Gi le mani da Strauss
Articolo che mi pare interessante apparso sull'ultimo numero di MicroMega. Mi scuso in anticipo per eventuali errori ortografici: non sono un mago dello scanner. Buona lettura
GI LE MANI DA LEO STRAUSS
IRENE KAJON
L'insegnamento di Leo Strauss
II motto di Leo Strauss (1899-1973), pensatore ebreo tedesco allievo di
Hermann Cohen ed Ernst Cassirer, di Husserl e Heidegger, vissuto dopo il
1933 in Francia, Inghilterra, Stati Uniti - in cui insegn dapprima a New
York tra il 1938 e il 1949, poi a Chicago tra il 1949 e il 1968 - non era ne
quello dell'usa con coraggio la tua ragione, ne quello del credo perch
assurdo. Il primo motto, di ispirazione stoica, affermato da Kant nella sua
risposta alla domanda che cos' l'Illuminismo?, esprime quella posizione
che pone il cogito alla base della cultura. Il secondo, enunciato da
Tertulliano, ripreso in et moderna da Pascal e Kierkegaard, porta a
ritenere i valori religiosi, sui quali vengono fondati i valori morali,
impermeabili alla ragione. La sua parola d'ordine era piuttosto quella, gi
propria di Spinoza, della cautela: egli riteneva - traendo da Husserl il
problema del rapporto fra le intuizioni della vita e la filosofia come
scienza rigorosa - che le regole e i costumi stabiliti dovessero trovare
un legame con l'attivit intellettuale. Egli non separava ci che unisce
l'uomo con il passato a ci che lo proietta verso il futuro: se l'ascolto
riverente dei padri da all'uomo il linguaggio e i modi di vita, i miti e le
narrazioni, la critica esercitata - tenendo conto dei casi e delle
circostanze - gli da la consapevolezza di ci che, di tale passato, dovrebbe
essere a poco a poco abbandonato, per quanto la ragione non possa mai
giungere fino al punto da fondarsi
solo su se stessa a causa della finitezza umana, che implica sensibilit e
immaginazione
Non bisogna per confondere questo programma straussiano di mediazione tra
fede e ragione con quello proposto da un Tommaso d'Aquino o da uno Hegel
Strauss riteneva, infatti, che proprio questi pensatori - che peraltro
ammirava per la grandiosit del loro progetto unificante - avessero condotto
alla scissione tra una razionalit separata dall'esperienza individuale e
una fede incapace di accettare i criteri universalistici della ragione e
destinata perci a chiudersi nel fanatismo, per loro metafisica
ontoteologica, ovvero diretta alla conoscenza del mondo, dell'uomo come
parte del mondo, e di Dio come sommo ente
Proprio l'ontoteologia aveva condotto alla scissione tra fatti e valori
propria del neokantismo tedesco della fine dell'Ottocento, a Nietzsche, allo
storicismo, all'esistenzialismo, nemici di ogni indagine razionale nel campo
dell'etica. Strauss sostituiva alla relazione fede-ragione, propria di
Tommaso e di Hegel, la relazione tra legge (o mondo delle comuni distinzioni
morali, quali quelle tra brutalit e gentilezza, onest e corruzione) e
filosofia (o teoria, nel significato classico di contemplazione, richiedente
perci isolamento dalla vita quotidiana). Egli trasformava cos la filosofia
da scienza rivolta all'essere delle cose - secondo la tradizione che lega i
presocratici a Hegel e a Heidegger - in teoria politica avente come suo
obiettivo il chiarimento delle norme morali oggettive preposte alla vita
pubblica, e situata tra i due estremi del riconoscimento privo di critica
fra ci che gi vigente in una data comunit e la radicale difesa
dell'esistenza assolutamente razionale, ma asociale, del filosofo
Il teo-politico, in quanto teso tra vita e spirito , per Strauss, ci
su cui si fonda ogni forma normale di convivenza umana - dalle antiche
societ patriarcali alla nazione ebraica dell'epoca mosaica alla polis greca
fino alla moderna democrazia liberale. I pensatori appartenenti alle societ
in crisi del Novecento avrebbero dovuto riscoprire questa metafisica del
