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mag 21, 2005 |
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redazione

Piccoli razzisti italiani crescono

"La Shoah? Niente di grave.."

Uno studio commisionato dalla Ucei rileva il fatto che i ragazzi italiani diventano sempre pi razzisti Dall'Unit del 21 marzo
Un ragazzo italiano su 5, fra i 14 e i 18 anni, mostra atteggiamenti di evidente rifiuto verso le minoranze culturali. questo uno dei preoccupanti risultati che emergono da un'indagine sulla diffusione dell'intolleranza fra i giovani italiani. Condotta da Enzo Campelli - docente di Metodologia delle scienze sociali all'Universit La Sapienza di Roma e direttore del Dipartimento di ricerca sociale e metodologia sociologica G. Statera - la ricerca stata commissionata dall'Unione delle Comunit Ebraiche Italiane e sar presentata a Firenze il 21 marzo, in collaborazione con il Comune e con l'INDIRE, l'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa.
Abbiamo deciso di dedicare una parte significativa dei contributi provenienti dall'otto per mille dell' Irpe fa un'iniziativa tesa a capire e combattere il razzismo" spiega Saul Meghnagi, che per l'Ucei ha curato il progetto della ricerca. Che affronta l'atteggiamento dei giovani italiani nei confronti delle minoranze in genere, ma si concentra su tre gruppi in particolare: i musulmani, gli extracomunitari e gli ebrei....Non si tratta di un semplice sondaggio, ma di uno studio approfondito e complesso basato su interviste a 2200 giovani in oltre 100 comuni in tutta Italia. "Non siamo andati solo nelle grandi citt" spiega Campelli "ma anche in piccoli paesi di tremila abitanti. E abbiamo intervistato non solo i ragazzi che frequentano le scuole o inseriti nel mondo del lavoro, ma anche quelli che non fanno parte dei circuiti tradizionali".
Razzismo senza confini culturali. Il dato che colpisce maggiormente i ricercatori come le posizioni di ostilit siano diffuse e trasversali fra ragazzi appartenenti a sfere sociali diverse: "Mentre fino a qualche anno fa esistevano ambienti culturali, sociali, ideologici, politici, relativamente immuni da atteggiamenti di intolleranza, ora sembra che un certo livello sia comunemente accettato, che si trovi anche in ambienti in cui non t lo aspetteresti" continua Campelli "abbiamo avuto delle grosse sorprese: abbiamo riscontrato nei ragazzi che si dicono di estrema sinistra una forte ostilit verso gli ebrei. Certo, l'intolleranza pi percepibile fra i ragazzi di destra, ma l dove emerge fra i ragazzi di sinistra nei confronti degli ebrei e non di altre minoranze". Non si tratta dell'unica sorpresa: i ragazzi religiosi sono quelli che mostrano la minore propensione all'accoglienza. "Questo pu significare che non vedono la religione come un terreno Su cui dialogare, ma come uno steccato per affermare con forza la propria identit".
Il blocco indifferente. Ma veniamo ai risultati. Quale atteggiamento hanno i giovani italiani nei confronti delle minoranze? Sono solo il 23% coloro che rientrano nella fascia della valorizzazione, ritengono cio che le differenze costituiscano un patrimonio per tutti e Che ogni cultura abbia molti elementi importanti da trasmettere alle altre. Il 35% rientra nella categoria della accettazione pragmatica: ritiene che le differenze esistano, che siano un dato di fatto, ne un bene, ne un male. Quasi un ragazzo su cinque viene classificato nella fascia dell'umanesimo antidifferenzialista, considera le differenze come una fonte di separazione e ritiene che quindi, per raggiungere la meta ideale di un'uguaglianza completa, debbano essere superate.
Circa il 14% degli intervistati rientra nel gruppo degli ostili e ritiene che ci si debba invece adeguare alla maggioranza e che le differenze delle minoranze debbano essere relegate alla sfera privata. La categoria della negazione differenzialista, limitata all'8%, presenta con maggior vigore i tratti degli ostili, tuttavia i ragazzi che rientrano in questa fascia non sono solamente ostili a ogni interpretazione positiva delle differenze, ma sono favorevoli a una separazione fra i diversi gruppi e stabiliscono in modo forte una gerarchia fra le diverse culture.
Semplificando, quindi, se aggreghiamo il gruppo dei pragmatici e dei valorizzatori, possiamo affermare che circa il 58% dei ragazzi, sia pure con intensit notevolmente diverse, non considera negativamente la presenza di culture diverse. la parte restante che, pur con motivazioni e livelli diversi, mostra una forte difficolt nella convivenza con culture diverse dalla propria
Bene-Male. - "A tanti anni di distanza dalla guerra qualcuno poteva ritenere superato il problema del razzismo. Questa ricerca mostra come non lo sia. Non credo si possa parlare di un ritorno, perch credo che in realt non sia mai scomparso" afferma Amos Luzzatto, presidente dell'Ucei. "Certo, dopo Auschwitz c' un certo pudore nel manifestarlo apertamente. Ma nel periodo in cui viviamo i termini dello scontro stanno diventando sempre pi una lotta fra Bene e Male intesi in termini assoluti. Oggi nessuno obietta pi sul fatto che il segretario di Stato americano sia una donna di colore e oggi evidente a tutti come non sia possibile sostenere teorie relative alla superiorit razziale. Ma attenzione: il parlare dell'altro utilizzando il concetto di Bene e Male in termini assoluti non tanto distante dal razzismo biologico".
Extracomunitari, Shoah... quando si scende nello specifico che i pregiudizi emergono con maggiore chiarezza. Pi del 50% degli intervistati crede che "gli extracomunitari rendano insicure le nostre citt" e "alimentino la prostituzione". Circa il 50% crede che "stiano diventando pi di noi". Pi del 50% crede che i musulmani abbiano "leggi crudeli e barbare" e che "sostengano il terrorismo internazionale". Circa un ragazzo su cinque conviene - sia pure con diversi gradi di convinzione - con l'affermazione che "quanto si dice sulla Shoah sia frutto di un'esagerazione" e che "tutti gli ebrei dovrebbero tornarsene in Israele". "Badate bene: l'affermazione ancora pi grave di quanto potrebbe sembrare" avverte Campelli: "II termine usato, che i ragazzi condividono tornare, non andare. Significa che coloro che approvano questa affermazione ritengono che gli ebrei, nonostante risiedano in Italia da tempo immemorabile, non siano mai stati parte di questa terra".
Alcuni risultati mostrano come la disinformazione, come la scarsa conoscenza dell'altro sia piuttosto diffusa: circa il 7% dei ragazzi ritiene che il problema pi rilevante nello sposare un partner ebreo sia ^diversa lingua parlata. Ma secondo Campell spiegare certi atteggiamenti dei ragazzi attribuendoli, come spesso accade, solo a una mancanza di conoscenza un po' una semplificazione: "In generale vero che i ragazzi che ^provengono da famiglie pi attrezzate culturalmente manifestano meno questi atteggiamenti, ma una relazione debole, piena di ondeggiamenti" chiarisce il responsabile della ricerca. "Bisogna impegnarsi in maniera non semplicistica sul problema. Non basta l'informazione, bisogna impegnarsi in pratiche di solidariet e accoglienza e questo non pu essere delegato solo alla scuola. Certo, la scuola dovr fare la sua parte, ma esattamente come ognuno di noi".

Simone Tedeschi