposta. Il pentimento per l'ebraismo si presenta dunque come un ritorno a una condizione di purezza originaria, o come una risposta alle sollecitazioni che vengono dalla coscienza. Si tratta di una vera e propria conversione, non tanto di un pentimento nel senso di cambiare idea, dicendo "ho sbagliato, non faccio questo, ma piuttosto faccio quello". E se di conversione si tratta, bisogna cambiare completamente, convertirsi.

Ma convertirsi nella religione ebraica significa tornare indietro: a che cosa?

Si tratta di un movimento dell'anima che si volta indietro e ritrova la sua purezza originaria.

La conversione dal peccato alla virt non quindi una liberazione dal peccato originale. Gli ebrei secondo la tradizione rabbinica non accettano l 'idea di un peccato originale, idea che appare invece presente nell' ellenismo in testi apocrifi del mediogiudaismo e viene poi accolta da Paolo di Tarso: "Perci, come a causa di un sol uomo il peccato entr nel mondo e attraverso il peccato la morte, e cos la morte dilag su tutti gli uomini per il fatto che tutti peccarono ..." [Paolo di Tarso, Rm. 5, 12].

In un famoso passo talmudico scritto: "felice l'uomo la cui ora della morte somiglia all'ora della nascita: come nascendo egli esente da peccato, possa esserne esente quando morir". La preghiera del mattino, appena svegli, inizia cos: "Signore, l'anima che mi hai dato pura ...". La contaminazione originaria dell'uomo esemplificata nel racconto di Adamo, di Eva, del serpente e del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, non considerata una colpa originaria. Viene piuttosto utilizzata come spiegazione della presenza del dolore e della sofferenza, come costitutivi della natura umana. La trasgressione di Adam considerata per certi versi necessaria a che egli diventasse responsabile delle proprie azioni, simile cio a Dio, come si legge in Genesi 3, 22: "Poi il Signore disse: ecco, l'uomo diventato come uno di noi, in quanto conosce il bene e il male...".

Se dunque nell'ebraismo non c' la concezione del peccato originale, c' piuttosto l'idea che l'uomo abbia un istinto che lo porta alla spiritualit e a compiere il bene e un istinto che lo porta alla carnalit e a compiere il male. Il primo istinto deve prevalere e controllare il secondo. Nonostante sembri una concezione ottimistica, l'uomo considerato in realt malvagio per natura, non ci si illude. Per nel contempo la caratteristica che fa dell'uomo un essere unico quella di avere la consapevolezza delle proprie colpe. Bisogna sempre tener presente che l'uomo l'unico animale che prova rimorso per le proprie colpe e quindi le avverte come tali.

Questo ben presente nei profeti, dove talvolta prevale il pessimismo sulla natura umana. Isaia considera: "Lasciate perdere l'uomo, che non ha che respiro nel naso, per che cosa sarebbe da considerare?[2, 22]".

L'anima portata al peccato, e cos ecco la necessit della figura del pentimento, della T'shuw. Dunque si istituisce nel mondo ebraico la coppia peccato - pentimento, e non quella peccato - punizione. Le parole conclusive del capitolo 18 di Ezechiele sono chiarissime a questo proposito: "Perci Io giudicher ciascuno di voi secondo le sue azioni, o casa d'Israele, dice il Signore. Ritiratevi da tutte le vostre colpe e inducete altri a fare altrettanto, e allora il peccato non vi sar d'inciampo. Gettate lontano da voi tutte le colpe che avete commesse, fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perch volete morire, o casa d'Israele? Io non desidero che chi si era reso degno di morte muoia, dice il Signore. Inducete alla penitenza e vivrete[30-32]".

Creata prima del mondo, insieme con la Tor, con il trono della gloria, con il paradiso e con l'inferno, con il Santuario e con il Nome del Messia, la T 'shuw ha un'importanza eccezionale nella visione religiosa e etica ebraica. Alla T'shuw dedicata la festa del Kippur, sono dedicati i giorni terribili che vanno dal Capo d'anno all'espiazione dei peccati. Ma anche altri momenti liturgici sono dedicati alla T'shuw: il rituale detto Tachannun, nella preghiera del mattino di tutti i giorni feriali, che si fa solennemente due volte a settimana, il luned e il gioved, comprende la confessione dei peccati e la T'shuw.

Il pentimento si accompagna alla contrizione per il peccato (hatarah), alla confessione dei peccati (widduy) e alla T'shuw vera e propria. Non c' un momento preciso per la T'shuw, che va invece fatta ogni giorno, secondo il detto: "pentiti un giorno prima della morte", che spinge a pentirsi ogni giorno perch pu essere quello che precede la morte.