politico al di l dello storicismo, del sociologismo, del positivismo
giuridico, i quali li avevano condotti a dimenticare la natura profonda
dell'uomo e a prestare attenzione solo alle sue manifestazioni contingenti e
superficiali. In tal modo essi sarebbero anche tornati a quel tipo di
scrittura che tutti i filosofi consapevoli della contraddittoria natura
umana avevano sempre adottato: un tipo di scrittura che da un lato tiene
fermi i miti, le espressioni, le metafore, condivisi dalla comunit di cui
il filosofo stesso, in quanto essere sociale, parte; dall'altro lascia
trapelare, per coloro che pensano, l'allontanamento proprio da quei miti,
espressioni e metafore, o l'attribuzione ad essi di un senso nuovo
Questa scrittura sottile e allusiva - un livello essoterico, conforme
all'opinione, e un livello esoterico, conforme alla verit - era dovuta, nel
passato, al fatto che il pensatore aveva cognizione di se stesso sia come
membro della sua comunit ed educatore di essa, sia come difensore della
ragione e, perci, del genere umano. Se avesse rinunciato alla scrittura
essoterica, egli si sarebbe appellato solo alla ragione dei lettori,
trasformando questi ultimi negli astratti cittadini di un inconsistente
mondo ideale e la ragione stessa in forza distruttrice, noncurante degli
uomini reali (secondo un procedimento caro ai dottrinari di tutte le
epoche); se avesse abbandonato la scrittura esoterica, egli si sarebbe
richiamato solo ai sentimenti dei lettori, considerandoli come minorenni
incapaci di ragionare e rafforzando tutti i loro pregiudizi, compresi i
peggiori (secondo un procedimento caro ai servitori del potere stabilito di
tutte le epoche)
Lo scrivere dell'intellettuale avrebbe dovuto nel futuro, secondo Strauss,
tornare ad essere fine e articolato - come quello di un Platone e di un
Lessing - non certo perch la vera funzione dell'intellettuale fosse quella
di rassicurare le masse nel loro conformismo, mentre egli in privato,
essendo guidato solo dal suo intelletto, era uno spregiudicato
anticonformista, ma perch tale funzione non poteva non tener conto della
duplicit dell'essere umano, quando sia in possesso di tutte le sue facolt
Vi una perfetta corrispondenza tra l'insegnamento di Strauss sul piano
della teoria politica, fondata sulla nozione dell'uomo come essere
complicato, di difficile comprensione, appartenente ad ambiti diversi - e
proprio in ci sta quella ricchezza dell'umano che il puro razionalismo o il
puro naturalismo o fideismo vorrebbero semplificare - e la sua tesi della
scrittura filosofica come scrittura equivoca, tale da poter essere
analizzata secondo vari strati di significati. L'ambiguit di tale scrittura
corrisponde all'ambiguit dell'essere umano
Strauss era un ebreo filosofo, profondamente legato alla tradizione
religiosa e morale nella quale era stato educato, ma anche un difensore
della libert di pensiero: il suo scopo, alla maniera di Maimonide, era
quello di proporre un ebraismo illuminato, lontano sia dalla cieca
ortodossia che pretende dai suoi adepti la rinuncia alla ragione -
un'ortodossia, questa, che non si trova affatto nella Bibbia, ne in coloro
che si richiamano all'autentica tradizione rabbinica, rispettosa del
dialogo, delle differenze, delle idee delle minoranze, e disposta ogni volta
di nuovo ad esaminare il senso dei suoi presupposti, ma il frutto
piuttosto della lacerazione moderna tra fede e ragione - sia dal puro
ebraismo universalista, caratteristico delle correnti liberali ebraiche
dell'et dell'emancipazione. Strauss aveva simpatia per il sionismo: ma non
amava ne il sionismo puramente nazionalista e politico - sebbene in giovent
avesse aderito a tale movimento - n il sionismo religioso che annulla ogni
differenza tra il piano umano, che quello dell'azione pragmatica e dei
piccoli passi, e il piano della rivelazione, che quello delle nette scelte
