BACK
dic 18, 2003 |
Sbirciamo Eretz Israel,  |
redazione

Sull'elezione di Ariel Sharon

Questo il mio articolo di fondo uscito sul Giornale, che non si pubblica su Internet.

Cerchero' di spiegare perche' sono pronto a scommettere che Ariel Sharon ha le migliori possibilita' di portare Israele e i palestinesi verso la pace, perche' gli Stati Uniti guidati da Clinton sono fortemente responsabili per la tragedia mediorientale e perche' sia bene che ovunque, non soltanto in Italia, cio' che erroneamente si usa chiamare "sinistra", sia in realta' materiale dannoso alla pace, alla verita', al buon funzionamento delle relazioni internazionali. Vorrei partire da un film di Bertolucci, "La luna", che non fu fra i piu' belli, ma che conteneva una scena scioccante in cui il protagonista capriccioso, intimista e molto sinistrese, ad un certo punto prendeva dal padre un ceffone di quelli che ti fanno girare la testa. Scena e schiaffo molto contestati dalla critica. Bertolucci era stato molti anni in analisi da un grande psicoanalista italiano oggi scomparso che era anche mio amico e fu lui, si chiamava Piero Bellanova, a spiegarmi il significato di quel ceffone: il ritorno al principio di realta'. Arriva un momento in cui chiacchiere, piagnistei, travestimenti, luoghi comuni, festini simbolici e ricatti basati sul senso di colpa altrui ma non sul proprio, hanno bisogno di una sberla che tronchi il pasticcio e riporti le cose al principio di realta'. Questo e' un compito che politicamente si assume la destra liberale, che non soltanto non ha nulla a che vedere con fascismi e dittature, ma che anzi quando li incontra li affronta e li distrugge con la grinta di Winston Churchill, il quale si batte' contro Hitler e Mussolini e poi passo' a fronteggiare Stalin.

Ariel Sharon, che non e' un mostro ma un valoroso soldato, viene scelto liberamente attraverso libere elezioni da Israele che e' l'unico Stato democratico in un pianeta di dittatori, autocrati, tiranni. Se volete avere un'idea di che cosa sia la democrazia palestinese, andate a Gaza, in Arafat-landia, nel paese in cui si mettono al muro e si fucilano in poche ore ragazzi sospettati di avere rapporti con gli israeliani, mentre in Israele si sottopongono a processo regolare i poliziotti palestinesi che hanno linciato gli agenti israeliani davanti alle telecamere del Tg4 italiano. In Israele e' stata eseguita in 53 anni un'unica condanna a morte ed e' stata quella della belva nazista Eichmann, reo confesso di genocidio e dopo un lungo e regolare processo che nel 1960 sconvolse il mondo civile e inchiodo' per sempre nella memoria almeno il versante nazista dei delitti del secolo scorso. E Clinton che ruolo ha avuto in questa vicenda? Diciamolo una buona volta: Clinton e' stato il piu' fortunato enfant prodige del mondo, ma nulla di piu': ha ereditato da Bush padre un'America da due mesi gia' in quella ripresa economica che poi e' diventata gigantesca grazie alle cure di Greenspan e che e' durata miracolosamente fino alla fine del suo mandato, quando ha dovuto riconsegnare a Bush figlio un'America malaticcia e stagnante. Tutte le sue promesse, tutti i suoi programmi elettorali sono falliti. E per lasciare di se' almeno una sola vittoria, come altri suoi predecessori si incaponi' nell'idea di fare fare a tutti i costi la pace fra palestinesi e israeliani, forzandoli molto oltre le loro possibilita' ed intenzioni e condannandoli ad una doccia fredda di illusioni e disillusioni che ha alla lunga ha fatto marcire il processo di pace ed ha fatto credere ad Arafat che, martellando l'opinione pubblica mondiale e dandole in pasto scene truculente e angosciose, potesse ottenere di piu', sempre di piu'.

Se oggi Barak cade e Sharon vince, lo si deve anche all'ex presidente americano, un irresistibile show man che oggi giustamente riflette sulla proposta di venire a suonare il sassofono a San Remo. Insomma: colui che nella weltanschauung veltroniana doveva essere il capogiardiniere dell"Ulivo mondiale" e' uno dei padri del disastro. E Sharon, essendo l'uomo duro che rappresenta oggi il principio di realta', e' per conseguenza l'uomo piu' rispettato dalle migliori teste pensanti palestinesi, anche se profondamente odiato da centinaia di bambini che televisivamente rendono, come povere vittime, molto di piu' dei loro parenti adulti rimasti in zona di sicurezza. Che la cosiddetta "seconda intifada" cominciata il 28 settembre scorso sia stata uno strumento truffaldino pretestuoso e non una sponantanea reazione alla presenza di Sharon nelle aree sacre all'Islam e' dimostrato dal fatto che quel giorno la sua visita al Monte del Tempio era stata accuratamente concordata con il capo della polizia palestinese Jibril Rajoub, il quale disse di non aver nulla in contrario purche' Sharon non entrasse nell'area delle moschee. E Sharon - era il giorno di Rosh Ha Shanah - non entro' nell'area delle moschee. E poi basta leggere la dichiarazione di uno dei capi dell'intifada, Morwan Barghuti, il quale ha detto: "Con Sharon non si deve trattare. L'unica maniera di fare i conti con lui e' di proseguire con l'intifada". In queste parole e' chiaramente enunciato l'uso politico del sacrificio dei bambini avviati al massacro. In compenso, l'ala realista dell'Olp di Arafat, rappresentata dal suo segretario generale Ahmed Abdel Rahaman, ha gia' ragionevolmente detto che "Se sara' Sharon il primo ministro, tratteremo con lui sulla base dei suoi programmi, non della sua retorica elettorale".