Il pentimento non sufficiente per ottenere il perdono dagli altri uomini, mentre sufficiente per ottenere il perdono di Dio. In epoca di pentitismo, come quella che viviamo nella nostra confusa situazione giuridica, politica e morale, non si comprende che il perdono un fatto squisitamente religioso, a Dio che devo chiedere perdono, mentre agli uomini, oltre a chiedere scusa, va resa giustizia. Nella legge ebraica chi fa un torto all' altro uomo tenuto prima di tutto a risarcirlo. Poi pu cercare di ottenere dall'altro uomo una riconciliazione, una pace.

Il pentimento (T'shuw) pu essere individuale, e fa parte del rapporto che ciascuno ha con il suo Dio, e collettivo, cio la comunit si raccoglie nelle occasioni rituali per fare la confessione collettiva dei peccati e chiedere il perdono a Dio. Non si pu far T'shuw se non si sono sciolte le controversie con gli altri uomini.

Abbiamo visto che nell'ebraismo c' l'appello alla responsabilit individuale e alla libert delle scelte che si fanno, accompagnato dall'idea che l'uomo, pur dotato di un istinto cattivo per natura, liberamente in grado di controllarlo e sottometterlo al bene. Ma il comportamento umano davvero libero? davvero libera la scelta che fa l'uomo, posto di fronte al bene, alla vita e al male, alla morte, come in molti luoghi della Bibbia, penso al Deut. 30?

In realt nell'ebraismo la libert dell'uomo si scontra con la prescienza di Dio: secondo Maimonide (10 articolo di fede) Dio conosce tutte la azioni e tutti i pensieri degli uomini, e secondo il Pirqe Avot 5, 6 "tutto previsto, ma la libert lasciata". Nella tradizione ebraica dunque si mantiene il paradosso di un uomo libero di agire, ma che compie soltanto quello che gi predestinato da Dio.

La condizione paradossale della presenza della totale libert umana e nel contempo della conoscenza da parte di Dio di tutto ci che fa l'uomo, rappresentata da alcune storie di pentimenti famosi.

Nel libro dell'esodo troviamo spesso il Faraone che si pente, di fronte all' incalzare dei miracoli che minano la salute del suo popolo e la stabilit del suo regno. Ma un pentimento effimero, perch il suo cuore viene indurito dal Signore. Questo ci riporta al problema del limite della libert umana di fronte alla volont di Dio. Il cuore del Faraone indurito perch cos i figli degli ebrei schiavi in Egitto potranno raccontare i miracoli a cui hanno assistito perch siano poi raccontati ai figli dei figli in ogni generazione. La liberazione dall'Egitto infatti opera esclusiva del Signore.

Nel midrash il Faraone si pentir davvero, nel momento in cui veniva travolto dalle acque del Nilo, e sar trasportato a Ninive, dove lo troviamo come re nella storia del profeta Giona.

Il libro di Giona viene letto durante la festa del Kippur, perch in lui rappresentata la condizione del peccato e del perdono.

Giona chiamato a profetizzare la distruzione di Ninive, grande citt di peccatori, che devono fare T'shuw. Ma stranamente egli scappa per mare, in nave, allo scopo di sottrarsi a questa profezia. Quindi alla colpa dei cittadini di Ninive, e alla loro T'shuw, si somma quella del profeta. Perch scappa Giona? Seguiamo le interpretazioni dei Maestri. Due sono le spiegazioni possibili: una l'umilt, cio il credere di non essere all' altezza del compito, ma questa viene esclusa, perch sarebbe stata subito perdonata da Dio. La verit un'altra, ben pi drammatica. Giona sa che Ninive una citt empia, ma che i suoi abitanti sono pronti al pentimento. Sa anche che gli ebrei di Israele sono empi, come i cittadini di Ninive, e non sono portati al pentimento. Sa quindi che se gli abitanti di Ninive si pentiranno, questo dimostrer che Israele in pericolo, e rischier di subire la condanna del Signore (e questo in effetti succeder: gli ebrei spariranno dopo l'invasione degli Assiri, e le dieci trib di Israele si perderanno).

Il Signore per era gi a conoscenza della posizione di Giona. Infatti era stato creato gi dai primi tempi della creazione il pesce che avrebbe inghiottito il profeta. Inoltre la punizione di Giona non la morte. Se il profeta avesse violato l'ordine di profetizzare, egli avrebbe avuto come punizione la morte. Evidentemente vene considerata con clemenza l'attenuante che Giona intendeva proteggere il popolo d'Israele con il suo comportamento e quindi salvare la Gloria del Signore.