di campo. Egli vedeva nel complesso fenomeno moderno del sionismo,
espressione di una duplicit tra teologia e politica che vi sempre
stata nella situazione ebraica, il simbolo di ci che tipico della realt
umana, divisa tra aspirazione all'Assoluto e appartenenza al tempo e alla
storia. Perci il problema politico, che la stessa condizione umana pone,
era per lui destinato a rimanere sempre aperto: egli raccomandava, tanto
nella condotta privata quanto in quella pubblica, una ferma mitezza, un
rigore temperato, che avrebbe permesso di evitare sia i sogni e le utopie
di chi pensa di poter trasformare l'uomo in un puro essere di ragione, sia
il cinismo di chi ritiene l'uomo immerso nel naturale egoismo o mosso
soltanto da passioni
Come filosofo, Strauss era un fautore della tolleranza, del dialogo, della
mediazione; in quanto consapevole del legame tra la filosofia e l'esistenza,
comprendeva la necessit della coazione. Le istituzioni politiche
legittime - ovvero quelle corrispondenti alla natura umana - avevano per lui
il doppio fondamento della forza e della giustizia, della spada e della
bilancia. Non escludeva la lontana prospettiva di un mondo riunito dalla
pace, dalla fine della povert, dalla giustizia - diceva che egli non
conosceva preghiera pi sublime dell'Alenu, la preghiera ebraica che
auspica la redenzione messianica; ma sapeva che l'uomo soltanto in modo del
tutto imperfetto pu realizzare tale misura ideale
Chi legga con attenzione gli scritti di Strauss - dal testo del 1930 sul
Trattato teologico-politico di Spinoza, interpretato come il primo dei
moderni a causa del duro conflitto tra fede e razionalit instaurato da
Spinoza in quest'opera (pi tardi egli lo interpreter piuttosto come un
allievo di Maimonide e l' ultimo dei medievali), alla feroce critica di
Carl Schmitt, visto nello stesso tempo come l'ultimo erede della filosofia
politica liberale e il nuovo sostenitore di una riduzione del politico ad
arbitrio e violenza, ai saggi sul pensiero islamico ed ebraico medievale, al
libro su Hobbes, fino ai testi su Machiavelli, sulla persecuzione e arte
della scrittura, su Socrate e Platone, sulla storia del giusnaturalismo
moderno e della sua dissoluzione con Burke, Weber e Kelsen, e ancora su
Nietzsche, Husserl e Heidegger -non avr difficolt a rintracciare
l'insegnamento che sopra abbiamo sinteticamente esposto. Gli ultimi suoi
scritti - che sono per lo pi conferenze o riproduzioni di lezioni - in cui
descritta l'alternativa fra vita nell'obbedienza, caratteristica del mondo
biblico, e vita nella ragione, caratteristica del mondo greco, sono
anch'essi ispirati, come tutta la sua opera, dalla critica della scissione
tra Gerusalemme e Atene, che egli considera alla base delle tragedie
della nostra epoca, e dall'aspirazione a una nuova relazione tra tali due
principi (1)
Certo, le idee principali di Strauss possono risultare discutibili: si pu
trovare non convincente la sua ripresa della nozione di una legge naturale
oggettiva, risultato dell'incontro fra la tradizione religiosa o morale di
una comunit e la critica razionale; il suo peculiare modo di interpretare
la storia della filosofia, dalle origini fino ad oggi; la sua sottile
tecnica di lettura dei filosofi antichi e medievali; oppure la sua idea
della situazione ebraica come esempio e modello della condizione umana. Ma
nessuno potr mai mettere in questione il fatto che egli sia, per
l'accuratezza filologica dei suoi studi sulla letteratura filosofica e
religiosa, per l'impegno che muove la sua indagine sulle vicende della fede
e ragione nella modernit, per la seriet della sua proposta esistenziale e
filosofica, un buon maestro
Allan Bloom e Irving Kristol padri del neoconservatorismo americano
Strauss ha avuto negli Stati Uniti molti allievi i quali hanno pubblicato i
