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ott 23, 2001 |
Aspetti di vita ebraica,  |
redazione

Veglia e studio per la Mishmara'

Una notte. Una notte qualsiasi a Roma... una delle tante che segue il giorno. La mancanza di luce, il buio, l'oscurita' creano una sorta di strano effetto per l'anima, gioco di sensazioni, inganno della mente o dei sensi, dove l'ambiguita' rincorre il mistero abbracciandolo e creando cosi' uno spazio dove il tempo si e' fermato. A quale epoca potrebbe appartenere questa notte? silenzio. Assenza di suono che dona dolcemente la quiete e il riposo al corpo stanco mentre sogni e desideri sono avvolti dal sonno e riposti nella pace del pensiero per essere di nuovo rincorsi l'indomani.

Solo alcune voci recitanti che sembrano provenire da un mondo fantastico, mormorii sommessi scossi dall'elevarsi improvviso di melodie agitano l'apparente immobilita' notturna. E' uno shir, un canto che si attenua e che sfuma in una cantilena...ricorda, ricorda in mio favore nel giorno del giudizio colui che lego', colui che fu legato e l'altare. Qualcuno, dunque, non dorme ma veglia, vigila all'interno di un luogo dove le circostanze richiedono attenzione e protezione perche' in quel luogo, in quella casa, in quella famiglia e' nato da poco un bambino ebreo che ancora non e' entrato a far parte dell'alleanza di Abramo; ancora non e' stata eseguita su di lui la circoncisione. Le ore della notte scandiscono il tempo che intercorre all'alba, al giorno, al momento in cui il maschietto venuto al mondo potra' essere considerato partecipe del patto stipulato da D-o con Israele.

Ma e' ancora buio e lo stato di ambiguita', incertezza, equivocita' crea, appunto, uno spazio dove il tempo si ferma; e' il vuoto derivato dalla condizione di transizione del bambino che deve essere riempito e quest'ultimo protetto, difeso dai suoi familiari dai pericoli rappresentati dalla mancanza di una vera e propria identita' ebraica e dalle influenze nefaste che si possono manifestare nottetempo. Per questa ragione la circoncisione, berith milah, era preceduta da una veglia vera e propria, Mishmara', durante la quale si riunivano nella casa del piccolo parecchie decine di persone che trascorrevano l'intera notte leggendo e commentando brani del Talmud o della kabbala', intercalati dal canto di salmi e da invocazioni. Lo scopo era quello di aiutare i genitori a passare le ore buie custodendo insieme a loro il bambino, tutelando l'incolumita' spirituale di quest'ultimo.

Mishmara' (inf. lishmor) e' un termine ebraico che e' tradotto con controllare, osservare, vigilare. E' scritto nella Torah in Genesi 32,25, a proposito della lotta tra Giacobbe e l'angelo, che il nostro patriarca: rimase solo, vigile mentre gli uomini, le donne e gli animali dormivano... cosi' i genitori e parenti del bambino salvaguardavano l'integrita' del neonato rimanendo svegli e creando una sorta di barriera prodotta da invocazioni e implorazioni al fine di evitare possibili insidie notturne . Giacobbe lotto' nel buio, nelle tenebre contro qualcuno, forse un uomo, un angelo, D-o o addirittura contro se stesso. Voleva eliminare, rimuovere quella parte della sua persona, del suo carattere rappresentato dalle cattive e basse passioni elevando la sua anima a nobili e piu' alti ideali.

Nell'oscurita' tutto appare confuso, le forme si dilatano e creano questo movimento caotico e disordinato di ombre pronte a colpire a battagliare con chi si trova in una condizione di non vigilanza. Ma Giacobbe e' shomer, e' vigile, non si lascia ingannare; combatte tutta la notte e alla fine vince; non e' piu' Jaacov, colui che inganno' suo padre, ma Israele, il campione di D-o. Allo stesso tempo, simbolicamente, questa lotta di Giacobbe e' riprodotta immaginariamente all'interno della casa dell'infante e le preghiere servono proprio a chiedere la protezione contro gli esseri malvagi e contro gl'influssi funesti che possono colpire di notte.

L'origine di questo antico rituale che gli ebrei di Roma, e solo loro, usano recitare tuttora la sera precedente alla circoncisione e attualmente non piu' solo in questa circostanza, ha origini remote. Forse la fonte e' nascosta tra le mura delle antiche abitazioni del ghetto, tra i ricordi tramandati di generazione in generazione dai padri ai figli, tra le stradine e i vicoli di un quartiere che per secoli ha racchiuso le memorie di un popolo imprigionato, separato dal resto degli abitanti della citta'. Reminiscenze di epoche passate? direi proprio di no! piuttosto tradizioni sempre vive attorno alle quali gli ebrei si sono stretti e che attestano nel loro ripetersi un passato di dolore ma anche di piccole gioie di cui la Mishmara' e' un'espressione. Tutta l'atmosfera fatta d'intimita' familiare era soffusa da questo intreccio di cantilene sacre e di argomentazioni che formavano una sola armonia... un solo shir all'interno della casa.