Nel piccolo e denso libro di Giona, sono presenti altre figure significative di non ebrei che si convertono seguendo la vicenda di Giona: sono i marinai, presentati come dei giusti, che pregano per la salvezza i loro idoli durante la tempesta scatenata da Dio. Ma quando si accorgono che Giona dorme sotto coperta, capiscono che c' sotto qualcosa, e venuti a conoscenza della storia, si convertono all'ebraismo, secondo le interpretazioni dei Maestri. La loro non propriamente T'shuw, in loro non c' colpa, anzi, fanno una figura migliore di quella del profeta. Essi si convertono, perch riconoscono la potenza del Dio di Israele. Questo raccontato dal midrash.

Consideriamo ora i due aspetti della conversione: quella dei gentili all' ebraismo, e quella che abbiamo chiamato T'shuw. La conversione dei non ebrei all'ebraismo avviene sulla base di una scelta non necessaria per la salvezza, ma che viene fatta per l'intervento miracoloso. La scelta della T' shuw invece una scelta di pentimento, necessaria per restare accanto al Signore. Ma possibile la T'shuw anche per i gentili, senza una loro conversione all'ebraismo? Sicuramente, come appare dal libro di Giona: se la T'shuw una forma di conversione, che nel caso degli ebrei consiste nel ritorno alla volont di Dio, nel caso dei non ebrei pu consistere nell' abbandono delle pratiche di violenza nei confronti del prossimo e nel risarcire i danni fatti, ottemperando alla giustizia, come nel caso della T' shuw degli abitanti di Ninive (e questo equivale alla scelta di ottemperare la volont di Dio). Tale scelta in grado, come per gli ebrei, di annullare il decreto di distruzione della citt, come segnalato in Giona 3, 9 - 10.

Vediamo ora di risolvere altre questioni del libro di Giona: che cosa rappresenta il sonno del profeta? E il pesce?

Io credo che in questa vicenda drammatica sia presente il paradosso di questa libert umana sottoposta alla provvidenza di Dio. Giona sa che la vicenda si concluder comunque con una sconfitta. Sar la vittoria della T' shuw, sar la vittoria della misericordia di Dio, sar comunque e sempre la vittoria del Signore. Ma sar anche la condanna per il popolo d'Israele. La prescienza profetica lo spinge a chiudersi, fuggire: ma si pu fuggire da Dio?

evidente per il pentimento del profeta, sollecitato dall'estrazione a sorte e dal comportamento dei marinai, che mostrano tutta la loro piet e rettitudine. Il pentimento di Giona era stato previsto dal Signore, che gli manda il pesce. Quando il profeta verr gettato in mare, il pesce lo salver. Nella simbologia la situazione di impossibilit di uscita per l' uomo Giona di fronte alle leggi della storia e alle vicende che necessariamente si svolgeranno, rappresentata dal mare. Nel midrash, questa situazione di mare, di stallo, di vuoto e di angoscia e rappresentata dal mostro che signoreggia sul mare, che non il pesce che salva Giona, ma il Leviatano, il mostro marino destinato ad essere il cibo dei giusti nel mondo che verr, che previsto sar macellato da Giona. Giona "far fuori" il mostro marino.

Tuttavia la vicenda di Giona si presenta come una sconfitta della libert umana, la sua una lotta impari, destinata a soccombere, perch la libert non possibile contro la volont di Dio. Si pu essere liberi solo se si segue la Sua volont, se si segue il decreto stabilito cio se si in pace con Dio. Ma questa era anche la posizione di Spinoza.

La T'shuw ha anche un altro aspetto importante: quello di essere collegata alla gheull, alla redenzione. Va tenuto presente che la T'shuw ha una dimensione individuale, necessariamente, in cui il singolo si rivolge personalmente a Dio, ma ha anche una dimensione collettiva, sia liturgica , si pensi alla preghiera, sia sociale, come appare dalla conversione degli abitanti di Ninive. Si dice che quando gli ebrei faranno T'shuw, osservando il precetto del Sabato, allora arriver il Messia. Si pensa anche che la T' shuw render meno difficile l'avvento del Messia, che si prevede preceduto da grandi calamit, le cosiddette doglie del parto messianico.

Abbiamo visto il dilemma di Giona, abbiamo visto la sua lotta con il Leviatano, con la difficolt di accettare il volere di Dio, con la difficolt di sottomettere la libert umana ai decreti del Creatore. La T' shuw rappresenta in questa vicendala soluzione dell'antagonismo con il Signore. Di fronte al decreto, al comando di Dio, l'uomo fa T'shuw: questo significa che egli d la risposta. Chiamato da Dio, risponde. Infatti abbiamo visto che il significato di T'shuw anche quello di rispondere. L' espiazione, il pentimento, il digiuno, la vergogna per la colpa commessa, tutto ci non altro che la risposta a Dio che liberamente l'uomo in grado di dare. Ed essere chiamato e poter rispondere un grande privilegio, come cap Abramo, che alla chiamata del Signore rispose: "Eccomi!".