suoi testi inediti e divulgato in modo fedele il suo pensiero: ciascuno di
loro ha accentuato l'uno o l'altro aspetto contenuto nella sua opera senza
tuttavia tradirne lo spirito fondamentale, improntato - in uno stile che era
quello dei suoi prediletti classici -all'armonia tra elementi, come affetti
e ragione, esterno ed interno, che rimangono tra loro in conflitto. La
questione del rapporto fra gli antichi e i moderni o quella dell'ebraismo
filosofico o quella del rapporto tra potere e filosofia stata
alternativamente scelta come centro del suo pensiero
Strauss ha avuto, per, anche allievi tanto cattivi da attribuirgli proprio
quel pensiero antitetico e lacerato che egli (al pari del suo amico Franz
Rosenzweig) considerava come il segno evidente di una malattia o anormalit
della condizione umana. Infatti, Allan Bloom e Irving Kristol, il primo
assistente e collega di Strauss a Chicago, il secondo suo allievo negli anni
Cinquanta, credono che la dissoluzione scettica del razionalismo moderno, al
quale soltanto essi attribuiscono la nascita della civilt liberale, debba
essere contrastata con il ritorno radicale alle ortodossie religiose, ai
miti della terra natta e della patria, ai valori immediatamente unificanti
di una nazione. Bloom e Irving Kristol sono gli autori che, soprattutto a
partire dagli anni Ottanta, hanno presentato nei loro scritti quel
neoconservatorismo (si torner tra breve sulle origini e il significato di
questo termine) a cui si richiamano oggi molte figure di intellettuali,
giornalisti, consiglieri politici attivi nell'amministrazione Bush
Nell'opporre senza possibilit di alcuna mediazione ragione e mito, questi
autori non fanno che riprendere - senza esserne consapevoli - un dualismo di
cui proprio Strauss ha sempre sottolineato il pericoloso approdo. La
separazione tra un esercizio intellettuale, che non da pi regole
determinate di vita, e il fideismo intollerante, la quale sfocia nel
dualismo tra lite disincantate, preoccupate solo di assecondare il potere e
conservare i loro privilegi, e masse succubi del conformismo e della
propaganda - un fenomeno, quest'ultimo, che Strauss considerava una minaccia
mortale per la liberaldemocrazia - viene accettata da questi due promotori
dell'ideologia neoconservatrice come un dato insuperabile. All'esistenza
degli individui senza radici, nella societ liberale avanzata, bisogna
opporre, secondo Bloom e Irving Kristol, non l'uomo consapevole della
tensione fra tradizioni e ragione - come pensava Strauss - ma da un lato
l'uomo bene abbarbicato a ci che gli viene trasmesso come un valore
indiscutibile e, dall'altro, l'uomo che conserva lucidit solo nei campi
delle scienze naturali, tecnica, economia: un uomo dunque dal cuore mosso da
impulsi primordiali e dalla testa di robot - u n puer robustus. Il
neoconservatorismo non in realt un'ideologia che attacca il nichilismo
risultato del pensiero filosofico della modernit, come pretenderebbe di
essere, seguendo l'insegnamento straussiano; esso piuttosto una forma di
tale nichilismo accanto ad altre. Bloom autore di un libro, intitolato The
Closing of the American Mind (2), dedicato ai problemi dell'educazione e
dell'insegnamento nelle universit americane. Nel libro si critica
aspramente lo spirito tollerante e pluralistico introdottosi in queste
universit specialmente a partire dagli anni Sessanta - l'epoca delle
rivolte studentesche, dei movimenti per la difesa delle minoranze, della
ricerca di un modo di vivere non ispirato ai valori dominanti. L'autore
propone contro tale spirito, che egli giudica assolutamente negativo, da una
parte l'introduzione nelle universit della lettura e studio delle grandi
opere della letteratura filosofica e religiosa occidentale, affinch la
ragione nei migliori - che egli identifica per lo pi con i figli delle
famiglie benestanti - si eserciti e prenda gusto alla ricerca della
