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gen 31, 2004 |
Aspetti di vita ebraica,  |
redazione

La coscienza del Mediterraneo

Israele in Europa

di Davide C. Crimi

Si tratta oggi di verificare le condizioni per l'ingresso di Israele all'interno della Unione Europea, e d'istinto non riesco a non cedere al desiderio di essere d'accordo.
Come sempre per quando si parla di Israele le cose assumono una complessit e una profondit che richiedono degli approfondimenti critici importanti e che qualificano questo s come subordinato ad alcune condizioni.
Israele non uno stato qualsiasi. Israele, per pi di una ragione, la coscienza del Mediterraneo, quanto meno nel senso precipuo d'essere stato il custode del Libro sulla base del quale, sia pure attraverso adattamenti, travisamenti e trasformazioni si forgiata la cultura dell'occidente. E questo vale tanto pi oggi che dalle sedi vaticane si dichiara il tramonto della teologia della sostituzione (la concezione per cui il Nuovo Testamento sostituisce ed abroga l'Antico, ndr) e dunque tutto il mondo cattolico torna a interrogarsi sulle radici ebraiche della dottrina di Ges. Inoltre, non si pu dimenticare che nel libro della Genesi, attraverso la figura del patriarca Abramo, si attesta un indissolubile legame di sangue tra ebrei e ismaeliti (da cui discendono gli arabi).
Radici profonde dunque, che si incrociano e si intrecciano lungo la scala del tempo. Percorrendo questi gradini ci si accorge che la storia non ha mai visto una nazione risorgere dopo 1800 anni dalla sua scomparsa. Il caso unico Israele, sopravvissuto alla sua assenza in forza di un Libro, sebbene confinato all'interno delle coorti d'Europa in una posizione di inferiorit, dove per secoli gli ebrei discriminati sotto l'accusa di deicidio (ma possibile uccidere Dio?) sono stati esclusi da pubblici uffici, costretti a vivere nei ghetti e privati della possibilit di esser proprietari di casa. Di fronte a tutto ci questo popolo ha saputo mantenere la sua identit, adattandola, ricucendola, reinventandola ma sempre sul saldo fondamento della Torah, fino al momento di rinascere dalle ceneri di un tremendo Olocausto e oggi confitto come un chiodo nella coscienza del Mediterraneo e del mondo.
Prover adesso ad affrontare il problema in modo diretto.
Israele il popolo eletto?
Sinceramente, io credo che almeno questo non si potr negare: Israele ha sempre voluto per s questo ruolo sacerdotale, e per averlo ha superato ogni genere di pregiudizio e di persecuzione. E sopportando tutto questo Israele divenuto patrimonio di tutta l'umanit, spargendo il suo seme per tutta la terra, qualificandosi come un popolo di sacerdoti, insuperabile nel suo radicamento nella parola di Dio, nella Torah (il Pentateuco formato dai primi cinque libri della Bibbia, ndr), adempiendo alla Torah stessa che esige da Israele il suo configurarsi come una nazione santa, un popolo di sacerdoti e una luce per le nazioni.
Fin qui tutto perfetto. Ma anche la luce ha le sue ombre, e c' tra gli ebrei chi legge l'espressione "popolo eletto" come affermazione di un principio di superiorit razziale che si conferma nei brani del Talmud (il grande commentario ebraico della Torah) dove, argomentando sulle qualit dell'anima, si afferma che i non ebrei hanno soltanto nephesh (l'anima passionale) e non anche neshamah (l'anima intellettiva). E bisogna purtroppo sapere che ci sono molti ebrei che leggono questo passo senza resistere a tentazioni ideologiche di superiorit, dando luogo ad una esecrabile quanto paradossale dottrina razzista.
Per questo, proprio prendendo spunto dal dibattito sul possibile ingresso di Israele nell'Unione Europea, occorre rivedere la nozione di popolo eletto. E' questo in fondo il punto cruciale: il rapporto tra Israele e il resto dell'umanit.
Prima di riflettere su questo, tuttavia, occorre forse riflettere sul rapporto tra Israele e Israele, che pu chiarire molte cose.
Ebraismo o giudaismo?
Ebraismo e giudaismo sono universi che si sovrappongono senza per coincidere. Eber un discendente di Sem figlio di No, dal cui ramo genealogico proviene Abramo (Abramo ebreo, come lo nomina il passo XIV,13 di Genesi): intendo dire che ebraismo un concetto pi esteso rispetto a quello ridotto di giudaismo.
Eppure, ci che oggi noi conosciamo come ebraismo sostanzialmente ed esclusivamente giudaismo: una parte per il tutto. Prover sinteticamente ad illustrare come sia stata possibile questa sostituzione.
Questo processo di riduzione comincia proprio con Israele, nipote di Abramo e figlio di Isacco che, sebbene non primogenito, per s rivendica il ruolo di continuatore della tradizione, la cui eredit trasmette, definendo ruoli e funzioni, ai suoi dodici figli.
Alla fine del regno di Salomone, la nazione si spacca: parte si allinea sulle posizioni del figlio di Salomone, Roboamo, ma altri scelgono la soluzione del "colpo di stato", affidato al generale Geroboamo.