Lizkor: ricordare, rievocare il racconto del patto tra D-o e Abramo, l'obbligo della circoncisione e la promessa della nascita di Isacco. La notte della Mishmara' e': il momento in cui le porte del gradimento stanno per dischiudersi, la notte in cui chi e' riunito insieme, familiari e parenti del bambino, si stringono in modo immaginario in un cagh, in un cerchio per rammentare l'aqedah, la legatura di Isacco e per pregare il signore di non dimenticare la promessa fatta ad Abramo sul monte Moria': quando i discendenti di Isacco si troveranno per le loro colpe in grandi sventure, ricorda in loro favore il sacrificio di Isacco e considera come se la sua polvere fosse raccolta sull'altare; abbi pieta' di loro, perdonali e salvali dalla sventura (la Mishmara', tr. e note di Nello Pavoncello).

Certamente nel corso degli anni il rito si e' modificato; la veglia notturna caratterizzata da invocazioni, dispute, discussioni, oggigiorno, ha lasciato il posto ad una tradizione adeguata ai tempi moderni.

La Mishmara' non e' piu' fatta esclusivamente la sera precedente la circoncisione, ma anche in occasione di altre ricorrenze liete: per la nascita di bambine, Bar, Bath-Mitzwah, cioe' maggiorita' religiose o matrimoni. Cio' che e' rimasto immutato e' la sacralita' di un rito che lega le famiglie ebraiche romane da generazioni, un qualcosa che si vive con i propri cari, una gioia che si condivide con chi si ama. La tradizione vuole che i genitori allietati da uno di questi eventi invitino di sera, nella propria casa, i parenti stretti e un rabbino il quale sara' il chazan, cantore od officiante della cerimonia. L'abitazione e' per l'ebraismo un primo passo verso la sinagoga; qui il capofamiglia assume funzioni non dissimili da quelle del rabbino nel tempio.

Non a caso, quindi, il genitore siedera' vicino al celebrante intorno ad un tavolo insieme ai propri consanguinei provvisti di un agile libricino mediante il quale potranno seguire le preghiere e cantare nel momento che gli sara' richiesto. Il rito ha inizio con la lettura di alcuni salmi: il nostro aiuto e' nel signore, creatore del cielo e della terra (Salmo 124,8). Togli il velo dai miei occhi che io possa vedere le meraviglie della tua legge (Salmo 119,18) ed altri; prosegue la celebrazione con il capitolo 17, 1- 27 della Genesi nel quale l'eterno rinnova il suo patto con Abramo, obbliga la circoncisione e promette la nascita di Isacco.

A questo punto gli astanti intonano: haleluya' ode' adonai bekol leval , Salmo III, un inno di lode all'eterno. L'invocazione ebraica e' espressione di un costante avvicinamento a D-o attraverso un'analisi della coscienza umana; essa e' pervasa da un'altissima poesia, manifestazione della diretta esperienza del singolo e della collettivita'. O diletto, padre pietoso...amico dell'anima..., cantano i presenti ricordando i versi della composizione liturgica attribuita a Rabbi El'azhar, discepolo del grande mistico Isaac Luria. Cosi' le note echeggiano nella stanza, creando un'atmosfera di grande emozione dove ogni individuo e' collegato all'avvenimento festeggiato e inserito in un grandioso processo spirituale. La Mishmara' a questo punto e' giunta quasi al suo termine.

Il rito si conclude sulle note di un inno caratteristico, corale, scritto in onore di Rabbi Shimon Bar Yochai maestro del II secolo dell'era volgare, al quale la tradizione attribuisce il libro dello Zohar (splendore) l'opera fondamentale della kabbala' o mistica ebraica: Bar Yochai, coloro che si dedicano allo studio delle sacre carte sono da paragonare a robusti alberi di acacia; essi risplendono di una luce meravigliosa; sono essi le tue guide e tuoi maestri. La cerimonia religiosa e' terminata, ma ha inizio il momento conviviale; viene offerto a tutti i partecipanti un piccolo rinfresco e, a conclusione della serata, un sacchetto contenente dolci tipici della cucina ebraica romana. Questo involucro e' denominato nel dialetto giudaico - romanesco chavod (onore) ed esso rappresenta un gesto visibile di ringraziamento e di stima verso coloro che sono intervenuti alla Mishmara'.

Concludendo posso affermare che attraverso questa usanza, consuetudine e innovazione si congiungono mediante fili invisibili in un canto di lode dove non c'e' piu' passato, ma sospensione del tempo quotidiano. Patriarchi, guide e maestri sono cosi' collegati ad una serie di vicende storiche eccezionali, dove epoche ed eta' scompaiono, assorbite in un grandioso processo spirituale nel quale e' inserito il neonato e la sua famiglia.

L'uomo non ha inventato D-o; ha solo sviluppato la fede per incontrare un D-o che e' gia' qui, presente nelle melodie, nei suoni armoniosi, nei canti antichi della comunita' ebraica di Roma; collettivita' le cui tradizioni, quale appunto la Mishmara', possono far irruzione nella pace, nella quiete della notte, penetrando nel silenzio attraverso una cantilena che ricorda a tutti noi...hinneh lo yanum v'lo yisham shomer Israel...certo non dorme, ne' sonnecchia il custode d'Israele. (Salmo 124,4)

Lilli Spizzichino