soluzione ai massimi problemi dell'uomo, quelli che riguardano il senso del
vivere (una ricerca destinata per a rimanere senza fine poich, secondo
Bloom, la ragione non pu far altro che dubitare di tutto); d'altra parte,
per la grande maggioranza, la ripresa della vecchia educazione autoritaria
tradizionale affinch i miti e le religioni siano dotati di rispettabilit
Non pi openness, apertura, dunque, come parola d'ordine generale, ma
closeness, chiusura
Nel libro di Bloom vengono criticati Margaret Mead, per i suoi studi di
antropologia culturale, animati da interesse e simpatia per i riti e costumi
delle societ primitive, e Franklin Roosvelt, per il suo desiderio di
costruire una societ in cui nessuno sia lasciato fuori, aperta ad ogni
individuo e disposta ad accettare ogni contributo (pp. 30, 33). Si esalta la
Rivoluzione americana contro quella francese perch si ritiene che, mentre
la prima produsse una realt storica chiara e unificata, la seconda
produsse solo una serie di problemi e questioni (p. 160). Si loda Ronald
Reagan per aver utilizzato, in un suo discorso, l'espressione dell'Unione
Sovietica come impero del male, criticata allora anche dai conservatori,
per aver rinunciato in tal modo all'atteggiamento pacifista e mediatore
caratteristico del razionalismo liberale e aver fondato la politica sulla
scelta di valori ultimi, sebbene si riconosca che, certo, questo potrebbe
essere causa di guerra (p. 142). Questo doppio percorso -da un lato la
difesa a spada tratta del belief , dall'altro della scienza e filosofia come
sfere separate dalla vita e dalla societ - seguito dall'autore in tutta
la sua analisi della realt sociale e del mondo accademico americani
L'autore termina il suo libro con tale enfatico (e agghiacciante)
ammonimento: Questo il momento americano nella storia del mondo, quello
per cui saremo per sempre giudicati. Proprio come in politica la
responsabilit per il destino della libert nel mondo ricaduta sul nostro
regime, cos il destino della filosofia nel mondo dipende dalle nostre
universit, e le due cose sono in relazione come non lo sono mai state
prima (p. 382)
Irving Kristol autore di un libro, Neoconservatism. The Autobiography of
an Idea (3), il quale raccoglie articoli pubblicati tra il 1949 e il 1995
pi due suoi scritti inediti, intitolati Autobiography, e America's
Exceptional Conservatism. Proprio questi due testi danno la chiave per
comprendere le sue idee
Nel primo testo egli spiega come il fenomeno del neoconservatorismo -
termine che venne coniato dal socialista Michael Harrington contro gli
aderenti a tale ideologia, ma poi fatto proprio da questi ultimi - debba
essere visto come un fenomeno storico legato alle vicende del Partito
democratico americano: il neoconservatorismo nasce dopo il 1965, quando il
Partito democratico si spost su posizioni di difesa dei movimenti
studenteschi e sociali dell'epoca; fu dopo il 1965 che alcuni intellettuali
liberali che erano stati anticomunisti nell'epoca della guerra fredda e che
non seguivano il Partito democratico in tali posizioni, formarono dapprima
un gruppo indipendente, attivo nella stampa e nelle universit, e poi
entrarono a far parte, come gruppo, del Partito repubblicano provocandone
una trasformazione nel senso delle loro idee. L'autore ritiene perci che il
neoconservatorismo sia un fenomeno generazionale: egli auspica che il
conservatorismo nel futuro lo includa in s non solo negli Stati Uniti, ma
anche in Europa e nel mondo occidentale
Nell'Autobiography, che ricostruisce il percorso intellettuale dell'autore
dal trotzkismo al liberalismo al neoconservatorismo, e la sua attivit come
giornalista, pubblicista e professore universitario, si ricordano anche gli
studi a Chicago con Strauss, definito senz'altro come un conservatore
scettico e descritto come un filosofo che distingueva nettamente tra