Quelli che rimasero con Roboamo (fedeli alla casa di David), furono gli ebrei di Gerusalemme e dei territori di Giuda (uno dei dodici figli di Israele). Gli altri scelsero di dare vita ad un nuovo stato, che chiamarono caparbiamente Israele e dotarono di una capitale interamente nuova, Samaria.
Questo regno di Israele ebbe fine nell'anno 3000 (761 a.C.), con l'invasione degli Assiri.
Da allora, si afferma, l'eredit materiale e spirituale di Israele fu accentrata dalla casa di Giuda.
Le dieci trib (i dodici figli tra cui era stata divisa l'eredit di Israele, meno Giuda dopo la scissione e Levi al quale, essendo stato affidato l'ordine sacerdotale, sono preclusi i retaggi materiali, ndr) continuarono ad essere presenti sulla terra di Israele fino al tempo della diaspora. Tuttavia i giudei pretesero esclusivamente per il loro casato la purezza della tradizione, trattando gli israeliti con disprezzo che affiora dal loro nominarli samaritani (e non pi israeliti).
Il buon samaritano. Tracce di un ebraismo differente dal giudaismo.
Anche il regno di Giuda per sotto l'invasione babilonese (587 a.C.). Il nuovo corso cominci all'indomani dell'editto di Ciro (539) che poneva fine alla cattivit e alla deportazione e concedeva ai giudei di rientrare a Gerusalemme e ricostruire il Tempio.
Saputo questo, gli altri discendenti delle trib di Israele si recarono a loro e offersero di partecipare con le proprie risorse e con il proprio lavoro alla ricostruzione del Tempio.
Esdra e Zorobabele tuttavia opposero un secco rifiuto che alla base del processo di riduzione dell'ebraismo a giudaismo. Tutto questo non privo di elementi di ragione (i giudei respingono le offerte degli israeliti valutandole come opportunistiche), ma occorre saper individuare questo momento come origine di quelle indomabili tensioni che porteranno alla diaspora.
La stessa testimonianza storica di Ges e della comunit di Damasco possono esser lette (anche se non esclusivamente) nell'ottica di un tentativo di aprire Israele a tutti gli esseni, cio a tutti i giusti che studiano e applicano la Torah, sottraendo il monopolio della parola del signore agli zelanti del Tempio.
Le recenti acquisizioni archeologiche di Qumran e Nag-Hammadi, rese note al pubblico di lingua italiana attraverso la formidabile opera di Luigi Moraldi, hanno contribuito a comprendere come la contesa, tra la concezione chiusa dell'ebraismo e l'idea di un Israele universale, sia la matrice storica che condusse alla distruzione di Gerusalemme ed alla diaspora.
Proprio durante la diaspora, l'istituzione del giudaismo rabbinico e la stesura del Talmud posero ancor pi solidamente le basi della supremazia, se non dell'esclusivit, della tradizione ebraica nella forma giudaica.
Non si tratta qui di stabilire chi avesse ragione tra israeliti e giudei, o tra le varie correnti ebraiche del tempo della diaspora (farisei, sadducei, zeloti, esseni, karaiti, etc.): si tratta piuttosto di comprendere una volta di pi le ragioni di questa separazione.
Unit, essere uno.
E' questo l'obiettivo pi alto dell'essere religioso. Quando gli scribi domandano a Ges: "qual il comandamento pi alto?" lui risponde dicendo: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze", citando il secondo verso della pi importante tra le preghiere della tradizione ebraica, lo Shem (Ascolta, ndr). Il primo verso ci ricorda che il Signore Uno e noi dobbiamo sforzarci di essere uno con lui.
Dunque, se la dottrina pi pura ha fondamento nell'unit, non si pu essere contrari all'unione. Ma per unire necessario comprendere e chiarire, che il contrario di oscurare e confondere. Gli occidentali conoscono mediamente troppo poco delle origini della cultura dalla quale dipendono. Devono abituarsi a capire l'esigenza di distinguere e separare. Ai sacerdoti richiesto un grado di purezza che non necessario per chi conduce una vita normale. Se Israele lo vuole, nel futuro potr davvero ambire ad essere un popolo di sacerdoti e una luce per le nazioni, perch c' bisogno di un fondamento spirituale per la vita sulla terra. Allora potremo entrare nella comprensione che il cristianesimo ebraismo, che ebraismo una radice pi grande di Abramo, che Isacco e Ismaele devono tornare a pregare insieme davanti alla tomba di Abramo.
Questo lavoro richiede tanto tempo, il tempo dello spirito. Al momento prevalgono le divisioni e gli odi. La dottrina pi sacra viene confusa dai suoi sacerdoti con una nozione di superiorit razziale. Tutto questo angosciante.
Occorre lavorare molto. Temo che le condizioni per l'ingresso di Israele nell'Unione Europea non siano ancora mature. Perch lo divengano occorre che il giudaismo si trasformi nell'Israele aperto e universale che il mondo attende da duemila anni, o forse da sempre.

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