Il ghetto degli ebrei in Este
All'epoca dei marchesi d'Este la citta' era cinta per tre parti da terrapieni o terragli posti quale argine interno del canale Bisato e per il lato nord dal castello, da un fiume denominato Sirone.
Gli statuti del comune pubblicati nel 1318 espressamente indicavano:
Non essere lecito interrare le fosse di Este fatte ad uso di fortificazioni della terra stessa, ne' in alcun modo spianarle, ne' in altra guisa occupare le strade vicine ai terragli in tempo di guerra.
Poco dopo la resa di Este alla Repubblica Veneta, 1405, il governo della serenissima ordino' l'innalzamento delle mura che gli atestini eressero su una linea arretrata rispetto all'argine del canale Bisato che ancora scorre per lati attorno al centro storico cittadino. Rimaneva, come rimane ancora, un cero spazio tra il muro e la sponda del canale, specie lungo il tratto a meridione della citta'.
Col passare degli anni e fatto sicuro il dominio della serenissima che aveva portato i suoi confini all'Adda, quello spazio venne occupato da costruzioni di case e di casupole, in modo particolare ai lati della torre di Porta Vecchia che fino al termine del xvi secolo costitui' l'unico ingresso in citta' dalla parte sud.
Ai primi anni del dominio veneto in Este risale la presenza di ebrei in citta' chiamati nel 1406 da Padova perche' venissero a prestare danaro su pegno. Del 1426 c'e' notizia di un atto notarile che sancisce le condizioni per la condotta fissate da un massaro di comune, presente l'arciprete del tempo, ad un Giuseppe figlio di Abramo ebreo di Padova. Le facilitazioni concesse anche ad altri ebrei erano vantaggiose per questi primitivi banchieri, ma devono aver suscitato non poche perplessita' a causa dell'usura, tanto piu' che in quei tempi andava predicando e sollecitando la costituzione di monti di pegni o di pieta' il francescano s. Bernardino da Siena (1380,1444) che venne a predicare anche ad Este.
Nel 1508 fu adottato un nuovo regolamento per l'attivita' di prestiti da parte degli ebrei di Este; ma il vescovo di Padova, Pietro dandolo ordino' che tale regolamento ritenuto troppo favorevole ad essi venisse ritirato pena la scomunica. Il che fu fatto, e pur consentendo il comune l'attivita' creditizia degli ebrei non vennero piu' concesse troppe agevolazioni per il fatto anche che stava sorgendo allora il sacro monte di pieta'. Gli ebrei , nonostante le limitazioni cui erano soggetti, crebbero di numero, sparsi per le contrade cittadine ma con un nucleo piu' consistente accanto alla porta vecchia che era il punto obbligo di transito da e per l'antica strada di Lombardia.
Nel 1665, sotto il podesta' e capitano Melchiorre coppo, una ducale di Domenico Contarini ridusse gli ebrei, di riferimento che sparsi s'attrovano per questa terra ad habitar in unione nelle case delli heredi botti, Sive Bonati, e nelle contigue delli heredi Lunardi poste nella contr di s.martino, che recinte da una corte con solo ingresso et otturati tutti li fori che riguardanon sulla pubblica strada vengono a stabilire la forma di un gheto.
Il ghetto e' rimasto in quella parte del centro storico con ingresso da una piazzetta che all'uso veneziano si chiama campielo tra via monache e la sponda del Bisato, ad est della torre di porta vecchia. Il sito consta di una costruzione ad uso di tre abitazioni eretta da un lato a ridosso delle vecchie mura ben riconoscibili e dall'altro fin quasi alla sponda del canale tra una fila di casette tra la sponda e l'argine del Bisato. Il punto di accesso al ghetto e' ancora un sottoportico che da campielo conduce alla corte interna. Sulla corte si affacciano alcune case e dalla corte parte una viuzza o calle a ridosso delle mura che si da ulteriormente. Sulla calle si affacciano le dacase fra le quali ha rilievo quel palazzotto seicentesco ora completamente fatiscente che ritengo dovesse essere l'abitazione degli heredi Botti, Sive Bonati.
Non ci sono notizie precise di quando gli ebrei sono scomparsi dal ghetto estense; personalmente penso all'epoca napoleonica.
Dopo di allora le case sono state sempre abitate da cittadini di Este non ebrei, di infima condizione che unitamente agli altri inquilini dei granari di Vallesina formavano il ghetto della miseria. Negli anni dal 1950 al 1960, con la costruzione di due nuovi quartieri cittadini: pilastro e meggiaro, gli abitanti del ghetto della miseria poterono trovare alloggi piu' decorosi.
L'antico luogo e' rimasto cosi' abbandonato quasi del tutto. Il tempo sta ora completando l'opera di demolizione iniziata dalla incuria degli uomini..