opinione, adatta alle masse, e verit, destinata a pochi perch
distruttrice della coesione sociale. Nato in una famiglia ebraica, Fautore
si sofferma anche sul suo particolare modo di essere ebreo: egli non
osservante, ma religioso, ovvero ha fede in Dio in senso esistenziale;
egli ritiene, giustamente, che questa posizione sia lontana dalla vecchia
ortodossia ebraica, poich questa non separa radicalmente esistenza e
razionalit, legge e interpretazione. Il secondo articolo, che il
manifesto del neoconservatorismo, distingue fra due atteggiamenti
conservatori, quello proprio degli inglesi e degli europei, e quello proprio
degli americani a partire dagli anni Settanta: il primo atteggiamento guarda
al presente, cercando in esso ci che da mantenere o rafforzare,
pragmatico, moderato, predilige il giorno per giorno, ecumenico e
tollerante, diffida dei pregiudizi popolari; il secondo caratterizzato dal
richiamo alla religione, che porta ad essere rivolti al passato e al futuro,
al nazionalismo, alle immediate esigenze e richieste popolari. Il primo
conservatorismo non populista, il secondo lo . Il neoconservatorismo
americano - afferma ancora Irving Kristol - si sviluppato a partire dalla
presidenza di Ronald Reagan per due fattori: la presenza del movimento
antiliberale degli intellettuali che si presentano come allievi di Strauss
(il quale viene elogiato per il discredito che avrebbe gettato sul
liberalismo); e la presenza, specie tra i protestanti e gli evangelici, di
un movimento di critica alla separazione liberale tra Stato e Chiesa
Anche in politica estera il neoconservatorismo, attivo da allora nel Partito
repubblicano, indica all'America una nuova strada che quella di un
rinascente nazionalismo accompagnato da un rinascente neorealismo. I
democratici liberali, scrive Irving Kristol per lo meno a partire dagli
anni Trenta, sono stati generalmente intervenzionisti e multilateralisti
[...] I repubblicani conservatori sono stati, invece, isolazionisti e
nazionalisti. [...] Oggi i repubblicani favoriscono il libero commercio
internazionale e, mentre sono ancora nazionalisti, non sono pi
isolazionisti (p. 384). Il nuovo tipo di conservatorismo viene proposto
come modello agli altri conservatorismi occidentali, giudicati finora troppo
deboli, timorosi, diffidenti nei confronti di movimenti di massa
antiliberali, perch accomunati nel liberalismo ai loro avversari di
tendenza laburista o socialista:
Gli Stati Uniti oggi condividono tutti i mali [...] che si trovano tra le
democrazie occidentali - e qualche volta in una forma esagerata. Ma si da
anche il caso che gli Stati Uniti siano oggi Punica democrazia occidentale
che stia testimoniando un serio revival conservatore che una risposta
attiva a questi mali (p. 385)
Negli altri saggi contenuti nel libro di Irving Kristol si propone una nuova
sacralizzazione della politica contro la demitizzazione di tale sfera
compiuta dai filosofi (pp. 151 ss.); ci si richiama all'opinione delle masse
urbane dei centri medi e piccoli degli Stati Uniti contro quella delle
grandi agglomerazioni urbane, ormai lontane dai valori religiosi e
patriottici (pp. 328 ss.); si sostiene il pi ampio liberismo in politica
economica e si critica l'intervento del potere pubblico nel campo della
medicina e dei servizi sociali (pp. 369 ss.); si celebra la Rivoluzione
americana, letta come una rivoluzione patriottica, pi che liberale e
democratica, e fondata sui valori religiosi risalenti al puritanesimo dei
Padri Pellegrini, pi che ispirata alle idee degli illuministi (pp. 235
ss.); si rimprovera la maggioranza degli ebrei americani per aver continuato
ad appoggiare, in quanto liberali, il Partito democratico, e per la loro
persistente fedelt alla distinzione tra sfera secolare della politica e
sfera delle comunit religiose (pp. 442 ss.)