Questa ci sembra la verita', perche' e' lo specchio della realta': Arafat e' pronto a trattare con Sharon e stavolta non saranno consentiti gli effetti speciali della macabra mattanza. Quanto ai programmi di Sharon, restano quelli annunciati alla vigilia del voto: massima unita' del Paese, la pace come obiettivo finale ma senza cedere nulla di quanto aveva gia' ceduto Barak (ottenendo in cambio soltanto calci in faccia e l'attacco di un'intifada studiata a tavolino e condotta con cinismo), nessuna stretta di mano di pura facciata e senza costrutto, molto rispetto per le parti che siederanno al negoziato, pureche' sia un negoziato in condizioni di sicurezza e nell'assenza di qualsiasi violenza. Questo e' cio' che intendevamo come ritorno al principio di realta' e che ci ricorda il vecchio Theodore Roosevelt (parente e predecessore di Francis Delano) il quale ando' famoso per il motto secondo cui chi vuole rispetto deve "parlarea bassa voce e impugnare un nodoso bastone". Quel Roosevelt era in realta' unuomo politicamente manesco, ma certamente la pace fu trovata dal conservatore Nixon che chiuse la disastrosa guerra del Vietnam aperta dal progressista Kennedy. E la piu' grande speranza concreta di pace il mondo l'ha vista con Ronald Reagan che arrivo' alla Casa Bianca descritto dalle sinistre come un "rozzo e mediocre attore cinematografico ammalato di anticomunismo viscerale", e che invece vinse la guerra fredda contro il comunismo e apri' la prospettiva di una vera pace mondiale.

Qualcuno dira' a questo punto che sto omettendo la maggior vergogna di Ariel Sharon, costituita dalle stragi di Sabra e Chatila, due campi palestinesi in Libano dove le truppe cristiano maronite di Gemayel massacrarono orribilmente uomini, donne e bambini. Ma anche in questo caso c'e' una verita'storica e non controversa da considerare: Sharon e' stato sottoposto in Israele ad un'inchiesta severissima e ostile, come si fa nelle vere democrazie, al termine della quale il generale fu ritenuto colpevole, insieme allo Stato Maggiore e al Mossad, di non aver mantenuto sotto opportuna sorveglianza alleati esacerbati e inferociti, come i maroniti, che avevano subi'to una quantita' di massacri da parte delle milizie palestinesi che usavano il Libano come la loro base. Non fu una pagina di gloria, per Sharon, ma e' del tutto falso che lui sia stato l'autore o l'ispiratore di quelle stragi. E poi su tutto, va considerato l'elemento fondamentale: Sharon arriva al governo israeliano con il mandato democratico dello stesso popolo che ieri aveva eletto a valanga Ehud Barak, perche' Barak si era presentato dicendo che aveva in mano la ricetta giusta per la pace e gli israeliani vogliono, sognano, anelano la pace come nessun altro popolo al mondo, sentendosi condannati a dover vincere ogni guerra scatenata contro di loro, perche' i loro vicini si possono permettere di perderle tutte senza con questo smettere di esistere, mentre Israele se perdesse una sola volta sparirebbedalla faccia della terra e sarebbe dimenticato come una curiosita' storica, meno importante del regno crociato di Gerusalemme che duro' trentacinque anni di piu' di quanti ne abbia oggi Israele.

E questo lo sanno gli abitanti disperati di quella patria ebraica, lo sa Ariel Sharon, lo sanno i palestinesi di Arafat, lo sanno tutti i vicini arabi, lo sa la nuova amministrazione americana di George W. Bush e lo sa il segretario di Stato Colin Powell che e' l'esperto di Medio Oriente che guido' la guerra all'Iraq. La pace e' un cammino obbligato. Ed e' un cammino che ormai non ammette ne' scorciatoie ne' divagazioni, cosa che sanno a questo punto benissimo le autorita' militari palestinesi che hanno spinto l'intifada oltre il punto di non ritorno, quello oltre il quale in una democrazia il popolo sovrano, nella sua coralita', nella sua collettivita', nella sua liberta' e reponsabilita', decide di licenziare i capi che hanno sbagliato nella loro guida, e di assumere nuovi capi per percorrere lo stesso cammino ma senza i vecchi errori. Nessuno sa oggi se davvero Sharon e la parte piu' realista della dirigenza palestinese sapranno trovare alla svelta le nuove condizioni per trattare la pace definitiva. Ma sappiamo che se e quando cio' avverra' (e secondo noi avverra' presto) sul tavolo della trattativa non sara' di nuovo gettata la spada di Brenno dell' "Intifada e delle Telecamere". Nel frattempo Clinton ci deliziera' col suo sassofono a noleggio e sua moglie onorera' i miliardi ricevuti dal suo editore raccontando in un libro "hard" le vittoriose dell'ex presidente: non quelle fallimentari di Camp David, ma dello Studio Ovale e delle sue appassionate stagiste.

Paolo Guzzanti