In questi saggi non mancano neanche - come si pu facilmente immaginare, una
volta compresa la loro ispirazione - la critica di Albert Einstein, ebreo
razionalista, pacifista, universalista, contrapposto al puro ebreo
dell'esistenza che, con il sacrifcio dell'intelletto, si limita a credere
fermamente nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe (pp. 405 ss.);
l'illustrazione del conflitto, entro l'ebraismo e il cristianesimo, tra
l'elemento profetico, fonte del liberalismo e del socialismo, e l'elemento
normativo avente origine dall'autorit divina e posto oltre la razionalit
(p. 429); la dichiarazione della inevitabilit della guerra come fatto
umano, a cui solo la venuta o la seconda venuta del Messia potrebbe
mettere fine (pp. 430 ss.); e la tesi che l' altruismo universale,
raccomandato da ebrei e cristiani profetici, sia solo un'illusione (p
441)
Bloom e Irving Kristol non sono straussiani. Essi sono dei nemici di quella
civilt liberale che Strauss considerava fondata, come ogni forma politica
legittima, sul rapporto fra prassi morale e religiosa e critica esercitata
su tale prassi dalla ragione. Fantasmi pericolosi -guerre sante, negazioni
dei diritti della persona, impossibilit del dialogo tra nazioni e religioni
diverse, attentati alla libert di critica - sono evocati dalle idee che
essi difendono in questi loro libri
La polemica su Leo Strauss e sugli 'straussiani' di Washington
Nel 1996, in un articolo sulla rivista Time datato 17 giugno, Richard
Lacayo - prendendo per vere le enunciazioni di adesione allo
straussianesimo espresse dai neoconservatori che erano allora attivi nei
giornali (The Public Interest, The National Interest) e nelle istituzioni
(The American Enterprise Institute) legati al Partito repubblicano -
sosteneva che Strauss era il filosofo che pi aveva influenza a Washington
come maestro di questo gruppo. Tale giudizio fu ripreso da Shardia Drury,
autrice liberale del libro, pubblicato nel 1997, Leo Strauss and the
American Right: ella citava, tra i vecchi straussiani, che avevano
preparato il terreno all'espansione del neoconservatorismo, oltre a Bloom e
a Irving Kristol, Norman Podhoretz, Samuel Huntington, Seymour Martin
Lipset, Daniel Bell, Jean Kirkpatrick, James Q. Wilson; e, come loro
discepoli e nuovi straussiani, Paul Wolfowitz, ora vicesegretario al
ministero della Difesa, i giudici Clarence Thomas e Robert Bork, il
direttore della rivista Weekly Standard William (figlio di Irving) Kristol,
l'editore di The National Review William E Buckley, l'attuale consigliere
per la Bioetica alla Casa Bianca Francis Fukuyama, noto per le sue tesi
sulla fine della storia, e altri ancora
Da allora, e soprattutto tra il marzo 2003 fino ad oggi (agosto 2003) -
nonostante gi una recensione al libro di Shardia Drury scritta da Ken
Masugi, e apparsa in The Washington Times il 4 febbraio 1998 avesse messo in
guardia dal confondere il pensiero di Strauss con quello affermato dagli
straussiani di Washington - vi sono stati, sulla stampa internazionale,
molti interventi che hanno illustrato le idee dei neoconservatori americani,
spiegato il legame tra questi ultimi e Strauss, esposto la biografa di
Strauss e la sua opera (4). E sorprendente constatare come siano pochissimi,
rispetto alla massa di articoli pubblicati su giornali e riviste, i
contributi che avanzano qualche dubbio sulla pretesa filiazione da Strauss
dei neoconservatori influenti sull'amministrazione Bush (5). Quasi tutti -
sia che siano a favore delle scelte compiute dall'amministrazione americana
in politica estera, sia che siano contrari ad esse - accolgono la tesi della
continuit fra gli insegnamenti di Strauss e gli insegnamenti di questi suoi
scolari diretti o indiretti
E' bene, invece, restituire a Strauss il posto che gli compete tra i grandi
filosofi del Novecento e segnalare il carattere antiumanistico delle idee
dei suoi sedicenti allievi
La figlia di Strauss, Jenny Strauss Clay, nell'articolo apparso il 22 giugno
2003 nell'International Herald Tribune, svolge questo doppio compito
concludendo, con bella metafora goethiana, in tal modo: Se soltanto la
verit avesse il potere di far svanire le false rappresentazioni dell'opera
di Strauss come fumo e polvere !
(1) Sull'evoluzione del pensiero di Strauss cfr., di chi scrive: II pensiero
ebraico del Novecento. Una introduzione. Donzelli, Roma 2002
(2) Simon&Schuster, New York 1987
(3) The Free Press, New York 1995
(4) Cfr., ad esempio, in inglese, The New York Times, 4/5/2003, The New
Yorker, 5/5/2003; in francese, Libration, 10/3/2003, Le Monde, 20/3/2003;
in tedesco, Die Tageszeitung, 17/3/2003, Die Zeit, 18/6/2003 e 3/7/2003; in
italiano, Corriere della Sera, 7/5/2003, II Foglio, 16/5/2003; in spagnolo,
La Jornada, 10/8/2003
(5) Le Nouvel Observateur, 22/5/2003; Le Devoir, 31/5/2003